L'estensione degli orari di apertura dei negozi contribuisce al deterioramento delle condizioni di lavoro del personale di vendita e non è una necessità dei consumatori. Nonostante queste certezze, confermate dalle persone interessate, dai risultati di varie votazioni popolari tenutesi negli ultimi anni in Svizzera così come dalla scarsa frequentazione dei negozi nelle ore serali e nei giorni festivi, l'offensiva liberalizzatrice del padronato e dei loro alleati nei governi e nei parlamenti cantonali non conosce tregua.
Mentre in Ticino il Dipartimento cantonale dell'economia, con la complicità dei giornali (come sempre acriticamente asserviti agli interessi della grande distribuzione, importante fonte di entrate pubblicitarie) sta preparando il terreno in vista della presentazione di un proposta di legge ancora più liberale di quella in vigore, in altre parti del Paese si sperimentano soluzioni "estreme". È il caso per esempio di Zurigo, dove sabato scorso diversi negozi del centro città ubicati lungo la celebre Bahnhofstrasse o nelle immediate vicinanze (Manor, Migros City, Coop City, C&A, Globus, Jelmoli, Vögele e H&M) hanno tenuto aperto per la prima volta fino alle otto di sera. Un'iniziativa in linea con la legge cantonale (che autorizza l'impiego di personale dalle 6 alle 23 dal lunedì al sabato), ma non con la tradizione, visto che sin qui il sabato i negozi zurighesi hanno sempre chiuso i battenti di regola alle 16 ed eccezionalmente alle 17 o alle 18. Tenuto conto del successo registrato lo scorso anno durante le aperture straordinarie prenatalizie e l'accresciuta concorrenza dei centri commerciali della periferia zurighese (aperti dalle 9 alle 20 anche il sabato), i commercianti del centro hanno deciso di sperimentare nuovi orari fino a fine dicembre. Poi faranno le loro valutazioni. Intanto però la prima giornata di aperture prolungate non sembra aver suscitato grande entusiasmo tra la popolazione zurighese, come area ha avuto modo di constatare: se tra le 18 e le 19 i negozi sono stati poco frequentati, nell'ultima ora di apertura erano addirittura deserti. Compresi i reparti alimentari, dove si vendono beni di prima necessità: presso Coop City e Migros City vi erano al massimo due o tre casse su dieci aperte con due o tre clienti al massimo in attesa. Per non parlare degli altri reparti e dei commerci di abbigliamento. La Bahnhofstrasse e i suoi dintorni si presentavano insomma più o meno come ogni altro fine settimana. Segno evidente che gli zurighesi il sabato sera a quell'ora preferiscono ancora uscire a cena, andare al cinema, a teatro, oppure prepararsi per andare in discoteca o magari starsene a casa comodamente in poltrona. Una libertà di scelta che il personalità della vendita non ha invece quasi più: è infatti evidente che chi è costretto a lavorare fino a dopo le 20 (l'orario di chiusura del negozio non corrisponde in effetti con la fine dell'orario di lavoro) e arriva a casa magari alle 21.30 o alle 22, viene di fatto derubato del suo sabato sera e del diritto di svolgere attività sociali normali al termine di una dura settimana lavorativa. E negli ultimi tre anni a Zurigo, come emerge da un sondaggio condotto dal sindacato Unia (vedi sotto), quasi tre quarti del personale è stato confrontato con un'estensione degli orari di apertura (e del tempo di lavoro) e di conseguenza con un peggioramento delle condizioni di lavoro e della qualità di vita: disturbi del sonno, spossatezza, mal di testa, dolori di schiena sono sempre più frequenti e ormai toccano un dipendente su due. La situazione zurighese ha insomma già raggiunto livelli di guardia. Eppure c'è chi non ne ha ancora abbastanza: la direzione cantonale del Plr il prossimo 26 novembre proporrà infatti ai delegati del partito il lancio di un'iniziativa popolare per una liberalizzazione totale degli orari di apertura dei negozi, dopo che il consigliere nazionale Markus Hutter ha presentato a Berna una mozione per "liberare" i Cantoni dal divieto di lavoro notturno tra le 23 e le 6, sancito dalla Legge federale sul lavoro. |