Morte di un minatore

Heiko Bujack avrebbe dovuto staccare poco più di un’ora dopo l’infortunio che otto giorni fa gli è costato la vita. Il turno della sua squadra terminava alle 14 di giovedì 3 aprile. L’indomani, i 20 colleghi – minatori tedeschi e austriaci – che si trovavano con lui all’interno del cunicolo hanno preparato le borse e sono tornati a casa per cinque giorni di riposo in famiglia. Heiko Bujack – la prima vittima mortale sui cantieri AlpTransit al sud delle Alpi – è invece rimasto a Faido. La sua salma è stata custodita durante il fine settimana nella camera mortuaria del cimitero del Comune leventinese, dietro la chiesa di Sant’Andrea. Poi, in settimana, il suo corpo è stato cremato. Le ceneri sono state inviate agli anziani genitori che non se la sono sentita di affrontare la trasferta dalla piccola cittadina di Harbke (vicino ad Hannover, nel nord della Germania) a Faido. Da Sedrun a Faido-Polmengo Heiko Bujack era nato il 22 agosto 1967 a Oschersleben, nell’allora Repubblica democratica tedesca. Divorziato, per lunghi anni impiegato in ditte germaniche quale macchinista, al cantiere AlpTransit di Faido-Polmengo era arrivato lo scorso 7 gennaio dopo essere stato assunto dalla Zschokke Locher Ag di Aarau, una delle cinque ditte che formano il Consorzio Tat al quale è stata appaltata la realizzazione dei 31 e rotti chilometri della galleria di base del San Gottardo al sud delle Alpi (i lotti 452 e 554). Sul cantiere di Faido-Polmengo il 36enne minatore tedesco aveva raggiunto alcuni connazionali con i quali aveva lavorato dal giugno 1999 al marzo 2002 alla costruzione dell’attacco intermedio di Sedrun. Prima, fino al termine dello scorso anno, Heiko Bujack aveva trascorso qualche mese sul cantiere di Amsteg, nel canton Uri. «Lo ricordo come una persona gentile. A Sedrun – come tutti i suoi colleghi – faceva un lavoro molto pericoloso perché si trattava di scendere verticalmente per centinaia di metri nel pozzo per raggiungere il livello della galleria di base», spiega Guido Kreuzer della ditta Murer Ag di Erstfeld per la quale lavorava Heiko Bujack. L’incidente costato la vita al minatore tedesco è avvenuto alle 12.50 di giovedì 3 aprile. Heiko Bujack si trovava sull’impalcatura mobile di una perforatrice al metro 566 del cunicolo laterale ovest, uno dei tunnel che scorrono paralleli alla galleria di base usati per la realizzazione della stazione multifunzionale di Faido-Polmengo. Con i colleghi della sua squadra stava fissando degli ancoraggi, sbarre metalliche che, una volta spruzzato il calcestruzzo, servono a consolidare ulteriormente la roccia man mano che si avanza nella perforazione. Improvvisamente, dalla volta del cunicolo si è staccato un blocco di roccia che lo ha colpito in modo violento. I colleghi hanno prestato i primi soccorsi, ma il personale sanitario giunto sul posto qualche minuto dopo non ha potuto far altro che constatare il decesso del minatore. Interrotti nel pomeriggio, gli scavi sono ripresi con il turno delle 22 nella serata di giovedì. Nel frattempo, alcuni compagni di lavoro di Heiko Bujack avevano ricevuto il sostegno di uno psicologo. Per chiarire la dinamica dell’accaduto il Ministero pubblico ha aperto un’inchiesta. Quello di giovedì scorso è il primo infortunio mortale avvenuto sui cantieri dell’AlpTransit San Gottardo al sud delle Alpi dal 4 dicembre 1999, data di inizio dei lavori di scavo della discenderia di Faido-Polmengo. Poco meno di tre settimane fa un altro operaio straniero era rimasto gravemente ferito sul cantiere interno della galleria di base a Bodio, dopo essere stato urtato dal tubo di pompaggio del calcestruzzo che gli aveva fatto perdere l’equilibrio e lo aveva fatto cadere da un’impalcatura alta quattro metri. Heiko Bujack è la terza vittima mortale sui cantieri per il traforo della galleria di base del San Gottardo. Fra il 2000 e il 2001 a Sedrun erano morti due minatori, un 33enne germanico e un 25enne sudafricano. Dal 1994, inoltre, tre minatori – l’ultimo dei quali, a febbraio, un operaio austriaco di 35 anni – hanno perso la vita sui cantieri per la costruzione della nuova trasversale ferroviaria del Lötschberg. Sicurezza, una priorità La sicurezza sul lavoro e la prevenzione degli infortuni sono da sempre delle priorità sui cantieri per la realizzazione della trasversale ferroviaria del Gottardo. Gli sforzi della società committente per garantire la sicurezza degli operai impegnati sui suoi cantieri sono riconosciuti anche dai sindacati, conferma Igor Cima del Sindacato edilizia e industria (Sei). Alcune settimane fa la AlpTransit San Gottardo Sa ha avviato una campagna di sensibilizzazione sulla sicurezza con la collaborazione della Suva e dei consorzi Agn (Amsteg), Transco (Sedrun) e Tat (Faido/Bodio). Denominata “Stop-Risk”, la campagna – preceduta da una serie di corsi su sicurezza e pronto soccorso organizzati per gli addetti ai lavori – è incentrata sull’affissione di manifesti che informano i minatori dei rischi a cui vanno incontro. «Certo, il rischio zero non esiste. Si può però ridurre il potenziale di incidenti attraverso l’istruzione del personale. Istruzione e prevenzione sono due pilastri essenziali della sicurezza sul nostro cantiere», rileva il portavoce della AlpTransit San Gottardo Sud Sa Dario Ballanti. Con questo lavoro non si sa mai Sabato pomeriggio, nella mensa semideserta del cantiere di Faido-Polmengo, tre minatori della provincia di Sondrio bevono una birra qualche minuto dopo aver terminato il turno mattutino, quello che va dalle 6 alle 14. Loro non conoscevano personalmente Heiko Bujack. Lo vedevano in mensa, ma lui se ne stava quasi sempre con i suoi colleghi di squadra, tedeschi e austriaci. I minatori valtellinesi sanno che la morte è dietro l’angolo, che nessuna misura di sicurezza potrà cancellare il rischio. «Come vuoi prendere una notizia così?» chiede uno di loro, arrivato sul cantiere di Faido-Polmengo un paio di giorni prima della tragedia. «Queste cose sono sempre capitate – prosegue –. Con questo lavoro non si sa mai. Le misure di sicurezza e di prevenzione ci sono, ma anche se le rispetti pienamente non puoi escludere che un masso ti cada addosso».

Pubblicato il

11.04.2003 02:00
Stefano Guerra