Riconosco di essere rimasto nell’incertezza rispetto ad un oggetto in votazione durante l’ultimo fine-settimana, quello legato alla moratoria sulle piante geneticamente modificate. Mi sono infatti astenuto per varie ragioni, tra cui la principale è data dal fatto che già attraverso gen-lex eravamo di fronte ad una quasi moratoria di fatto. Ma ora l’interrogativo muta: cosa fare durante i prossimi cinque anni? Il testo dell’iniziativa evidentemente non lo dice e quindi la responsabilità passa di nuovo alla classe politica più che alla base dei cittadini. Mi è piaciuto il titolo di lunedì mattina sul Tages-Anzeiger: ora bisogna fare ancora maggiormente ricerca! Questa parola d’ordine fa chiarezza in un dibattito marcato da molte nebulosità di vario genere. Lo strumento della moratoria ha senso solo se, a condizioni precise, quest’ultima viene poi sospesa per passare in futuro ad un regime più libero. Chi tra coloro che hanno votato sì all’iniziativa pensava e continua a pensare che la tecnologia genetica sia un “male in sè” (e ce ne sono parecchi tra i sostenitori) penserà che la moratoria sia solo un primo passo nella buona direzione ma non la soluzione del problema. Quest’ultima infatti, per queste persone, può consistere solo in una proibizione assoluta e definitiva di ogni mutazione genetica nel mondo dell’alimentazione, sia vegetale che animale. Chi non si pone su una posizione così assolutista deve poter rispondere ad interrogativi più precisi che richiedono appunto il tempo della moratoria come tempo di ricerca delle risposte adeguate. La mutazione genetica è pericolosa per la salute? È possibile se si vuole poter continuare con una produzione agricola “bio”? Quali sono le conseguenze sull’ambiente naturale a media e lunga scadenza? Come garantire la piena libertà dei consumatori nella scelta dei prodotti? E quella dei contadini rispetto alle ditte multinazionali? Se questi cinque anni non verrano messi a profitto per trovare risposte credibili e ben documentate quest’ultimi saranno solo tempo perso e non è detto che la popolazione svizzera rinnoverà tacitamente la fiducia agli ambientalisti, quando la moratoria sarà finita. I milioni per la ricerca evidentemente non sono nella mani di questi ambienti, quanto piuttosto di quelli che hanno meno remore nei confronti degli Ogm. Anche quest’ultimi dovranno darsi da fare se non vogliono correre il rischio che la moratoria si trasformi in una proibizione definitiva di fatto. In altre parole i due fronti dovranno potersi ritrovare e collaborare per mostrare a noi tutti che la moratoria non è stata del tutto inutile.

Pubblicato il 

02.12.05

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