Rabbia, ira, collera, sdegno, amarezza, delusione e rimpianti: questa lista di vocaboli, inflazionati in questo intenso periodo di Mondiali avvelenati, vuole essere una carrellata degli stati d’animo di molti tifosi e appassionati di calcio, perplessi di fronte ai molti, troppi, errori arbitrali che hanno contrassegnato e, parzialmente, rovinato una Coppa del Mondo che si appresta domenica a vivere il suo atto conclusivo. Fortunatamente le sviste e le carenze di alcuni direttori di gara e di alcuni segnalinee non hanno danneggiato una sola squadra; le nazionali che possono lamentarsi del trattamento ricevuto in campo sono diverse – su tutte Spagna, Italia e Belgio – e quindi la teoria del complotto intenzionale e mirato, denunciata da parecchi giornalisti italiani dopo Corea-Italia, è del tutto infondata. Su questo coro di proteste vittimistiche che si è protratto per giorni e giorni in molti media della vicina Penisola, si è soffermato in un azzeccato editoriale su «La Stampa», intitolato «La complottomania», Pierluigi Battista: «Scompare dal gemito autoconsolatorio la semplice e crudele essenzialità del calcio, che consiste nel mettere il pallone nella rete avversaria e nel non farsi infilzare dai goal altrui. Prevale il discorso unico della cospirazione universale. Chi, di preciso, avrebbe complottato contro i nostri colori? Per mano di chi? Con quali obiettivi?». Sono domande alle quali non si darà mai, ovviamente, una risposta precisa e credibile; è quindi inopportuno e pericoloso scrivere, come ha fatto il direttore della “Gazzetta dello Sport” Pietro Calabrese, che l’Italia «oramai non conta più nulla in quei consessi dove si decidono i risultati e si combinano affari miliardari. La rabbia per questi arbitraggi scandalosi, la malafede di Blatter e della sua cricca, la tristezza per come è stato insudiciato il gioco più bello del mondo, adesso sono più forti di tutto». Se è vero che gli incontri degli azzurri sono stati pesantemente condizionati dagli sbagli delle terne arbitrali, non è affatto serio e producente pensare che la Fifa, definita da Candido Cannavò – sempre sulla “Gazzetta” – una «porca organizzazione calcistica mondiale fondata sull’affarismo», piloti a sua discrezione gli esiti dei confronti. Come ha già giustamente fatto notare Tarcisio Bullo sul “Corriere del Ticino”, se veramente fosse così, noi svizzeri, ben rappresentati nelle massime istituzioni del football mondiale, dovremmo essere costantemente protagonisti nelle competizioni internazionali. La realtà è invece ben diversa e quindi anche le presunte e oscure trame politiche della Fifa, tendenti a penalizzare una nazionale piuttosto che un’altra, rimangono il patrimonio riservato di quella distruttiva cultura del sospetto, sempre in agguato dopo ogni discutibile decisione arbitrale. Non esageriamo e, seppur addolorati, costernati e frastornati per la sconfitta della nostra squadra del cuore, ricordiamoci che il calcio è un gioco e che in gioco non vi sono i destini di una nazione.

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28.06.02

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