Modello sociale da difendere

Presidente del Sindacato edilizia e legno (Sel), poi del Sindacato edilizia & industria (Sei), oggi copresidente di Unia, Vasco Pedrina è stato eletto il 9 dicembre vicepresidente dell’Internazionale dei lavoratori del legno e dell’edilizia (Ibb), fondata lo stesso giorno a Buenos Aires. Il sindacalista svizzero presiederà il comitato europeo dell’Ibb. Le sue priorità: difendere il modello sociale europeo e contribuire all’elaborazione di una politica migratoria e d’integrazione che esclude la precarietà e il dumping sociale e salariale. Vasco Pedrina, il rapporto d’attività della Federazione internazionale dei lavoratori dell’edilizia e del legno (Fitbb, ora confluita nell’Ibb, vedi box) parla di condizioni di lavoro sempre peggiori. Una constatazione che vale per tutto il mondo? Sì, assistiamo a un deterioramento quasi universale delle condizioni di lavoro dei lavoratori dell’edilizia e del legno. È scioccante. La globalizzazione promossa dalle forze del neoliberismo è senza dubbio responsabile di questa situazione. Gli infortuni sul lavoro sono in aumento, non solo nel Terzo mondo ma anche nell’Europa centrale e orientale. La salute si degrada, la speranza di vita crolla in certi paesi, l’alcolismo si espande e i suicidi rappresentano ormai un vero e proprio fenomeno sociale. Parallelamente i sindacati segnano il passo, in particolare nell’Europa centrale e orientale. Perché mettete l’accento sulla migrazione? Ci sono le migrazioni di cui sentiamo parlare tutti i giorni: quella clandestina tra l’Africa e i paesi del sud dell’Europa, quella indotta dalla libera circolazione nell’Unione europea. Ma al congresso di Buenos Aires ci si è chinati anche sui cinesi che lavorano in Africa, sugli ucraini che entrano in Polonia, su una denuncia inoltrata nei confronti della Svezia da un’impresa lituana che si rifiuta di applicare le leggi svedesi. Se la giustizia europea dà ragione all’impresa, è l’intero modello sociale europeo che rischia di crollare. La nuova Ibb sarà particolarmente attiva su questo terreno poiché la maggior parte dei migranti comincia a lavorare in una delle “nostre” professioni. Dobbiamo batterci affinché i migranti beneficino degli stessi diritti dei lavoratori indigeni. Il congresso ha insistito sullo sviluppo sostenibile. In cosa questo concetto riguarda anche le professioni dell’edilizia? Lo sviluppo sostenibile passa dalla stabilità dell’impiego, e non dalla precarietà. Dal rispetto dei diritti sociali. Dalla scolarizzazione, dalla proibizione del lavoro infantile. Per questo la Fitbb, ad esempio, ha costruito nel corso degli ultimi anni 18 scuole in India: 10 mila bambini ne hanno approfittato. Un progetto interessante anche perché ci ha consentito di rafforzare i sindacati locali. Nelle nostre professioni lo sviluppo sostenibile è anche una selvicoltura rispettosa dell’ambiente: basti pensare alla deforestazione, all’esportazione di legname tropicale. Dobbiamo anche agire sulla Banca mondiale (Bm) che finanzia – cosa quasi incredibile! – i due terzi dei lavori di infrastruttura nei paesi poveri. La Bm deve porre delle condizioni sociali alle imprese che contratta. Ci siamo riusciti per quel che riguarda il lavoro infantile, ma non per i diritti sindacali né per il rispetto dei salari d’uso, ad esempio. Ig Metall ha proposto ai delegati al congresso di avvicinarsi agli altermondialisti. Questa risoluzione è stata accettata? I nostri colleghi tedeschi propongono nuove alleanze con i movimenti che criticano la mondializzazione. Sostengono che queste alleanze possono non solamente rendere più dinamici i sindacati ma anche aiutarci a diffondere le nostre tesi in nuovi ambienti. Unia evidentemente ha accettato questa risoluzione: il nostro sindacato partecipa già attivamente ai forum sociali europei e mondiali. Questa settimana, ad esempio, dei giovani di Unia hanno manifestato a Berna in compagnia di militanti di Attac contro la politica difesa dalla Svizzera nel quadro della conferenza ministeriale dell’Omc a Hong Kong. Ig Metall ha anche chiesto che i sindacati proseguano le loro riflessioni sull’importanza degli accordi conclusi con le multinazionali. Qual è la posta in palio in questo dibattito? L’Ibb firma degli accordi con le multinazionali: Lafarge, Ikea, Impreglio, Veidekke, per esempio. Queste convenzioni prevedono al massimo il rispetto dei diritti fondamentali definiti dall’Organizzazione internazionale del lavoro (libertà sindacale e diritto alla negoziazione collettiva, eliminazione di qualsiasi forma di lavoro forzato, proibizione della discriminazione, ecc.); è raro che si possa andare oltre. A volte le multinazionali rifiutano di sottoscrivere i diritti sindacali. È il caso della Holcim che, per ora, si è impegnata solo per quel che riguarda le questioni ambientali. Ma gli accordi con le multinazionali non bastano, poiché non coprono che una piccola parte del mercato del lavoro. Così, i nostri colleghi tedeschi pensano che noi dobbiamo esigere anche dagli Stati e dalle istituzioni internazionali che legiferino, in particolare per imporre dei salari d’uso a tutte le imprese. Ma non tutto va gettato. Gli accordi conclusi con certe multinazionali ci permettono di costruire dei sindacati. È il caso di Ikea, dov’è stato possibile promuovere una campagna sulla sicurezza al lavoro o di organizzare in Polonia circa 2 mila lavoratori e firmare un contratto collettivo di lavoro. Un sindacato belga ha insistito sulla necessità di organizzare il settore informale in piena espansione. Ciò corrisponde alle attività di Unia con i lavoratori senza statuto legale? Solo in parte, perché il settore informale ingloba tutte le forme di lavoro non dichiarato. La nostra posizione è evidentemente che questi lavoratori, salariati o indipendenti, possano accedere all’economia formale, e quindi alle assicurazioni sociali, al pagamento delle imposte e al beneficio di una pensione. Ma non possiamo fissarci su una posizione così rigida. Perciò i nostri compagni belgi hanno proposto che non si aspetti che i lavoratori escano dall’economia informale per organizzarli, ma che si vada loro incontro per attenuare già da subito lo sfruttamento di cui sono vittime. Non possiamo nemmeno accontentarci di condannare quest’economia, senza riconoscere che senza di essa centinaia di milioni di lavoratori si ritroverebbero senza alcun ingresso. Dobbiamo dunque riflettere su come affrontare questa problematica con i lavoratori toccati. È stato eletto vicepresidente dell’Ibb, ma anche presidente del suo Comitato regionale europeo. Quali saranno i suoi compiti e le sue priorità in Europa? Si tratta in primo luogo di sviluppare e rafforzare i sindacati nell’Europa centrale e orientale. Dobbiamo applicare una strategia comune per difendere e imporre il modello sociale europeo. Non va da sé: capita spesso che i sindacati dell’Europa centrale o orientale siano influenzati dal discorso neoliberale secondo cui i lavoratori di questi paesi devono accettare sacrifici in nome della competitività, della concorrenzialità con le imprese dell’Europa occidentale e settentrionale. Questo discorso provoca il dumping sociale e salariale che noi rifiutiamo. Bisogna uscire da questo circolo vizioso che provoca anche una forte migrazione. Più concretamente, dobbiamo fare un bilancio dei tentativi di rafforzare, a partire dalla caduta del Muro di Berlino, i sindacati del vecchio blocco sovietico. I nostri successi sono scarsi. La priorità mi pare debba essere la formazione dei quadri sindacali e il lancio di campagne (sulla sicurezza al lavoro, ad esempio) che ci permettano di mettere un piede nelle aziende. C’è anche, evidentemente, tutta la questione dei diritti dell’uomo. Alcuni paesi, come la Bielorussia, sono ancora delle dittature dove i sindacalisti sono imprigionati e assassinati. Un’ultima domanda: copresidente di Unia, vicepresidente dell’Ibb. Non è troppo per un solo uomo? (sospiro) Non sono solo fortunatamente. Ma è vero che i compiti sono pesanti. Detto questo, penso che Unia terminerà presto il suo processo di consolidamento. In seguito si aprirà un nuovo periodo che mi permetterà, penso, di disporre del tempo necessario per l’Ibb.

Pubblicato il

23.12.2005 02:00
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