L'italianità in Svizzera è una questione che continua ad essere irrisolta. Non solo per colpa della maggioranza di lingua tedesca, ma anche per demerito della stessa minoranza italofona. Il parziale dietrofront di Cablecom nella vicenda dell'oscuramento in analogico delle reti televisive italiane a nord delle Alpi è soltanto un piccolo successo (cfr. pag. 6). Esso è importante dal punto di vista simbolico oltre che pratico, ma tuttavia non riesce a nascondere la profonda incomprensione che i centri di potere nel nostro paese (tutti piazzati nella Svizzera tedesca) hanno per le esigenze della (consistente) minoranza di lingua italiana.
Significativo al riguardo il commento redazionale di tale Jon Mettler apparso sabato sul più importante giornale della capitale federale, la "Berner Zeitung": «Non è ammissibile che la maggioranza linguistica indigena debba soffrire limitazioni a causa di minoranze linguistiche straniere». A questo siamo arrivati: che quella di lingua italiana è in Svizzera una minoranza linguistica straniera. Difficile, a fronte di tanta ignoranza, augurarsi maggiore considerazione. Si sarà sempre costretti a battaglie di retroguardia, sulla difensiva, come quella, splendida, spontaneamente lanciata e vinta dalla comunità degli immigrati italiani a difesa di Rai Uno. Ma tutto il resto è utopia.
La colpa di tale degrado culturale è, si diceva, anche della minoranza italofona, in particolare di quella parte di essa che vive in Ticino. L'assenza quasi totale dalla Svizzera tedesca e romanda della Rtsi, ripiegata su sé stessa a decantare in ogni dettaglio le epiche gesta degli abitanti del Ticino, del Grigioni italiano e dei loro buffi politici, è un fatto grave. Non solo perché priva sia gli svizzeri di lingua italiana che gli immigrati italofoni di un'informazione completa su quanto accade in Svizzera, al di là dei più importanti fatti politici, economici e di cronaca di rilevanza nazionale (alzi la mano chi conosce il nome del sindaco di Zurigo). L'assenza della Rtsi è grave anche perché priva la Svizzera stessa di uno sguardo diverso da quello di lingua e cultura tedesca sui fatti nazionali.
Da sabato la Tsi prova a varcare le Alpi con un nuovo programma, "007 dalla Svizzera con amore". Sarà realizzato a Palazzo federale con tutte le migliori intenzioni, con impegno e professionalità, ma rimarrà anche questo un fatto episodico: si va a Berna con lo stesso spirito con cui si andrebbe a Bangkok – da turisti. Ben altro ha bisogno l'italianità, ben altro ha bisogno l'oltre mezzo milione di italofoni che vivono fuori dal Ticino e dal Grigioni italiano. Un mercato che la Rtsi da tempo ha colpevolmente trascurato, ma che potrebbe improvvisamente ritornarle utile ora che per risparmiare è stato cancellato il progetto "Tsi Italia", che mirava ad aprire una finestra quotidiana di alcune ore nel Bel Paese. Ma forse è già troppo tardi: siamo sicuri che l'eliminazione della Tsi dall'offerta analogica a nord delle Alpi avrebbe prodotto lo stesso sollevamento popolare che si è avuto per salvare Rai Uno e Canale 5?
Ma pesa anche la latitanza del Ticino da Berna sul piano politico. La sgangherata vicenda della perequazione finanziaria, che fa passare il Ticino per ricco (cfr. pag. 9), dimostra quanto lontani siano i ticinesi da Palazzo federale e quanto in definitiva siano estranei alle decisioni che vi si prendono. E non solo perché sono sottorappresentati ai piani alti dell'amministrazione federale. Fino a qualche tempo fa il Ticino aveva un delegato a Berna. Al suo pensionamento non è stato sostituito, vittima della scure dei tagli. Siamo sicuri che fosse quella la voce di bilancio su cui più era opportuno risparmiare?

Pubblicato il 

02.02.07

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