«Minaccia per salari e occupazione»

L’economista Christian Marazzi commenta le politiche delle banche centrali sui tassi d’interesse: temono e vogliono spegnere le lotte operaie

La crisi di Credit Suisse arriva da lontano, ma la spinta finale è arrivata da Oltreoceano col fallimento dei giorni precedenti della Silicon Valley Bank, innescando l’effetto domino andato a colpire una delle banche più esposte, il Credit Suisse appunto.

 

L’istituto bancario americano è fallito per aver investito miliardi di dollari nei titoli di Stato, il cui valore è sceso a seguito dei continui e rapidi aumenti dei tassi di interesse decisi dalla Banca federale americana per contrastare l’inflazione. I clienti, spaventati, hanno iniziato in massa a ritirare i loro patrimoni, generando una crisi di liquidità che ha portato al fallimento della banca.


Questa però è solo una parte della verità, la cui ricerca complessiva appare come una matassa inestricabile e complicata da spiegare ai normali cittadini quali siamo. Le ripercussioni cadranno invece implacabili su di noi, semplici cittadini salariati, le cui condizioni di vita e di lavoro saranno modificate da queste crisi che appaiono lontane e inevitabili.

 

L’economista e ricercatore sociale di fama mondiale Christian Marazzi, le dinamiche le studia da tempo e ultimamente le racconta sul sito Effimera.org in una serie pubblicata nella rubrica Diario della crisi. Proviamo insieme a districare la matassa per capire a che punto siamo e quali ricadute o prospettive ci siano per lavoratrici, lavoratori e condizioni di lavoro nell’immediato futuro.  


Professor Marazzi, partiamo dall’attualità, legata al ruolo delle istituzioni economiche. Lo scorso giovedì la Banca centrale europea (Bce) ha aumentato di mezzo punto percentuale il tasso d’interesse come preannunciato, malgrado le turbolenze scatenatesi nel sistema bancario dovute, almeno in parte, proprio al rialzo consistente e soprattutto molto rapido dei tassi d’interesse.
Il fatto che la Bce abbia deciso lo scorso venerdì di mantenere l’innalzamento dei tassi come previsto, dimostra che hanno deciso di inseguire, per certi versi anche costretti, l’impostazione impressa dalla Fed, la banca centrale americana. Anche a fronte di segnali di allentamento dell’inflazione in Europa (perlomeno col prezzo della componente energetica in calo), la Bce ha deciso d’insistere ugualmente con la politica monetaria restrittiva. Una politica che andrà ad inasprire le condizioni di vita, occupazionali e salariali in Europa.


Perché lo fanno?
Ufficialmente si afferma di voler evitare una dinamica inflazionistica dovuta alla spirale prezzi-salari. Nella realtà questa dinamica non esiste. L’inflazione, l’aumento dei prezzi è trascinato dall’enorme massa di profitti accumulati durante e dopo la pandemia. Di fatto, è un’inflazione da profitti, una spirale prezzi-prezzi. Questo è un fatto ormai appurato da numerosi studi scientifici. Dietro questa ostinazione della Bce e della Fed, si può intravedere la volontà di spegnere un possibile ciclo di lotte operaie e sociali che danno segnali evidenti di una rinascita. Non perché si abbia paura che l’aumento dei salari porti a una crescita dei  prezzi, ma perché si teme la ripresa del movimento organizzato dei lavoratori.


Ci sono degli esempi concreti a supporto di questa ipotesi?
Negli ultimi due anni, i salari americani sono cresciuti più lentamente dell’inflazione e i salari reali aggregati sono di fatto diminuiti. Questa situazione economica ha provocato negli Stati Uniti una rinascita di lotte collettive sui posti di lavoro. Nel 2022 gli scioperi sono notevolmente cresciuti (+52%), altrettanto è cresciuta la partecipazione dei lavoratori americani coinvolti nelle agitazioni operaie (+ 60%). Dei numeri che lasciano ipotizzare che lo scorso anno si sia innescato un ciclo di lotte operaie ritenuto inimmaginabile sin dagli anni Ottanta, quando trionfò la controrivoluzione liberista. Lo stesso discorso lo si ritrova in Europa, basti pensare agli scioperi e alle lotte sociali in corso in Inghilterra e in Francia, dove la contestazione va ben oltre il “solo” tema delle pensioni. Macron è arrivato persino a eludere di sottomettere al voto parlamentare la legge sulle pensioni, nascondendosi dietro un articolo d’urgenza. Sui media si parla di contagio a livello di sistema bancario, ma in realtà quel che si dovrebbe discutere è il contagio sociale delle lotte dei lavoratori trasversale nelle professioni e nei continenti. Queste lotte operaie americane ed europee possiedono un potenziale di delegittimazione delle politiche liberiste, visto come un pericolo dalle banche centrali, l’americana Fed e la Bce europea. Ed è per questo che entrambe stanno lavorando per cercare di spegnere sul nascere la potenziale diffusione delle lotte operaie e di contestazione del modello liberista.


Con l’acquisto da parte di Ubs di Credit Suisse, sostenuta nell’operazione dalla Confederazione con la messa a disposizione di una linea di credito di 109 miliardi, forse riusciranno a salvare il sistema bancario elvetico e mondiale. Ma riusciranno a ristabilire la fiducia nel sistema in quanto tale?
Non è detto che un’operazione del genere vada a buon fine. L’esperienza insegna che dei movimenti sociali importanti, vedi Occupy Wall Street, sono nati proprio dall’indignazione popolare nei confronti della speculazione finanziaria e, ancor peggio, dal salvataggio statale delle banche. La popolazione svizzera ha visto lo Stato intervenire rapidamente per salvare una banca mettendo a disposizione cifre astronomiche, mentre solo pochi giorni prima si erano rifiutati di adeguare le rendite Avs al rincaro. Una contraddizione agli occhi dell’opinione pubblica che potrebbe facilmente alimentare l’ostilità nei confronti di banche e Stato. Una rabbia che potrebbe indirizzarsi verso due direzioni opposte tra loro. Una è il sovranismo populista, già attivo anche nel caso di Credit Suisse. “La colpa del tracollo è perché la banca non era più svizzera” è la spiegazione tipo di questa frangia. Una seconda direzione potrebbe essere d’indirizzo sociale e progressista. Ma perché questa abbia successo, è necessario che sia accompagnata da una crescita e diffusione di lotte operaie organizzate. Ed è proprio quanto fa paura ai piani alti e si vuole evitare a tutti i costi. Anche a costo di far fallire qualche banca, seppur importante.

Pubblicato il

23.03.2023 15:28
Francesco Bonsaver
Editore

Sindacato Unia

Direzione

Claudio Carrer

Redazione

Francesco Bonsaver

Raffaella Brignoni

Federico Franchini

Mattia Lento

Indirizzo
Redazione area
Via Canonica 3
CP 1344
CH-6901 Lugano
Contatto
info@areaonline.ch

Inserzioni pubblicitarie

Tariffe pubblicitarie

T. +4191 912 33 88
info@areaonline.ch

Abbonamenti

T. +4191 912 33 80
Formulario online

INFO

Impressum

Privacy Policy

Cookies Policy

 

 

© Copyright 2023