Il neoeletto presidente della Provincia di Lucca ha lanciato un appello a sindaci e amministratori del centrosinistra: prendiamoci una vacanza di cinque giorni e andiamo tutti a Milano a fare campagna per Giuliano Pisapia. Le 5 giornate di Milano, dal sapore risorgimentale in piena commemorazione dei 150 anni dell'Unità d'Italia, rendono bene il clima del cambiamento, quel vento del nord che soffia a Milano, là dove tutto era cominciato nel '94 e dove tutto finalmente potrebbe finire.
Tutto vuol dire Silvio Berlusconi: il Grande Comunicatore, Sua Emittenza, l'Unto del Signore, quell'uomo malato che tutto vuole stringere, dalle escort per scopi palesi alla Costituzione per strangolarla, si è rintanato nel suo bunker per evitare che quel maledetto vento del nord gli spettini la folta chioma. Al momento in cui scriviamo, un silenzio lungo quattro giorni fa riposare le orecchie stanche, sfinite dalle bugie, dalle minacce e dalle barzellette di quell'uomo solo al comando che di certo non assomiglia al mitico Fausto Coppi. Milano può rinascere, c'è chi rispolvera antichi ricordi di quella che fu capitale morale dell'Italia. Giuliano Pisapia ha compiuto il miracolo, si è imposto alle primarie e il Pd ha dovuto ingoiare il rospo, per poi sostenere con convinzione il candidato unitario. L'exploit di Pisapia ha restituito al popolo di sinistra passioni e speranze sopite da un Pd senz'anima o con troppe anime e da una sinistra autolesionista e frantumata. Le condizioni per una rinascita si vedono, il Pdl ha subito un crack in tutt'Italia (fa eccezione solo una regione in mano alla criminalità come la Calabria). La Lega non ne ha approfittato, anzi sta pagando l'abbraccio mortale di un leader populista e autoritario che ha perso il suo (sex) appeal. Ma la possibile riscossa, se ci sarà, non nasce dai partiti dell'opposizione, semmai parte nonostante essi. A Milano si può vincere, a Torino e Bologna si è già vinto, nelle regioni già rosse la destra arretra (solo in Emilia la Lega dà segni di vita, anche se nel capoluogo il suo candidato è stato sconfitto al primo turno), nelle città e province in cui si è votato in Puglia e in Basilicata il centrosinistra ha fatto o sta per fare il pieno. A Cagliari per la prima volta la destra è costretta al ballottaggio da un candidato che il Pd non voleva perché troppo "sinistro", a Fermo per la prima volta la destra è spazzata via al primo turno. Napoli è una storia a sé. Qui il Pd aveva subito e poi annullato i risultati delle primarie per ragioni poco nobili, figlie di un dissesto politico e morale, per poi imporre un candidato fragile, sostenuto dalla vecchia cricca bassoliniana che ha qualcosa a che fare con il disastro napoletano. L'ex magistrato Luigi De Magistris, concorrente di sinistra di Di Pietro nell'Italia dei valori, si è candidato in contrapposizione al candidato del Pd (sostenuto inspiegabilmente e insensatamente dalla Sel di Nichi Vendola) con il sostegno di Idv e Rifondazione comunista e ha rimesso in movimento le energie sane della capitale del Mezzogiorno conquistando il ballot- taggio con il candidato delle destre sostenuto da malaffare e poteri criminali. Ma risaliamo a Milano, dove tutto era cominciato. C'è chi dice che la vittoria (comunque vada a finire, quella di Pisapia è una vittoria straordinaria) è la conseguenza del crollo berlusconiano e di una politica esagerata, aggressiva, cafona che ha stancato quartieri bassi e quartieri alti, proletariato e borghesia milanesi. Tutto vero, e quella carognata della Moratti al faccia a faccia con una figura limpidamente garantista come Pisapia, accusato di estremismo per le sue rivendicate origini di sinistra e di simpatie addirittura con il terrorismo, ha contribuito alla debacle fascio-leghista. Così come i manifesti sulle Br a Palazzo di giustizia (a proposito, quel fenomeno che li ha pensati ha preso poche decine di preferenze) hanno fatto franare i consensi a un Berlusconi che voleva almeno 53 mila preferenze e ne ha prese la metà. Ma tutto questo, mescolato agli scandali nelle ville del potere e ai bunga bunga suggeriti da Gheddafi nel lettone regalato da Putin, non basta a spiegare il vento milanese. All'elettorato meneghino finalmente è stata proposta, nonostante il Pd, un'alternativa vera al pensiero unico berlusconiano e questo ha fatto salire il numero dei globuli rossi di una città esangue, astiosa, messa in ginocchio da messaggi egoistici, qualunquisti, guerrafondai. Piegata da una crisi economica, morale e culturale. Si è vista una luce in fondo al tunnel e mezza Milano si è rimessa in marcia. Prima il bacio a Gheddafi poi le bombe sulla testa di Gheddafi hanno aiutato la marcia, perché in Italia la stragrande maggioranza della gente è contro i tiranni e la guerra. Alcuni come i leghisti anche per motivi ignobili: la paura dell'"invasione" del popolo migrante. Ora costoro tentano di salvare il salvabile accusando Pisapia di voler riempire la città di moschee. Difficilmente sparare l'ombra dei minareti sui campanili farà risalire l'audience della screditata Moratti, mentre la frattura tra Pdl e Lega potrà essere sopita per un po', ma è destinata a esplodere. Forse quando leggerete questo articolo Berlusconi avrà ripreso la parola e chissà cosa si sarà inventato. Bisognerà vedere se riuscirà a riprendere voti e credibilità. E se tutto andrà bene, dopo le 5 giornate di Milano, bisognerà vedere se l'opposizione avrà imparato le lezione e si sarà accorta che la fiducia ricevuta è un'opera di misericordia, che sullo sfondo l'antipolitica dei grillini si sta radicando mentre che il terzo polo arranca nel buio. Bisognerà anche vedere se le litigiose sinistre, che dalle urne hanno avuto un buon risultato se unite, ripenseranno agli errori commessi. Ma di tutto questo riparleremo dopo la partita di ritorno a San Siro. |