Migros, malati sotto controllo

“Propresenza”. È già tutto un programma il nome del progetto dal sottotitolo “Salute e benessere” che la Migros Ticino ha allestito per promuovere la salute e dare un sostegno «soprattutto – si legge in una circolare interna – a collaboratori/trici afflitti da malattie o infortuni importanti, facilitandone la dove è possibile il loro reinserimento.» Fatta la lodevole premessa, la Migros viene al nocciolo della questione, ovvero come ridurre il tasso di assenteismo giunto nei primi 6 mesi del 2004 ad una media di 5,7 per cento, rientrato poi a conclusione dell’anno a 4.9 per cento. Un tasso, quest’ultimo, che la ditta reputa «relativamente elevato ed al di sopra della media delle tre migliori Cooperative Migros (Migros Aare 3,8 per cento, Migros Ostschewiz 3,6 per cento, Migros Lucerna 3,5 per cento)». E si badi bene: non si parla di una media nazionale, ma si dà quale punto di riferimento le tre migliori filiali svizzere. Insomma, più che la salute dei suoi dipendenti a preoccupare Migros Ticino è la loro produttività, per incentivare la quale non si risparmiano energie e strumenti. Il tutto condito con una buona dose di pressione psicologica sapientemente erogata. Nella sua circolare interna, infatti, la ditta ricorda ai suoi dipendenti che l’aumento del numero delle assenze per malattia porterà in luglio ad un aumento dei premi già a partire dal 2005 presso l’Helsana (l’assicurazione che copre la perdita di salario dei dipendenti Migros Ticino in caso di malattia versando loro un’indennità giornaliera). Come a dire: “se non volete che i premi aumentino, non ammalatevi”...: quasi che l’ammalarsi fosse un atto di colpa premeditato. Senza contare che tra gli strumenti per limitare il tasso di assenteismo per malattia all’interno della ditta, Migros Ticino ha introdotto anche la “Dispensa temporanea dal segreto professionale medico” con la quale i dipendenti malati dovrebbero “volontariamente” autorizzare il proprio medico curante a fornire a Migros Ticino informazioni sul proprio stato di salute. Niente di male se la procura fosse veramente un atto spontaneo e voluto dal paziente al fine di agevolare realmente il proprio reinserimento sul posto di lavoro. Ma quale spontaneità ci può essere in un dipendente che vive in un ambiente di lavoro dove da più parti (si veda articolo sotto e si confronti articolo su Migros Ticino apparso su area n. 16 del 22 aprile 2005) viene denunciato un clima di pressione, di controllo e di paura? E chi tra i dipendenti oserebbe rifiutarsi di firmare una procura del genere rischiando così di essere guardato con sospetto, come un possibile profittatore della ditta? Questi alcuni degli interrogativi che pongono la procura sul filo della legalità, come spiega Philip Thomas, responsabile del Servizio giuridico del sindacato Unia (si veda al centro) che ha analizzato il documento per area. «Nel rapporto di lavoro il datore di lavoro deve tutelare e rispettare la personalità del lavoratore. Lo dice l’art. 328b del Codice delle obbligazioni (Co). Il datore di lavoro deve quindi evitare ogni ingerenza nella personalità dell’impiegato che non sia giustificata dal contratto di lavoro». È su questa base, secondo Philip Thomas, responsabile del settore giuridico del sindacato Unia, che si deve valutare la procura (vedi box) che Migros Ticino fa firmare ai suoi dipendenti malati per liberare il loro medico curante dal segreto professionale. «Dall’obbligo di rispettare il lavoratore deriva che sue particolarità, situazioni o inclinazioni, che non ne influenzano in maniera significativa le capacità professionali, non sono di alcun interesse per il datore di lavoro, che non le può né richiedere né archiviare», prosegue Thomas. Del resto questo principio è sancito anche dall’art. 4 della Legge sulla protezione dei dati, secondo cui durante il rapporto d’impiego possono essere elaborate soltanto quelle informazioni che sono necessarie per l’esecuzione del rapporto d’impiego. Il datore di lavoro ha dunque il diritto di porre domande soltanto nei limiti di questo quadro legale. Queste domande dovrebbero fornire al datore di lavoro un minimo di informazioni amministrative che sono necessarie per il regolare funzionamento dell’impresa del datore di lavoro. In questo senso le direttive in materia di medicina del lavoro della Federazione dei medici svizzeri (Fmh) all’art. 18 stabiliscono che al datore di lavoro possono essere comunicate soltanto le conclusioni nel campo della medicina del lavoro, concernenti per esempio la capacità ad eseguire un certo lavoro, rispettivamente la durata o il grado di un’incapacità lavorativa. Quindi «il datore di lavoro non può porre domande che si riferiscono concretamente alla salute del lavoratore. Non sarebbe conciliabile con l’art. 328b Co chiedere al dottore un referto medico o una diagnosi», osserva Thomas. La richiesta di questo genere di informazioni strettamente legate alla personalità del lavoratore è di conseguenza ammessa giusta l’art. 328b Co soltanto se c’è il consenso del lavoratore. Per questo Migros chiede ai suoi collaboratori che si sono ammalati di liberare mediante procura il medico curante dall’obbligo di mantenere il segreto. «Se il collaboratore svincola il medico dall’obbligo di mantenere il segreto, questi è in linea di principio autorizzato a fornire informazioni al datore di lavoro che altrimenti non potrebbe avere», spiega Thomas. La procura di Migros è però formulata in maniera molto aperta e generale. Per Thomas «Migros può ricevere molte più informazioni sulla salute del lavoratore di quante non sarebbero necessarie per l’effettivo adempimento del contratto di lavoro. Inoltre per il medico è difficile filtrare ciò che è effettivamente rilevante in riferimento al rapporto di lavoro. Si può così concludere che un’informazione così generale al datore di lavoro violerebbe l’art. 328b Co, ma Migros è legittimata nel suo agire dal consenso del lavoratore alla revoca del segreto». Il problema allora è un altro: dato che è facile ottenere una simile autorizzazione sotto la pressione delle circostanze bisogna trovare il modo di rimettere su un piano di uguaglianza il lavoratore e il datore di lavoro. «L’art. 328b Co è inderogabile», rileva Thomas. «Di conseguenza il lavoratore non può rinunciare al diritto derivante dall’art. 328b Co relativo al limitato accesso a dati personali. Questo a maggior ragione se si considera che l’autorizzazione presumibilmente non viene concessa del tutto liberamente e senza pressioni e che in definitiva Migros fa giocare la posizione di potere del soggetto economicamente più forte in un ambito molto personale». In questa situazione, conclude Thomas, «il consenso alla revoca del segreto medico in un modo cosi generale e aperto è illegale». L’ansia rimonta quando Bea* ripercorre i suoi 15 anni alla Migros Ticino. Troppi episodi spiacevoli si sono accumulati in questo lungo lasso di tempo, troppe pressioni e troppo stress, tanto che alcuni mesi fa ha deciso di gettare la spugna e di dare le dimissioni. Elettromeccanico al Dipartimento tecnica della centrale di Sant’Antonino, Bea, a differenza delle maggioranza delle donne impiegate alla Migros come venditrici o cassiere, lavorava in un settore quasi prettamente maschile. «Quello alla Migros – racconta – è stato il mio primo e unico lavoro svolto finora. Andavo orgogliosa fino a qualche anno fa della mia tuta da meccanico ma negli ultimi tempi anche il lavoro in sé è diventato frustrante, ci siamo ridotti a fare lavori di routine, quasi fossimo diventati noi stessi ingranaggi di quei macchinari che dovevamo visionare. Ma ciò che mi amareggiata è stata l’insensibilità e la mancanza di rispetto di quelli che, a parole, loro stessi propugnano come diritti. Altro che grande famiglia, azienda dal volto umano: dietro questa bella facciata la Migros, almeno qui in Ticino, è diventata una “fattoria degli animali” orwelliana dove ormai si lavora a testa bassa e guai a chi si lamenta. Tanto più per le lavoratrici e i lavoratori che sono alla base della piramide e che il più delle volte subiscono per paura.» Certo la Migros vanta un Contratto collettivo di lavoro nazionale (Ccln), quanto poi alla sua applicazione è tutto un altro paio di maniche. E di questo ne sa qualcosa Bea che in frangenti di stretta necessità si è dovuta assentare dal lavoro. «Ho un figlio di cinque anni – ci dice – e negli ultimi tre anni mi è successo (di rado) di assistere il bambino che si è ammalato. Una domenica notte a mio figlio è salita la febbre quasi a 40 gradi e l’indomani, non avendo nessuno che potesse assisterlo, mi sono dovuta assentare dal lavoro. Ebbene, quella giornata l’ho dovuta convertire in giorno di vacanza perché la capa del personale riteneva ingiustificata la mia assenza.» Con buona pace del Ccln Migros che a pag. 25, articolo 34, cpv 34.5 recita: «Le collaboratrici e i collaboratori che comprovino di non avere a disposizione nessuna persona che possa assistere un proprio figlio o un familiare malato, (…) beneficiano in generale di un congedo di durata limitata con diritto all’intero salario.» In altre rare occasioni Bea si è ritrovata a doversi assentare sempre a causa del figlio. «In 15 anni – continua – ho accumulato un saldo negativo di 17 ore, ebbene nonostante fossero giustificate mi sono state detratte dal mio ultimo stipendio per un totale di 500 franchi. Alla ditta ho dato tanto, un pezzo della mia vita, la passione per il lavoro e quando in cambio ho chiesto un atto di riconoscimento, il condono di quelle ore, mi è stato detto ad una settimana dalla conclusione del mio rapporto di lavoro che avrei dovuto recuperarle. Come avrei potuto? Il fatto che abbia un figlio piccolo, che devo andare a prendere all’asilo, che devo accudire, per loro è irrilevante. Ho scritto un’e-mail alla capa del personale per un chiarimento in proposito senza mai ricevere risposta.» Ma lo strappo che spinge Bea a rescindere il proprio contratto di lavoro arriva nei mesi scorsi. «Alla Migros Ticino ripetono ossessivamente il ritornello “bisogna risparmiare!” ma quando ho chiesto di poter ridurre il mio tempo di lavoro dall’80 al 50 per cento, sono stata ignorata per sei mesi. Certo, alla fine mi è stato concesso ma a condizioni capestro, ossia dovevo accettare una flessibilità che mi rendeva impossibile conciliare i miei impegni familiari con quelli lavorativi.» Altro che clima di comprensione e collaborazione. Bea sorride amaramente a queste parole. «Il clima – dice – è di soggezione e timore. Soprattutto quando ci si ammala. Ci si sente in colpa. Anche il progetto “Salute e benessere” (si veda articolo sopra, ndr) sa tanto di strumento di controllo e di pressione. Sarà pure legale la “Dispensa temporanea dal segreto professionale medico” che la Migros può richiedere ai suoi dipendenti malati. Ma in un clima dove tanto più sei in basso tanto più non osi opporti, ha il sapore della coercizione.» E a questo proposito Bea racconta di una propria esperienza personale. «Un paio d’anni fa ho avuto un tracollo psicofisico e sono stata per un mese a casa. Si trattava di una situazione delicata e mai avrei voluto che il mio medico raccontasse le ragioni della mia assenza ai miei datori di lavoro. Io, comunque, bene o male sono sempre riuscita a proteggermi leggendo, informandomi, ma la stragrande maggioranza delle lavoratrici e dei lavoratori, anche se viene sfruttata, subisce le ingiustizie in silenzio. Ci sono sempre più dipendenti che si assentano per qualche giorno di malattia e i loro mali non sono sempre fisici, hanno i nervi a pezzi e rischiano di andare fuori di testa se non si fermano un momento. Immaginiamoci se i loro capi, tramite la procura, venissero a sapere del loro umanissimo tracollo momentaneo: avrebbero un’arma in più per discriminarli.» * Il nome è di fantasia. L’identità dell’intervistata è nota alla redazione.

Pubblicato il

17.06.2005 04:00
Gianfranco Helbling
Maria Pirisi