A metà giugno chiuderà il terzo piano di Migros Lugano Centro, attualmente occupato da articoli elettronici, casalinghi e sportivi, per essere affittato a terzi. Lo ha reso noto oggi la Regione. Le altre filiali Melectronics del Sottoceneri (Taverne e Agno) sono già state chiuse. Al terzo piano di Lugano, gran parte della mercanzia è già stata traslocata, probabilmente verso Sant’Antonino, l’unico punto vendita cantonale del segmento elettronico che rimarrà aperto ancora per qualche tempo. Anche nel settore Do it e giardinaggio, vi è fermento. A giugno chiuderà la filiale di Grancia. Quatto quatto, prende corpo il piano di dismissione annunciata dal gruppo a febbraio dei segmenti Melectronics, Sportx, Hotelplan e Mibelle, con l’intenzione di venderli ad altri soggetti. Incertezze riguardano anche Do it + Garden, Micasa, Obi e Bike World, segmenti “oggetto di un esame approfondito”, aveva comunicato l’azienda ad inizio anno. Complessivamente, i licenziamenti sono stimati 1'500 a livello nazionale. C’è chi avanza cifre più elevate, ma non esistono conferme ufficiali sul “costo umano” della ristrutturazione aziendale. Al momento, è sicura la cancellazione di 150 impieghi alla sede centrale di Migros a Zurigo, confermati la settimana scorsa. Altra certezza, la segretezza con cui il più grande datore di lavoro privato del paese sta conducendo il piano sociale, obbligatorio per legge. Poche settimane fa, Migros ha comunicato di aver allestito un piano sociale unitario valido per tutte le cooperative regionali e imprese del gruppo dal primo maggio. Un piano sociale di cui i dipendenti ignorano i dettagli. Qualche settimana fa, la direzione si è limitata ad inviare per mail ai collaboratori una scheda informativa riassuntiva, ma nulla di più. All’oscuro sarebbero anche le commissioni regionali del personale. La trasparenza ai collaboratori non pare di casa al gigante arancione. D’altronde, Migros nei rapporti col personale, preferisce evitare il confronto. Da un ventennio, Migros firma il ccl con l’Associazione svizzera del personale della macelleria e la Società degli impiegati del commercio Svizzera, non equiparabili a dei sindacati rappresentativi dei lavoratori. Qualche punto dolente del piano sociale è però ugualmente trapelato. Nel caso un dipendente rifiutasse un posto di lavoro sostitutivo ad un’ora di distanza dal vecchio luogo di lavoro, magari per motivi familiari, perderebbe il diritto al piano sociale. Inacettabile per il sindacato. «È sconcertante come la più grande azienda privata del Paese si comporti nei confronti dei dipendenti. La mancata informazione denota una mancanza di rispetto dei lavoratori e della loro professionalità» commenta Chiara Landi del sindacato Unia. «È gravissimo che i diretti interessati non conoscano i dettagli del piano sociale. Non si sa nemmeno a chi sarà applicato e chi invece ne sarà escluso. Un’opacità che genera apprensione nei dipendenti e alimenta voci di corridoio non verificabili, quali ad esempio che il diritto al ricoloccamento sarà solo per chi ha superato i cinquant’anni. È gravissimo che non sia stata data un’informazione completa ai lavoratori, ed è altrettanto grave che non siano stati coinvolti nella stesura di misure le cui ricadute saranno importanti sulla loro vita professionale e personale. Ai lavoratori devono essere dati gli strumenti per poter fare le proprie scelte. È ingiusto che l’azienda si arroghi il diritto unilaterale di decidere sulla vita delle persone». Teoricamente la legge prevede il coinvolgimento dei lavoratori tramite le organizzazioni sindacali nell’allestimento del piano sociale. Cosa non sta funzionando in questo caso? «Da anni, Migros persegue una politica antisindacale affinché il personale non si organizzi attraverso dei sindacati che abbiano una reale rappresentitività dei lavoratori. Il diritto alla libera scelta di una lavoratrice o di un lavoratore del proprio sindacato di riferimento, è costantamente calpestato da Migros». |