Mezzo docente addio

In Svizzera mancano docenti. No, sono troppi. Questione di punti di vista. Cantonali naturalmente. Nella Svizzera francese e tedesca, la riapertura delle scuole sta evidenziando un problema, ormai diventato ricorrente negli ultimi anni: la carenza degli insegnanti. Ma basta spostarsi in Ticino per trovare una situazione diametralmente opposta: qui, infatti, si registra un aumento del tasso di disoccupazione fra docenti di scuola d’infanzia e di scuola elementare. E mentre nel canton Argovia, nel 2003, non ci sarà nessun nuovo maestro elementare diplomato, in Ticino – spiega il sindacalista Vpod Raoul Ghisletta – già a fine luglio 2002 ben 90 docenti (scuola d’infanzia ed elementare) erano iscritti nelle liste di disoccupazione. Un dato destinato probabilmente a lievitare a fine agosto, dopo le vacanze estive. Per arginare questo problema, fa notare Ghisletta, in Ticino l’Ufficio cantonale del lavoro ha organizzato per il nuovo anno scolastico un programma occupazionale per docenti neodiplomati presso le scuole comunali. Per i più volenterosi esiste inoltre la possibilità di aderire ad un programma occupazione nel settore dell’insegnamento all’estero (per gli interessati l’indirizzo è: Associazione ticinese di aiuto ai paesi dell’Europa centrale, tel. 091/792.16.95). Ma si tratta di una soluzione tampone e come tale provvisoria. Mentre, ricorda ancora Ghisletta, sono ormai diversi i casi di neodiplomate/i che «vanno avanti da alcuni anni a supplenze e vedono allontanarsi l’inserimento stabile nell’insegnamento». Un aiuto al ridimensionamento del problema occupazionale potrebbe essere la doppia docenza, ossia affidare una classe a due insegnanti impiegati al 50 per cento ciascuno, piuttosto che ad uno solo. E a questo proposito Ghisletta cita l’esempio del comune di Riva San Vitale dove, con un’inversione di tendenza, «l’autorità comunale ha preso la decisione di principio di cercare di eliminare gli impieghi al 50 per cento nella scuola elementare: attualmente esistono tre sezioni su otto con la doppia docenza e quindi si può dire che Riva era sinora un comune modello da questo profilo». «Part-time difficili da gestire» Perché questa scelta? «Abbiamo sei docenti impiegati al 50 per cento – ci spiega il sindaco di Riva San Vitale Fausto Medici – e per una piccola sede come la nostra (di sette/otto sezioni) cominciano ad essere un po’ troppi. Anche nel sostegno pedagogico ci sono due posti part-time e lo stesso direttore è al 50 per cento. Ci siamo resi conto che diventava sempre più problematico gestire così tanti docenti (compresi quelli di educazione fisica, musicale ed attività creativa), ben 17. Ciò comporta problemi di carattere amministrativo e organizzativo, come la programmazione di un orario scolastico accettabile. Per non parlare poi delle difficoltà che insorgono quando si devono fare gli "abbinamenti" fra insegnanti. Non stiamo adottando questa politica per principio, stiamo semplicemente cercando di far fronte a dei problemi concreti. Senza comunque dimenticare che siamo sensibili al problema dei neodiplomati al primo impiego, tant’è che siamo sempre disponibili a dare ancora incarichi al 50 per cento». L’esempio di Riva San Vitale è uno fra tanti, specchio di una tendenza generale che mira a privilegiare il tempo pieno a scapito di quello parziale e quindi a scapito soprattutto delle donne. Sono loro le principali discriminate che, per assolvere agli impegni familiari, scelgono – o devono scegliere – il part-time. L’efficientismo mina anche l’educazione «La reticenza a concedere il tempo parziale – interviene Graziano Pestoni della Vpod – riguarda un po’ tutti i settori e c’è sempre stata. Il part-time ha cominciato a prendere piede alla fine degli anni Ottanta/inizio anni Novanta incontrando ovunque forti resistenze. La tendenza a privilegiare gli aspetti gestionali ha sempre avuto la meglio e, negli ultimi tempi, - causa il neoliberismo imperante - le conquiste nell’ambito del lavoro part-time hanno subito un duro colpo. Si parla di efficienza e di difficoltà nel dover gestire un posto frammezzato in più tempi e s’ignora che il tempo parziale, al di là dell’aspetto occupazionale, rappresenta una ricchezza. Nella scuola, ad esempio, la presenza di due insegnanti in una classe offre all’allievo l’opportunità di accedere a più punti di vista. Qui l’aspetto occupazionale, che preoccupa noi come sindacato, va di pari passo con quello educativo. E non è poco…». Eppure, anche se oggi sembra difficile crederlo, anche in Ticino in un futuro non molto lontano, ci sarà il problema della carenza d’insegnanti. «Si porrà – afferma Diego Erba, responsabile della Divisione della scuola del canton Ticino – quando usciranno dal mercato del lavoro i docenti che sono entrati nella scuola all’inizio degli anni Settanta». Ma nella Svizzera francese e tedesca il tempo si coniuga al presente: qui la concorrenza dell’economia privata pesa fortemente sul settore scolastico, sensibilmente toccato dalle misure di risparmio. «Quando l’economia tira – fa notare ancora Erba – abbiamo maggiori difficoltà a trovare giovani laureati che entrino nella scuola, ma nei periodi d’incertezza come quello attuale, la situazione si capovolge». Stipendi sempre meno allettanti, classi numerose, orari impegnativi: ecco i fattori che allontanano dall’insegnamento molti giovani confederati. Il fatto poi che in Ticino, al contrario, ci sia un esubero di insegnanti in cerca d’impiego non tragga in inganno: qui le condizioni non sono di certo più vantaggiose, è piuttosto la mancanza di altri posti di lavoro a spingerli verso l’insegnamento. Carenza o disoccupazione dei docenti: la situazione, in un modo o nell’altro, resta problematica in tutta la Svizzera. E non la si può risolvere spostando a piacimento gli insegnanti sul territorio come pedine di dama. «Vi sono barriere linguistiche e formative – conclude Pestoni – che al momento non lo consentono. Senza contare che gli insegnanti ticinesi si muovono, eccome. Basti pensare che sono molti coloro che, per raggiungere un monte ore soddisfacente, insegnano in diverse sedi scolastiche e si ritrovano in una settimana a percorrere il Ticino da Chiasso ad Airolo e viceversa».

Pubblicato il

23.08.2002 04:30
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