È la più grande federazione sindacale europea e rappresenta oltre sette milioni di lavoratori. Si chiama IndustriAll ed è il risultato della fusione di tre federazioni europee di categoria nei settori metalmeccanico ed elettrico (Fem), minerario, chimico e dell'energia (Emcef), tessile dell'abbigliamento e del cuoio (Fse:Thc). Uno degli artefici di questa fusione è Renzo Ambrosetti, finora presidente della Fem, che vi ha portato l'esperienza del sindacato svizzero Unia (a sua volta sorto da una fusione) di cui è copresidente. Il congresso di fondazione, svoltosi il 16 maggio a Bruxelles, ha eletto presidente di IndustriAll il tedesco Michael Vassiliadis, finora presidente europeo della Emcef, e primo vicepresidente Renzo Ambrosetti. Segretario generale è Ulrich Eckelmann, che finora ha ricoperto la stessa funzione nella Fem.
Il nuovo grande sindacato europeo dell'industria si è dato l'obiettivo di sollecitare l'Unione europea a correggere la sua attuale politica. «Noi sindacalisti», ha detto Renzo Ambrosetti nel suo discorso al congresso di fondazione di IndustriAll, «abbiamo ora il dovere di spingere in particolare verso un riorientamento della politica europea per affrontare la crisi, affinché la crescita e l'occupazione tornino ad essere prioritarie all'ordine del giorno dei vertici dell'Ue. L'Unione europea deve trovare soluzioni e non solo adottare misure economiche, se vuole ristabilire un legame con i cittadini che in massa nell'ultimo anno si sono allontanati dall'idea europea non più in grado di mantenere la promessa di crescita e di benessere».
Ad Ambrosetti ha fato eco Ulrich Eckelmann: «L'Europa ha bisogno di una crescita industriale durevole,  di posti di lavoro più numerosi e più sicuri, di maggiori diritti di partecipazione per i lavoratori e per i cittadini, di più solidarietà ed equità nella ripartizione dei redditi e delle ricchezze». Per il segretario generale del nuovo sindacato europeo dell'industria, «politiche d'austerità repressive ed antisociali hanno fatto piombare l'Europa in una crisi esistenziale. IndustriAll metterà tutto il suo peso nella lotta per una nuova visione europea». Una nuova visione che preveda  investimenti e crescita, ma anche l'armonizzazione delle condizioni di vita e di lavoro sul Continente. Questa, secondo Eckelmann, sarebbe «il solo mezzo per far uscire l'Europa dalla crisi e restaurare la fiducia dei cittadini e dei lavoratori nel progetto europeo. C'è un bisogno urgente di più coesione e di equa condivisione».
Nel solco di questa linea direttrice, il congresso di fondazione di IndustriAll ha adottato una risoluzione politica che fissa i contorni del lavoro che il nuovo sindacato intende svolgere negli ambiti più significativi. Nella politica industriale, per esempio, le attività saranno centrate sul rafforzamento dello sviluppo durevole e della qualità dei prodotti industriali, della produzione e dell'utilizzazione delle risorse.
Anche il miglioramento delle condizioni di lavoro e la promozione dello sviluppo delle competenze saranno al centro dell'a-
zione di IndustriAll. E poiché rappresenta i lavoratori in un'ampia gamma di industrie, il novo sindacato intende promuovere condizioni-quadro dinamiche e politiche specifiche per tutti i settori interessati.
La strategia di IndustriAll in fatto di politica aziendale punterà invece ad accrescere la partecipazione dei lavoratori a livello delle imprese ed a garantire in particolare «che i lavoratori delle nostre industrie siano agguerriti per gestire le strategie transnazionali delle imprese multinazionali». E le armi di cui servirsi sono le politiche dell'anticipazione e della gestione del cambiamento in modo socialmente responsabile.
In materia di contratti collettivi il nuovo sindacato europeo, mediante il coordinamento delle politiche nazionali in questo campo e con la promozione di un programma europeo di politica sociale, punterà a migliorare i salari e le condizioni di lavoro e di vita dei lavoratori. Obiettivi centrali di questa strategia sono una politica salariale attiva ed una più estesa applicazione dei contratti collettivi.
Infine, il dialogo sociale a livello europeo viene considerato da IndustriAll come uno strumento e una piattaforma che permetta di «promuovere le nostre politiche non soltanto verso l'industria europea e le associazioni padronali, ma anche nei confronti delle istituzioni europee». Il nuovo sindacato vuole quindi sviluppare le proprie capacità negoziali in tal senso, ma anche per azioni congiunte con le organizzazioni padronali. Un'indicazione precisa, a questo proposito,  è venuta dal presidente Michael Vassiliadis, secondo cui «IndustriAll trarrà la sua capacità d'azione non solamente dalla forza del numero, ma dalla nostra determinazione ad essere un attore potente, risoluto ed efficace sulla scena politica europea, allo scopo di difendere nel modo migliore gli interessi dei lavoratori dell'industria in Europa».

La forza di 7 milioni di lavoratori

Il vicepresidente di IndustriAll Renzo Ambrosetti: «Vogliamo un'Europa dei cittadini, non delle banche e delle multinazionali»

Il nuovo sindacato europeo IndustriAll rappresenta 197 organizzazioni sindacali affiliate, che contano 4,8 milioni di lavoratori del settore metallurgico ed elettromeccanico, 1,8 milioni dei settori chimico, energetico e minerario, ed altri 500 mila dei settori tessile, abbigliamento e cuoio, per un totale di 7,1 milioni di iscritti. Le tre federazioni europee che si sono unite (Fem, Emcef e Fse:Thc) collaboravano già da un anno a una piattaforma comune con quattro capisaldi: lo sviluppo di una strategia di sostenibilità dell'industria; le regole di coordinamento per una  comune politica contrattuale; la domanda di formazione e riqualificazione professionale; il posizionamento rispetto alla precarizzazione del lavoro. Nel frattempo, le tre sigle sindacali hanno messo in piedi quasi seicento commissioni aziendali europee, dove non si discute e non si agisce più in termini di politiche sindacali nazionali ma esclusivamente europee.
Nel suo discorso ai 550 delegati del congresso di fondazione riuniti a Bruxelles, Renzo Ambrosetti ha posto l'accento principalmente sul cambiamento politico sollecitato ormai dall'opinione pubblica dell'intero Continente: «Vogliamo un'Europa dei cittadini e non un'Europa delle banche e delle multinazionali. Perciò è assolutamente necessaria una profonda riforma delle istituzioni europee e la soppressione dei vuoti di democrazia». Concretamente, ha precisato il co-presidente di Unia, questo significa «riconoscere i segni del tempo e trarne le relative conseguenze», il che «è una dimostrazione di forza e di capacità di agire». Una dimostrazione già offerta con successo in Svizzera, proprio con la fusione che qualche anno fa ha dato vita al sindacato Unia. A livello europeo, la stessa capacità di azione e di adattamento i sindacati vorrebbero vederla nelle istituzioni europee, che nonostante la crisi economica e strutturale continuano ad «insistere su una unilaterale e miope politica di risparmio e di consolidamento».
La risposta non può essere, secondo Ambrosetti, che un patto europeo di solidarietà per la formazione, la ricerca, lo sviluppo e l'infrastruttura. Ma anche un patto per il rafforzamento di un'Europa sociale mediante l'introduzione di standard minimi in fatto di sicurezza sul lavoro e di correttezza delle condizioni d'impiego; la creazione di un governo europeo dell'economia e della finanza democraticamente legittimato. Un'altra esigenza, secondo Ambrosetti, è che vengano fissati criteri fiscali equi per tutti i Paesi membri del'Ue, in particolare nella tassazione delle imprese e dei redditi, come pure dei grandi patrimoni e delle successioni ereditarie. Infine, occorre un'autorità europea di vigilanza su tutti gli attori dei mercati finanziari, affinché si assumano la piena responsabilità dei loro atti. «Certo», ha concluso il vicepresidente di IndustriAll, «ci occorre ancora un po' di lavoro per raggiungere i nostri obiettivi a livello europeo, ma intanto vedo sempre più segni che mi sembrano positivi». 


Pubblicato il 

24.05.12

Edizione cartacea

Nessun articolo correlato