Di chi bisogna avere più paura? Di un Christoph Blocher al Dipartimento di giustizia e polizia o di un Hans-Rudolf Merz a quello delle finanze? Dello spauracchio da copertina ora imbrigliato in dossiers che non desiderava o dell’abile e discreto uomo d’affari che dietro le quinte ha dato la scalata al dipartimento che sognava? Forse è un falso problema e non è possibile scegliere. Forse i due neoeletti consiglieri federali fanno paura allo stesso modo. Ma a noi sembra che una risposta – una scelta – la si possa comunque abbozzare. Il punto di partenza sono due immagini distanti pochi giorni l’una dall’altra. La prima è di mercoledì 10 dicembre: Christoph Blocher e Hans-Rudolf Merz si abbracciano ostentando una risata tanto fragorosa quanto tracotante. È l’orgiastico apogeo dell’ascesa al potere. La seconda è di domenica 15 dicembre: alla conferenza stampa che fa seguito alla ripartizione dei dipartimenti, un Blocher visibilmente deluso siede a fianco di un Merz compiaciuto. «Ringrazio Christoph Blocher per le discussioni avute e per la comprensione di cui ha fatto prova» dice il nuovo ministro delle finanze. «Il Consiglio federale ha deciso e accetto questo dipartimento» commenta Blocher. È la quieta – e a volte deludente – normalità dell’esercizio del potere. Christoph Blocher è passato in pochi giorni dalle risa al broncio. Hans-Rudolf Merz, invece, continua a ridere. Il primo, mentre inghiotte il boccone amaro dello “scippo” del Dipartimento delle finanze, già vede arrivare la sofferenza: si dovrà battere contro l’internamento a vita dei delinquenti sessuali (il Consiglio federale è contrario, l’Udc è favorevole), dovrà sostenere la naturalizzazione dei giovani stranieri di seconda e terza generazione (governo favorevole, Udc contraria), dovrà occuparsi dei dossiers Schengen e riforma del diritto d’asilo (governo e Udc hanno posizioni divergenti), dovrà rispettare una promessa che non sta mantenendo: separarsi al più presto dal pacchetto azionario di maggioranza della Ems-Chemie. Come ha scritto negli scorsi giorni un editorialista del ginevrino Le Temps, Christoph Blocher «si ritrova con le spalle al muro». Alla testa del dipartimento che fu di Kaspar Villiger, Hans-Rudolf Merz ha invece ben poche ragioni di preoccuparsi. Forte di una solida maggioranza in Consiglio federale, di un parlamento che vota sempre più a destra e del sostegno degli ambienti economici e finanziari che contano (anche nelle votazioni popolari, non dimentichiamolo), l’uomo d’affari appenzellese potrà applicare senza troppi freni il suo credo neoliberista alle finanze pubbliche della Confederazione. Ha già detto di appoggiare in pieno il nuovo pacchetto di risparmi da 2,5 miliardi e metterà tutte le sue energie nella votazione popolare sugli sgravi fiscali federali prevista il prossimo mese di maggio. Merz, a differenza di Blocher, non è con le spalle al muro, anzi. Ma a noi Hans-Rudolf Merz fa almeno altrettanta paura di Blocher non solo perché si ritrova alla testa del dipartimento dal quale usciranno nei prossimi tempi idee e progetti cruciali per le sorti del paese. È anche una questione di personalità e di convinzioni. Certo, Blocher e la sua Udc hanno fatto ampio sfoggio negli ultimi anni delle loro doti razziste e machiste. E certo, il neoletto consigliere federale Udc dimostra un livello di ipocrisia difficilmente eguagliabile quando si scaglia contro i “falsi invalidi” e allo stesso tempo relega al beneficio forzato dell’assicurazione invalidità operai ammalati e licenziati in fretta e furia dopo aver lavorato per anni nella sua ditta (vedasi work, n. 21, 5 dicembre 2003). Ma come si fa a non essere altrettanto inquieti quando Hans-Rudolf Merz, ai deputati socialisti che gli chiedono come giustifica le sue attività in Cile durante la dittatura di Pinochet e nel Sudafrica dell’apartheid, afferma in sostanza che «gli affari erano affari»? Oppure quando espone la sua personalissima concezione della solidarietà («coloro che si trovano, senza colpa, in difficoltà o in stato di necessità, vanno aiutati. Ma per aiutare i deboli bisogna prima rafforzare i forti», cfr. laRegione Ticino, 5 dicembre 2003)? Oppure ancora quando, pochi minuti dopo la sua elezione, tentava di correggere il tiro affermando – con una frase che è non è una gaffe – che «se c’è un calo di pressione in un aereo, bisogna prima dare le maschere ad ossigeno agli adulti poiché solo loro possono insegnare ai bambini come usarle»? Insomma, a nostro avviso la volgare prepotenza di Blocher regge a malapena il confronto con la raffinata e discreta spregiudicatezza del suo neoeletto collega di governo. E poi, come detto, il primo è imbrigliato, mentre il secondo potrà correre a briglia sciolta.

Pubblicato il 

19.12.03

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