14 è una cifra indicativa dello stato del mondo del lavoro cantonale e dell’intervento statale. È il numero dei contratti normali di lavoro decretati dal governo cantonale in settori dove è stato comprovato il dumping salariale. Su questa involuzione, abbiamo posto alcune domande a Laura Sadis, che dopo otto anni a capo del Dipartimento finanze ed economia, ha deciso di non ripresentarsi alle prossime elezioni di aprile.
Entrata in carica nel 2007, in un periodo di euforia economica globale, l’anno successivo Sadis si trova ad affrontare la più grande crisi del sistema capitalista dal dopoguerra con lo scoppio della bolla speculativa, di cui ancora oggi paghiamo le conseguenze. La crisi globale coincide temporalmente con un’altra importante mutazione strutturale nel mercato del lavoro cantonale: l’introduzione della libera circolazione delle persone. Due elementi centrali che portano a una brutale messa in concorrenza dei salariati nel ristretto mercato del lavoro cantonale, caratterizzato da tutele legali estremamente deboli per i lavoratori. Sadis prende dunque il timone del Dfe in un contesto particolarmente complicato.
Laura Sadis, che mondo del lavoro cantonale ha trovato e quale lascia? In 8 anni vi è stata una dinamica espansiva. Sono aumentate le aziende, i posti di lavori sono cresciuti del 15,5% sia per residenti che, soprattutto, per frontalieri. È pure cresciuta la flessibilità del mercato con l’aumento del tempo parziale e lavoro interinale. Un fenomeno di per sé non negativo, purché non si trasformi in sottoccupazione e precariato. Sono aumentate anche le esigenze di competenze. In un decennio gli impieghi qualificati sono passati da poco meno di 1 impiego su 5 a quasi 1 su 3. Di negativo, l’incremento del dumping sociale e salariale, come dimostrato dalle inchieste dell’Ufficio dell’ispettorato del lavoro. Un fenomeno preoccupante che ha costretto il Consiglio di Stato a emanare ben 14 contratti normali di lavoro (Cnl) con salario minimo vincolante. Bilancio in chiaro-scuro anche per la disoccupazione. Malgrado la crisi economica, il tasso di disoccupazione Seco è sceso dal 4.4% dal 2007 al 4.2% del 2014 mentre stando ai criteri dell’Ilo (Organizzazione internazionale del lavoro), che da qualche anno abbiamo deciso di pubblicare, che include anche i disoccupati non iscritti, nello stesso periodo il tassi disoccupazione è passato dal 5.5% al 6.7%. Secondo lei, con il dumping salariale i colpevoli sono i frontalieri che rubano il lavoro o chi li assume? Evidentemente chi dà il lavoro. Perché è così difficile spiegarlo ai ticinesi? La storia insegna. Abbiamo due dinamiche sociali. Da un lato, delle persone formate e con esperienza che non trovano lavoro nel loro paese. E, come farebbe ogni essere umano, cercano di trovare un’occupazione altrove. Sull’altro versante, abbiamo persone che hanno paura di perdere il benessere. Meno condivisibile invece la politica che sfrutta queste paure per raccogliere consensi. Ciò non vuol dire misconoscere i problemi, ma alimentare cinicamente, quindi coscientemente, dei sentimenti che di diffidenza per non dire ostilità verso gli stranieri, il che è politicamente grave. Il Dfe ha applicato tutte le misure di accompagnamento all’Accordo sulla libera circolazione delle persone per combattere il dumping salariale. Il risultato molto concreto sono stati 14 contratti normali di lavoro con stipendi minimi di 3mila o poco più. Restano paghe con cui è ancora difficile vivere in Ticino. I 3mila franchi sono il risultato del salario in uso. L’adozione di un Cnl è un intervento che consente unicamente di fermare il ribasso delle paghe, non di alzare i salari. Il cnl è uno degli strumenti offerti dal quadro legale delle misure di accompagnamento. Ho preferito agire adottando gli strumenti a disposizione, seppur con dei limiti, che il non far nulla. Ritiene le misure di accompagnamento sufficienti per contrastare il dumping? Dove bisognerebbe osare di più? Il Cantone ha formulato proposte per rafforzare le misure accompagnatorie. Proposte fatte proprie dal Consiglio federale e parlamento nazionale nel 2012. Altre proposte sono state elaborate anche negli anni seguenti partecipando a vari gruppi di lavoro nazionali. C’è ancora da fare in questo campo. Ad esempio, ci vorrebbero norme che rendano meno difficile il mantenimento o l’adozione di un ccl, delle soglie più flessibili sul numero di dipendenti o aziende assoggettate. È un dato oggettivo che nel paragone europeo la Svizzera ha una regolamentazione meno accentuata del lavoro. Ciò non vuol dire che sia forzatamente un male. L’iper tutela può produrre altrettanti danni. Bisogna dunque pensare al mondo del lavoro nella sua interezza, se ho un mercato del lavoro che vuole rimanere flessibile devo avere una rete sociale altrettanto flessibile e pronta a rispondere in caso di necessità. Nel bilancio degli ultimi otto anni, lei ha citato la crescita di aziende. Alcune non hanno portato grandi vantaggi. Spesso, si sente l’accusa strumentale: lo Stato cosa fa per impedire l’insediamento di ditte che versano stipendi bassi? È doverosa una premessa: viviamo in un paese liberale. Se un imprenditore avvia l’attività nel nostro paese rispettandole nostre leggi, lo può fare. Togliamo dunque questo velo d’ipocrisia. Diverso se lo Stato aiuta attivamente l’imprenditore a insediarsi. Abbiamo quindi proposto delle modifiche alla legge sull’innovazione economica, introducendo alcune condizioni che devono essere soddisfatte per rivecevere aiuti dallo Stato, consolidano e affinando la prassi bonus/malus già adottata negli ultimi anni. La Luxury goods International (Gucci) è in Ticino per i vantaggi fiscali di cui gode. La Lgi rappresenta il maggior contribuente aziendale del cantone. Da una nostra inchiesta, il lavoro logistico alla Gucci è al limite dello sfruttamento umano. Il santo vale sempre la candela? Il suo statuto fiscale s’inserisce nel campo delle opzioni offerte dal nostro sistema tributario. Dopo le denunce sindacali, le verifiche dell’ispettorato del lavoro sono partite immediatamente. Togliamo il velo d’ipocrisia anche in questo caso. La Lgi, presente in Ticino da un decennio, porta molti soldi al cantone. La tentazione di aver chiuso gli occhi in tutti questi anni può esserci stata… Certo, le entrate fiscali di Lgi sono molto significative per il cantone. Ma non possono essere il criterio per cui sacrifichiamo tutto il resto. Dopo le verifiche, l’organizzazione del lavoro alla Lgi dovrà essere conforme alla legge sul lavoro. Nell’azione di contrasto al dumping salariale, ha trovato più resistenze dal fronte padronale o sindacale? Nel complesso direi che la Commissione tripartita ha potuto svolgere il suo ruolo. Su fatti puntuali, gli interessi contrapposti sono emersi. Ad esempio, la scelta di adottare dei Cnl con salari minimi vincolanti non sempre è stata accolta positivamente. Ricordo il ricorso inoltrato al Tribunale federale da Aiti, Swissmem e da alcune aziende contro la decisione del Consiglio di Stato di adottare dei CNL nel campo della fabbricazione di computer, elettronica e ottica e per il ramo delle apparecchiature elettriche. Il Tf bocciò il ricorso dimostrando la solidità dell’impianto nella determinazione di dumping adottato dal Cantone. In altri casi è stato possibile giungere agli auspicati adeguamenti convincendo le parti interessate senza dover decidere un CNL con salari minimi. Un esempio invece difficile? Il lavoro domenicale, vedi Foxtown. Ho constatato che quando si toccano certi interessi economici, questo paese si scatena con una virulenza impressionante. Ho visto difendere delle scelte senza un riferimento legale solido da voci inaspettate. Il conflitto capitale lavoro, la guerra di classe, davvero non esiste più? Non ho una cultura marxista ma ciò non toglie che una società deve avere un suo equilibrio, che è anche premessa stessa di sviluppo economico. Le logiche di mera finanza non possono essere lasciate a briglia sciolta senza contrappesi e regole chiare da rispettare.. Deve tornare il primato della politica su certe dinamiche. La società deve stare attenta a non incrementare le disparità economiche tra i cittadini e, in particolare, non cancellare gli ascensori sociali, fondamentali alla qualità dello sviluppo della società stessa. Se il sistema educativo non premiasse i migliori indipendentemente dal loro statuto economico, sarebbe un grave errore. Le medesime basi di partenza e di percorso, non di successo, sono dei vettori fondamentali per lo sviluppo della società. Nel suo partito liberale-radicale non sono pochi quelli convinti che la società ideale sia quella del meno stato e autoregolata dal libero mercato. Condivide? Sono liberale nel sentire culturale più che partitico. Non ho mai amato lo slogan del meno Stato. Concepisco lo Stato come un’espressione degli ambiti collettivi. Lo Stato non deve essere invadente ma autorevole nella qualità e giustezza della sua presenza. Ma apprezzo evidentemente anche la vivacità della società civile. Capitolo Officine Ffs di Bellinzona. Da un conflitto molto aspro, oggi si è arrivati alla nascita del polo ferroviario. Il Cantone ha avuto un ruolo importante in questo progetto. All’inizio, fu difficile ricostruire la capacità di dialogo su fronti opposti in un clima teso. La corda si sarebbe potuta rompere più volte. Quale Stato non potevamo però accettare una visione aziendale a breve termine finalizzata a risolvere un suo problema contingente. Ci siamo dunque adoperati per gettare le premesse migliori per un futuro a lungo termine, seppur ricco d’incognite. C’è stato un ruolo attivo di politica industriale dello Stato. Sì, credo sia un suo compito creare delle condizioni per indirizzare uno sviluppo positivo. Il territorio cantonale, ad esempio, non è un bene infinito. È in dirittura d’arrivo uno studio del Dfe che dovrebbe permetterci di capire meglio come potremmo muoverci in futuro. Sarà un documento utile per chi mi succederà. Dunque non si porterà via qualche scatolone come fece la sua predecessora Marina Masoni… No. È un atto per me incomprensibile. Un cittadino non scrive a Laura Sadis, ma al capo Dipartimento. Si rivolge all’istituzione, non alla persona. Quindi non mi sognerei mai di fare una cosa simile. In pochi giorni, 400 personalità di fede politica diversa le avevano chiesto di ricandidarsi. Se lo aspettava? Più che alla persona Laura Sadis, credo sia stato un apprezzamento al modo di interpretare la politica. Confrontarsi con argomenti, nel rispetto della diversità di opinioni. Se fosse stata l’espressione di questo modo di far la politica, penso sia stato positivo. Si candiderà a ottobre per le nazionali? O davvero abbandonerà la politica? È una passione che mi ha accompagnato tutta la vita e resterà per sempre. Al momento non ho pianificato nulla. Ho semplicemente deciso di non candidarmi più ad aprile. Non credo che in politica sia opportuno avere mandati troppo lunghi. Che qualità dovrà avere il suo successore? Spero che il testimone venga preso da chi ha una passione positiva. |