Medici con le "mani legati"

Un paziente di 75 anni si reca dal suo medico perché ha notato qualche goccia di sangue nelle feci. Il medico lo visita: suppone si tratti di emorroidi. Esita, pensa ad una colonoscopia. Poi vi rinuncia. Gli prescrive delle supposte e lo congeda. Tre mesi dopo il paziente ritorna dal medico con lo stesso problema e questa volta il medico lo manda dal gastroenterologo che esegue una colonoscopia e trova un tumore del retto in fase abbastanza avanzata. Quali erano i pensieri e le remore del medico durante la prima visita? Da una parte egli sapeva che una perdita di sangue dall'ano andava chiarita fino a esclusione di possibili timori. Dall'altra, quel medico era uno di quelli che sorvegliava attentamente i costi da lui indotti, consapevole di non dover superare il limite oltre il quale scatta una procedura di ineconomicità da parte di Santesuisse che l'avrebbe potuto costringere a restituire migliaia di franchi. La colonoscopia, gli accertamenti ripetuti, le visite… avrebbero fatto salire l'ammontare del suo costo-paziente e la frittata sarebbe stata fatta. Il medico avrebbe dovuto presentarsi davanti a una commissione paritetica composta da medici e assicuratori dove gli sarebbe stata rinfacciata l'ineconomicità del suo operare e sarebbe stato condannato a pagare. È questo il caso, fittizio, illustrato in un articolo di qualche settimana fa apparso sul Corriere del Ticino a firma di Filippo Martinoli. «L'esempio citato, pur fittizio, permette di ben comprendere la situazione di disagio in cui si sono venuti a trovare i medici ticinesi negli ultimi anni ed i rischi che ne derivano per i pazienti.  Un disagio che ha spinto alcuni medici a riunirsi nell'associazione "300 medici per la libertà" a difesa della qualità delle prestazioni da loro offerte, della loro professione e del bene collettivo» afferma il dottor Pio Eugenio Fontana, presidente dell'associazione. «Dai venti medici riunitisi per la prima volta attorno ad un tavolo 3 mesi fa, oggi siamo già a 105, quasi un quarto dei medici liberi professionisti del cantone», racconta  il dottor Fontana. Una cifra a suo avviso importante che prova l'indiscussa esistenza di un problema sanitario che deve essere risolto. Un segnale di allarme, questo, cui si affianca il blocco avvenuto dei lavori della Commissione paritetica  da parte dell'Ordine dei Medici cantonale «perché ai nostri occhi questo organo non era più una sede in cui discutere serenamente i casi di ineconomicità in un'ottica di conciliazione. Era diventata un'istanza di rimborso perché i medici, che pur essendovi rappresentati non ricevevano nessuna informazione», giustificò a suo tempo Franco Denti, presidente dell'Ordine.


"Si è tentata una via. Sbagliata"

Quello descritto nell'articolo sopra è il contesto  ticinese caratterizzato da una grande preoccupazione da parte dei medici del Canton Ticino sul futuro del loro buon operare e dalle ansie dei pazienti timorosi di non vedersi effettuare necessarie analisi. Attualmente è in corso una fase di "trattative". I medici, come visto, sono piuttosto fiduciosi. Ma Santesuisse è davvero disposta a collaborare?

Olivio Lama perché in Ticino è stata messa in atto questa politica di rigidi controlli?
Dal punto di vista legale siamo obbligati a verificare che le cure siano erogate secondo il principio dell'economicità. La nostra è semplicemente stata l'interpretazione di una legge. Stabilirne i limiti in assenza di giurisprudenza è sempre un po' delicato: noi ci abbiamo provato e in base ad essa stabilito dei limiti entro cui rientrare.
I limiti posti in Ticino sembrano comunque i più severi del paese tanto che si è parlato di "caso Ticino". Come mai?
Possiamo dire che il Canton Ticino ha interpretato la normativa (art.56 Lamal, ndr) in modo molto puntuale proprio perché sappiamo che i premi pagati nel nostro cantone sono i più elevati di tutta la Svizzera. Il nostro intento era quello di capire questo fatto e capire se vi era una possibilità di correggere alcune evoluzioni dei costi riducendo ad esempio prestazioni eccessive erogate da certi medici o altri operatori sociali.
Quando l'associazione "300 medici per la libertà" ha sollevato il problema dei controlli severi, la vostra sede centrale è rimasta molto sorpresa. Perché non ne avevate fatto parola con i vostri superiori centrali?
A livello nazionale si possono definire alcune strategie, alcune priorità poi i singoli segretariati possono tentare altre vie. I segretariati locali hanno una certa indipendenza.
Molti medici denunciano il fatto che la pratica da voi usata per "riportare il Ticino nella media nazionale" (come disse Giampaolo De Neri, ex presidente di Santesuisse chiamato proprio a trattare la questione dell'ineconomicità) fosse a rischio per la salute del paziente cui non venivano somministrate le cure necessarie...
Questo è assolutamente falso. Il nostro problema principale è infatti quello di garantire la qualità delle cure fornite. Siamo convinti anche che il problema dell'ineconomicità passa anche e soprattutto dalle cure, cure che devono avere un inizio e soprattutto una fine. Casi di pazienti mantenuti in sospeso, dunque pazienti non guariti non portano a una diminuzione dei costi bensì ad oneri ben più elevati. Quello che possiamo constatare in Ticino è una diversa mentalità rispetto a certe regioni della Svizzera con prestazioni che vengono fatte a pazienti che le richiedono senza valutarne realmente la necessità. Abbiamo delle statistiche che provano che le cure vengono effettuate in maniera più che proporzionale rispetto al resto della Svizzera. E la popolazione ticinese non è più malata delle altre...
Lei dunque nega che ci siano casi di pazienti, anche gravi, con tumori o altre malattie, non curati da medici timorosi di sforare nei costi, nelle ore?
Nego assolutamente questa cosa. Questa è una strumentalizzazione da parte del corpo medico che ha approfittato dello spazio concessogli dai media con scarso rispetto dei pazienti.
Non ci sono casi come quello citato?
Non più che altrove.
Discutendo con il presidente dei "300 medici per la libertà" è apparso un certo ottimismo nei confronti di una collaborazione trasparente tra l'operato medico e il vostro. Concretamente voi fino a che punto siete disposti a collaborare?
Il nostro obiettivo è quello di fare emergere i casi eclatanti affinché vengano perseguiti. Perché ci sono delle azioni che sono sfuggite ad ogni ragione. In questo senso tutte le procedure basate sull'ineconomicità sono una comunicazione che parte verso il medico in attesa che lui si spieghi, che esponga le sue ragioni. Già questo è un ricercare il contatto, contatto basilare tra partner. La collaborazione che intendiamo instaurare ora è la messa a punto di una commissione paritetica – cosa che avverrà a giorni – (i cui lavori sono stati sospesi dall'ordine dei medici, vedi articolo in alto, ndr) i cui lavori potranno ripartire dal presupposto essenziale di reale collaborazione tra le parti in gioco. La commissione è infatti composta in parti uguali da medici e assicuratori.
Collaborare con i medici, ascoltare le loro ragioni e il malessere oggi da loro sentito, riorganizzarvi al vostro interno significa ascoltare la voce della sede centrale di Santesuisse, o ammettere che in un certo senso il vostro operato aveva sorpassato un poco i limiti consentiti?
Significa entrambe le cose. La giurisprudenza in materia di ineconomicità è abbastanza povera, noi abbiamo tentato delle strade che poi si sono rivelate non percorribili. Ora si tratta di riorientare l'agire dei segretariati, con un coordinamento a livello svizzero più o meno sviluppato, un compito che spetta in primo luogo alla direzione centrale. Intanto la prossima tappa, a giorni, sarà la costituzione della nuova Commissione paritetica.

Pubblicato il

23.11.2007 02:30
Fabia Bottani