Marcello stava sulle barricate

di Silvana Calvo

È uscito presso l'editore Zamorani di Torino "Il mondo di Marcello", un libro molto utile a chi desidera conoscere e riflettere su quello che è stato il movimento giovanile e politico che ha caratterizzato la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70. Chi ha vissuto in prima persona quell'epoca ne ritroverà il profumo, le speranze, gli slanci, gli entusiasmi, la generosità, la voglia di coerenza, insieme alle inquietudini e ai dubbi  che pure non mancarono in fondo agli animi neppure in quella stagione eccezionale.
Coloro che allora non c'erano scopriranno un mondo molto più ricco e complesso di quanto immaginavano. In questo saranno aiutati da un testo scorrevole e avvincente nonché dalla riproduzione di moltissimi documenti: fotografie, pagine dei giornali di lotta, volantini, manifesti, vignette politiche, lettere aziendali e rapporti di polizia. Non mancano neppure le copertine dei libri che, più che letti, furono "divorati" dalla generazione del '68.
Ma ancora più illuminanti risulteranno le parole del ragazzo di allora, Marcello appunto, capaci di trasmettere in modo diretto, senza mediazioni, i sentimenti e le sensazioni di allora. Marcello, morto in un incidente stradale nel 1976, ma fatto rivivere da chi ha condiviso con lui intensi momenti di lotta, e ha voluto che il ricordo della sua umanità piena di slanci e di estrema coerenza non andasse perduto, e da chi, pur non avendolo mai incontrato, ha ritenuto che conoscerlo profondamente significava arricchirsi dentro.
Ne abbiamo parlato con Fabio Levi, professore presso il dipartimento di Storia contemporanea dell'Università di Torino, che del libro, insieme a Alice Rolli, è l'autore.

Fabio Levi, a chi è diretto "Il mondo di Marcello"?
Il libro è stato concepito per stare in mano a una ragazza o a un ragazzo di oggi che voglia immedesimarsi con un coetaneo di trenta e più anni fa, quando era tempo per molti di scontrarsi con la generazione dei propri genitori e, nel mondo intero, si agitava l'onda lunga del sessantotto.
Di che si tratta esattamente?
Oggetto del racconto è il mondo di Marcello, descritto attraverso una rapida sequenza di piccoli frammenti documentari e illuminato da brevi riferimenti alla storia del momento: esso si estende dall'Italia delle leggi contro gli ebrei del 1938 all'Argentina di Peròn e, poi, dei desaparecidos, passando per Londra, la Tunisia e la Calabria. Ma il suo centro è la Torino della lunga stagione che vede sollevarsi prima gli studenti e poi gli operai ammassati in città dalle smodate esigenze produttive della Fiat.
Chi è Marcello, il protagonista del libro?
Lui, Marcello Vitale, è un ragazzo di buona famiglia, intelligente, determinato. Partecipa alle lotte nella sua scuola e all'esperienza politica di Lotta Continua. E' fra i pochissimi militanti di origine borghese a decidere, nel '73, di andare a lavorare in fabbrica – alla Cromodora – per condividere la realtà esistenziale e le speranze della classe operaia. È orgoglioso di conquistare giorno dopo giorno una vita diversa, interpretando in modo originale le idee che si vanno diffondendo fra molti della sua generazione. Gli piacciono la musica, la matematica e vive con Roberta le gioie e le difficoltà di un modo più libero di misurarsi con le cose di tutti i giorni.
Come avete strutturato il libro?
La storia è condotta secondo un doppio registro. Il primo è quello dei fatti e delle reazioni, delle sensazioni, dei pensieri che quei fatti suscitano nel protagonista. È infatti lui quasi sempre a parlare in prima persona, attraverso gli appunti, le lettere, gli articoli scritti momento per momento. Il nostro compito, il mio e quello di Alice Rolli, è stato quello di comporre le varie tessere documentarie – comprese molte immagini e un buon numero di riproduzioni fotografiche di testi coevi – in un percorso agile e capace, per quanto possibile, di rendere il clima di vaste trasformazioni nella vita delle persone e di straordinarie passioni venutosi a determinare fra la fine degli anni '60 e la prima metà dei '70.
Come vi siete posti di fronte al vostro lavoro?
Abbiamo cercato di armonizzare i miei ricordi e la mia esperienza diretta e il punto di vista di Alice Rolli: io ero un giovane di allora che a quegli eventi aveva partecipato – oltre tutto a un passo da Marcello – e Alice Rolli è una ragazza che ha poco più di vent'anni oggi e, proprio per questo, è portata a interrogarsi con particolare sensibilità sulla realtà esistenziale e sulle motivazioni dei suoi coetanei di trent'anni fa.
Come avete ricreato il mondo che era di Marcello ma anche di tanti giovani che si sono mobilitati per "cambiare il mondo"?
Dicevo di un doppio registro. Il secondo è quello della storia, intesa non solo come sforzo di contestualizzazione: l'intento dei raccordi redazionali fra un documento e l'altro, ma soprattutto delle brevi introduzioni ai capitoli è infatti quello di stabilire un ponte fra il lettore di oggi e l'esperienza di allora, di aprire dei canali di comunicazione puntando, più che sugli aspetti strettamente politici delle vicende del sessantotto, sulla dimensione esistenziale. La ricostruzione storica infatti è prima di tutto tentativo di comprensione, impegno alla mediazione fra realtà diverse e lontane fra loro nel tempo.
Quali sono gli interrogativi che scaturiscono da una storia come questa?
È significativo in questo senso che la distanza fra chi allora era ragazzo e i ragazzi di oggi non è molto diversa, quanto a dimensioni, dallo scarto fra i protagonista dei movimenti di trent'anni fa e i loro genitori, contro i quali essi scatenarono una critica radicale e senza sconti. E già in questo sta uno degli interrogativi suscitati quasi naturalmente dal libro: che significato assume, alla luce dei rapporti attuali fra genitori e figli, lo scontro generazionale manifestatosi allora? Quanto di esso può essere inteso oggi? Come quello scontro ha influito sull'evolversi delle vicende successive?
Cosa vi augurate che il libro possa suscitare nei lettori?
L'incrocio fra punti di vista diversi potrebbe costituire l'aspetto forse più produttivo di un libro come "Il mondo di Marcello". A rivivere le vicende spesso difficilmente comprensibili oggi di un ragazzo di quegli anni – è ad esempio quasi inconcepibile nella realtà attuale che si potesse andare a lavorare per scelta, otto ore al giorno, alla cromatura dei paraurti in un'officina infernale – sorgono uno dopo l'altro innumerevoli interrogativi. Così in un caso ha chiesto qualcuno dopo aver letto il libro: alla luce di quanto è successo poi, come era possibile che giovani colti e intelligenti potessero innamorarsi di utopie destinate a rivelarsi alla fine tanto distanti dalla realtà o addirittura capaci di produrre gravissimi stravolgimenti delle intenzioni iniziali? Che rapporto avevano quelle utopie con la vita concreta dei giovani impegnatisi così numerosi nel tentativo di cambiare il mondo? Quei tentativi possono essere ricondotti a una matrice comune o proprio l'attenzione ai percorsi individuali ci aiuta a cogliere l'ampiezza delle potenzialità innovative cui essi caso per caso rinviavano?
E le risposte a queste domande, quali sono?
Il compito di rispondere va affidato piuttosto a chi, proprio rivivendo una storia come quella di Marcello Vitale, è portato per forza di cose a interrogarsi e a interrogare chi allora c'era, magari costringendo quel lui o quella lei a ripensare da un punto di vista diverso la propria esperienza di gioventù. Perché in definitiva l'intenzione con cui il libro è stato concepito e realizzato era proprio quella di favorire l'incontro e il dialogo fra persone di generazioni diverse: fra figli e genitori o fra docenti e allievi in un'aula scolastica o fra altri ancora; quella insomma di offrire un modo per scambiare, insieme a delle pagine scritte, uno sguardo differente sulle cose.

Pubblicato il

12.01.2007 04:00
Silvana Calvo