Mamma li giovani che paura!

Gli atti di vandalismo ad opera di giovani a Locarno, Bellinzona e in altri centri del Cantone, l’aggressività scatenatasi in talune occasioni, stanno disorientando la comunità. Disorientamento che ha portato a Locarno, come a Poschiavo, alcuni cittadini ad invocare, tra le misure repressive, il coprifuoco per i minorenni. Ma alcune di queste misure già messe in atto, quali gli interventi delle forze dell’ordine (l’irruzione della polizia nel bar Panda di Mendrisio ha suscitato non poca eco: si veda riquadro), hanno sortito reazioni contrapposte: giudicati appropriati da una parte dell’opinione pubblica e spropositati, dall’altra. Ma cosa sta succedendo? Davvero i giovani stanno diventando sempre più scalmanati, aggressivi? «Se andiamo a leggere questi fenomeni – riflette Matteo Ferrari, per otto anni membro della Commissione federale della gioventù – sull’arco di 30/40 anni, vediamo come i più giovani solo dagli anni Sessanta vengano considerati un soggetto sociale, sia in positivo che in negativo (spesso si è parlato dei giovani solo in occasione di contestazioni, devianza). Oggi la loro presenza si nota: sono in mezzo a noi, girano da soli, non sono più sotto l’egida delle famiglie». Ma la loro è una presenza guardata spesso con sospetto: i fatti degli ultimi periodi rimandano l’immagine di gruppi di giovani che sfogano il loro disagio con atti violenti, sfregiando o distruggendo la cosa pubblica. Stiamo dunque assistendo ad un’esasperazione del fenomeno? «Personalmente – afferma Ivano Beltraminelli, comandante della Polizia comunale di Bellinzona – non trovo sia in atto un’escalation in questo senso negli ultimi anni, piuttosto l’impressione è quella di un’esasperazione da parte dei media che talvolta danno eccessivo risalto a certi episodi enfatizzandoli. Non nascondo che il problema sussiste ma la sua portata non è drasticamente più grave di quanto non lo fosse in passato. Ricordo che nelle feste campestri giravano botte da orbi ma a nessuno veniva in mente di ricamarci sopra chissà quali teorie catastrofiche. È chiaro che come corpo di Polizia a noi spetta il compito di intervenire prima che le cose si esasperino, di prevenire con la nostra presenza il degenerare di talune situazioni». Per Matteo Ferrari ciò a cui si sta assistendo a livello giovanile non è altro che un riflesso di quanto avviene ad altri livelli: «La società è diventata più aperta e globale, ha portato a più varietà di stili di vita ma anche a maggior solitudine. In questa società tutto è spersonalizzato e delocalizzato. Compriamo le cose e non sappiamo da dove vengono; talvolta non abbiamo idea di quale sia lo scopo del nostro lavoro, sottoposto a logiche più grandi di noi. Tutto il mondo è diventato periferia: non esistono più quelli che un tempo erano la “tua” posta, il “tuo” negozietto: oggi tutto si confonde nell’anonimato ed è più facile spaccare tutto quando non hai alcun rapporto con ciò che ti circonda. I giovani rappresentano i fermenti di cambiamento e in questi cambiamenti c’è anche la ricerca delle emozioni intense». Viviamo insomma in una società adrenalinica dove la ricerca dello stimolo sempre più forte contagia anche i più giovani. «È chiaro che distruggere – continua Ferrari – produce molta più adrenalina che costruire. Non meravigliamoci se i più giovani cercano di provare emozioni intense: sono bombardati da messaggi che li inducono ad andare in quella direzione». Ed è questa la parola che fa paura: distruzione. S’invoca più repressione e, a Locarno (come a Poschiavo), il coprifuoco. «Ci sono in questo senso – ricorda Ferrari – delle posizioni diametralmente opposte. Dallo scorso febbraio è pendente in Consiglio di Stato un messaggio che propone di estendere alle 23 l’orario entro cui i giovani al di sotto dei 16 anni possono sostare non accompagnati negli esercizi pubblici». Una mossa da parte del Governo non certo atta ad incoraggiare i minorenni alla frequentazione dei locali pubblici, piuttosto si tratta di «un’indicazione che sta a significare come si stia prendendo atto che i più giovani comunque frequentino gli esercizi pubblici più di quando non sia previsto dalla legge. Credo che proporre un coprifuoco sia un controsenso. Si rimanda il problema esclusivamente ai genitori e non si tiene conto del fatto che se questi giovani vanno in giro di notte è proprio perché i genitori non riescono più a tenerli in casa», afferma Ferrari. Anche il comandante Beltraminelli sembra propendere per un atteggiamento di buon senso: «È vero, oggi vi sono sempre più minorenni confrontati col problema dell’alcol ma credo che il “coprifuoco” esista già in ogni famiglia che stabilisce dove fissare l’asticella delle libertà da concedere. E laddove la famiglia viene a mancare anche noi agenti siamo chiamati a svolgere il nostro lavoro di prevenzione. Il problema è che spesso la nostra presenza viene percepita dai giovani come provocatoria, repressiva e questo rende difficile il lavoro a cui siamo chiamati, che è quello di far rispettare regole stabilite dalla comunità». Coprifuoco, misure repressive tout court rischiano di coprire un problema che, anche se occultato, non cesserà per questo di esistere. «Di fronte a questi cambiamenti – dice Ferrari – la risposta può essere di chiusura o di accettazione. Cercare di accettare i nuovi fenomeni, anche con i problemi che essi comportano, può condurre a momenti di crisi ma aiuta a capire e a dare risposte costruttive». Risposte che invece parte della gente vorrebbe venissero tradotte in repressione, in isolamento di questi giovani che se riuniti in branco fanno paura. «La petizione lanciata a Locarno è chiaramente conservatrice – continua Ferrari – ma se non altro ha il pregio di riconoscere che i più giovani hanno comunque la necessità di spazi, di centri per loro. Certo le loro proposte parlano di spazi condotti da animatori, controllati, che finiscono col marginalizzare ancora una volta i giovani. In generale sta crescendo la consapevolezza che la casa non basta più per i più giovani, che anche loro vogliono ritrovarsi fuori dalle mura domestiche, avere luoghi di aggregazione, meno genitori alle spalle».

Pubblicato il

09.01.2004 02:00
Maria Pirisi