Maggio '68-maggio 2008. La Francia ricorda e celebra il "joli mai" con una profusione di trasmissioni, libri, pagine speciali, mostre e dibattiti. Ma anche con un richiamo all'attualità: questa settimana, giovedi' i liceali saranno in piazza assieme agli insegnanti per la nona manifestazione consecutiva contro i tagli alla scuola imposti dal ministro dell'Educazione, Xavier Darcos. C'è chi evoca o spera un "nuovo '68", anche come risposta all'attacco di Nicolas Sarkozy: poco prima di venire eletto all'Eliseo, in campagna elettorale, l'attuale presidente aveva ingiunto che era arrivato il momento di «liquidare il '68».


Per Sarkozy, il '68 è l'origine di tutti i mali: crisi della famiglia, della scuola, dell'autoritarismo, della nazione e, più soprendentemente, anche del "denaro re", del "cinismo", della "contestazione di tutti i punti di riferimento etici" e, addirittura, "dei padroni delinquenti", cioè degli industriali che scappano con la cassa e lasciano sul lastrico gli operai. Sarkozy, in realtà, non ha fatto che riprendere una tesi molto diffusa negli Usa, che accusa gli anni '60 di tutti i mali. «Un'americanizzazione della memoria del maggio francese» afferma la storica statunitense Kristin Ross.
Ma un sondaggio dell'istituto Csa, pubblicato martedì dal quotidiano L'Humanité, si incarica di riportare il dibattito in Francia: per il 78 per cento dei francesi, il '68 rappresenta «un periodo di progresso sociale» (e solo per il 16 per cento fu «un declino»). Per il 62 per cento oggi sarebbe possibile che si scatenasse un movimento di eguali dimensioni (il 58 per cento degli operai e il 53 per cento degli impiegati lo auspica). Tra le conquiste del '68 – o almeno tra le sue aspirazioni che hanno «fatto avanzare le cose piuttosto nel buona direzione» – i francesi di oggi mettono in testa l'eguaglianza uomo-donna, la protezione sociale, i diritti sindacali, la promozione dei giovani, la modernizzazione della famiglia e dei costumi. Meno entusiasmo, invece, per la pedagogia scolastica e per la vita politica, che è migliorata comunque per il 54 per cento. Nel dialogo che, malgrado tutto, si è stabilito tra Sarkozy e Daniel Cohn-Bendit, il parlamentare europeo Verde che resta il personaggio più noto del Maggio afferma che l'attuale presidente è, anche senza volerlo, un'espressione della rivoluzione del '68: mai in Francia prima del '68 avrebbe potuto essere eletto un presidente divorziato due volte che, per Cohn-Bendit, è molto meno conservatore di lui stesso poiché, spiega, ha «dei figli di diverso letto».
È la seconda volta che il maggio viene celebrato con tanta forza in Francia: già dieci anni fa, nel trentennale, c'era stato un ritorno di fiamma, mentre nei primi due decenni era stato ricordato con molta discrezione. «Ogni volta– afferma Vincent Cespedes, un giovane filosofo autore di un libro sul '68 – ci si chiede se il maggio è stata una rivoluzione culturale riuscita o una rivolta politica fallita». Nelle interpretazioni che vanno per la maggiore nel quarantennale, resta la dicotomia tra chi interpreta il Maggio soprattutto come "rivoluzione culturale" e chi invece lo vede come un movimento sociale. La prima interpretazione è soprattutto quella dei protagonisti di allora, che, a cominciare da Cohn-Bendit, pubblicano una serie di libri di ricordi. La seconda è invece quella della sinistra radicale attuale e dei più giovani studiosi. Circola anche una petizione: «Maggio '68, non è solo un inizio: è un'attualità urgente». Antoine Détourné, presidente del Movimento dei giovani socialisti, riassume così l'attualizzazione del '68: «la nostra generazione non guarda al Maggio '68 come a un'età d'oro, di cui dovrebbe far fruttificare non si sa bene quale eredità. Guarda verso l'avvenire, pur essendo troppo sovente ostaggio del quotidiano. Non cerca di imitare, ma di resistere, costruire e inventare. Poco romanticismo, ma lotte forti: per il diritto alla casa, contro il precariato, per l'eguaglianza di accesso al sapere e alla cultura, per le libertà digitali. E' forse sotto questi aspetti che conserva di più lo spirito del Maggio '68, uno spirito di liberazione, di cambiamento. Contestare un ordine ingiusto, riconciliare riforme a breve termine e ambizioni di trasformazione sociale e democratica a lungo termine». Il ricordo del Maggio '68, inevitabilmente, comporta dei paragoni. La portavoce di Lutte ouvrière, Arlette Laguiller prevede che «se continua così, ci sarà un'esplosione sociale». Per Laguiller, «non è ancora un movimento complessivo, ma ci sono molte lotte, un po' come nel '67, qualche mese prima del '68». I liceali che protestano in questi giorni restano però perplessi sui paragoni con il '68. «Maggio '68-maggio 2008 – ha detto un liceale a una recente manifestazione– è un parallelo che puo' valere per dei giovani molto idealisti, forse. Ma la nostra lotta è molto concreta, non ha nulla a che vedere con i sogni. Non lottiamo per le stesse cose del '68». C'è la violenza, presente allora – anche se nel Maggio non ci furono morti negli scontri tra studenti e polizia – che i giovani oggi rifiutano. C'è la consapevolezza che il mondo è cambiato, in peggio, che la società è più dura oggi che allora. Oggi, i giovani sottolineano che allora c'era la piena occupazione, che c'era una leggerezza che oggi non esiste più. Per quanto riguarda i lavoratori, i sindacati sono deboli, ma ci sono numerose lotte in corso, ma il padronato ha il coltello per il manico per imporre la riforma del contratto di lavoro (che permette il "licenziamento consensuale", come un divorzio). Per il momento manca un catalizzatore. Ma, come si è visto nel 2006 con la lotta contro il Cpe (Contrat première embauche), la volontà di resistere allo smantellamento dei diritti in corso permane. In Francia più che altrove, perché il nucleo centrale della società è meno sfarinato che in altri paesi, e l'erosione delle solidarietà ai margini ha già mostrato il suo volto più tragico, con le rivolte senza parole delle banlieues.

Pubblicato il 

16.05.08

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