Ma quale tortura

Secondo la Frankfurter Allgemeine Zeitung (Faz), le misure accompagnatorie della Svizzera sono «strumenti di tortura». Cosa spinge questa solitamente sobria testata, voce dell’economia tedesca, a fare un paragone tanto folle? Chi è che viene torturato con  elettroshock e aghi roventi? Sono gli imprenditori del Sud della Germania che vogliono operare in Svizzera con lavoratori distaccati. Per questo devono versare una cauzione. Come fanno milioni di inquilini, in Svizzera come in Germania. Le aziende devono anche programmare e annunciare l’impiego di manodopera con 8 giorni di anticipo. Non è normale per i padroni pianificare il lavoro quando si recano per 3 o 4 settimane all’estero con una squadra di mediamente 5 operai? È ridicolo definire questo paio di regole come «strumenti di tortura». Eppure sono l’elemento centrale degli attacchi dei lobbisti tedeschi contro la protezione dei salari in Svizzera (articolo a pagina 15). E dei conflitti con l’Unione europea.


Ma le misure di accompagnamento non possono essere tanto cattive. Un sondaggio dell’associazione padronale mantello degli artigiani del Baden-Würt-
temberg dimostra difatti che il primo Paese di destinazione dei lavoratori distaccati è la Svizzera: qui fanno un fatturato che supera 1 miliardo di euro. Evidentemente le regole del mercato del lavoro svizzero non rappresentano un impedimento. Ma sono fastidiose. In ogni caso per coloro che non vi si attengono. A fare un po’ male sono sicuramente le multe che prendono quei padroni tedeschi che violano le regole sui distaccati. E molto male fa finire sulla lista nera o essere banditi dalla Svizzera. Una sorte che annualmente tocca centinaia di imprese tedesche. Per essere escluse devono però aver praticato forme gravi di dumping. La Faz solidarizza con loro quando parla di «tortura»?


E che ne è degli operai che fanno tutto il lavoro e alla fine vengono traditi? Ci se ne infischia? È molto semplice: gli imprenditori nelle loro fatture applicano volentieri prezzi svizzeri, ma dimenticano che dovrebbero anche corrispondere salari svizzeri ai loro dipendenti distaccati. E cosa fa il ministro degli esteri Ignazio Cassis? Invece di opporsi a questo modello aziendale tedesco basato sul dumping, preferisce attaccare i sindacati elvetici e sacrificare la protezione dei salari.

Pubblicato il

07.11.2019 09:51
Roland Erne
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