Ma la legge non viene applicata

Vincenza Guarnaccia lavora all’Aiuto Aids Ticino. Col mondo della prostituzione ha a che fare fin dal 1996, quando le prostitute sul territorio cantonale erano ancora “invisibili” anche se di gran lunga più numerose di oggi (1’000 secondo la prima statistica della polizia del 1999). Nell’ufficio in via Bagutti a Lugano ci accoglie mentre è al telefono, un collaboratore le sta chiedendo consiglio per una ballerina di night, quelle con permesso L (vedi box sopra), che è stata ingiustamente licenziata. “Vi tocca anche fare da sindacato?”. «Non proprio, ma le problematiche di queste persone sono davvero tante», dice Vincenza. Una matassa intricata quella della prostituzione in Svizzera in cui cozzano leggi diverse. Primo scontro fra tutti quello della legge federale sulla dimora e sul soggiorno – o in generale la politica d’immigrazione – che non permette agli stranieri di lavorare in Svizzera a meno di ottenere dei permessi speciali. La prostituzione è legale, ma è un lavoro. Un gatto che si morde la coda quindi, ma anche uno scontro giuridico che diventa l’intercapedine entro la quale agiscono coloro che dal business della prostituzione fanno affari d’oro «ci sono sia personaggi locali ma anche sempre più influenze esterne», dice Vincenza Guarnaccia. Come se ciò non bastasse, in Ticino la legge sull’esercizio della prostituzione – del 25 giugno 2001 – sancisce l’obbligatorietà di annunciarsi alle autorità per la pratica della prostituzione. «In questo modo l’illegalità è diventata doppia. Prima eri illegale in quanto lavoravi in Svizzera senza permesso, ora in più eserciti impropriamente il mestiere della prostituzione poiché non ti sei annunciato. Una parte consistente degli articoli della legge sono diventati strumenti repressivi a disposizione delle autorità, prova ne è che i decreti di accusa e le espulsioni sono aumentati. La stampa attacca spesso questa legge o parla del fallimento dell’albo delle squillo, ma a mio avviso non tutto è da buttare via e spiegherò il perché…», dice l’operatrice sociale. Aiuto Aids ha messo in piedi, di propria iniziativa, il programma Primis. Vi lavorano tre mediatrici – in totale arrivano ad un 50 per cento di lavoro – che si recano di persona nei postriboli e night ticinesi. «Lo scopo è quello di sensibilizzare le ragazze sotto un profilo igienico-sanitario – dice l’intermediatrice di lingua russa –, ma in realtà ci troviamo ad affrontare problemi di ogni genere. Ci sono ragazze che sotto pressione dei clienti, del guadagno o dello stress di dover pagare l’affitto giornaliero della camera (100 franchi al giorno per un monolocale ci ha detto una ragazza, ndr) decidono di offrire le loro prestazioni sessuali senza protezione. Poi disperate si rivolgono a noi perché rimaste incinte. Oppure ancora le ragazze che lavorano nei night, che subiscono spesso il ricatto di essere licenziate e quindi rimandate al loro paese. In questo modo vengono tenute al guinzaglio dai gerenti che non si fanno scrupoli a buttarle in strada senza un tetto. Episodi? Non ho voglia di raccontarli, in questi anni ho costruito un muro a queste storie di miseria e disperazione, altrimenti sarei crollata. Una cosa però voglio dirla, per noi è più facile entrare nei bordelli che non nei night dove di solito non ci fanno mettere piede nel locale. Inventano le scuse più assurde e non mancano gli atteggiamenti aggressivi». Per Vincenza Guarnaccia la soluzione “utopica” sarebbe quella di dare il permesso di esercitare liberamente la prostituzione scappando così allo sfruttamento, sia di clienti che di papponi. «Ma è un’utopia molto grossa perché tocca la politica d’immigrazione. Ciò che finora non è stato detto è che la legge del 2001 prevede anche che il Cantone, attraverso enti sociali designati fornisca aiuto alle persone nella condizione di sfruttamento. Finora non è stato ancora ufficializzato niente…». Il perché di questa mancanza l’abbiamo chiesto al “padre della legge”, il Consigliere di Stato Luigi Pedrazzini. Luigi Pedrazzini* che bilancio trae dopo tre anni dall’entrata in vigore della legge cantonale sull’esercizio della prostituzione? Devo premettere che la legge è uno degli strumenti adottati dal Cantone nel 2000 per fronteggiare una situazione che era diventata insostenibile sotto diversi aspetti. Ritengo che nell’insieme – quindi legge compresa – le misure adottate hanno permesso di migliorare la situazione sotto il punto di vista della criminalità legata all’esercizio della prostituzione, delle condizioni igieniche di esercizio della prostituzione e di ordine pubblico (disturbi recati dalla presenza della prostituzione). Sono però anche consapevole che non siamo ancora riusciti a riportare il fenomeno entro livelli quantitativamente accettabili, e a escludere lo sfruttamento della prostituzione. Non ha pure finora funzionato la strategia con la quale, attraverso l’annuncio alla polizia, si voleva portare l’esercizio della prostituzione fuori dalla clandestinità anche per meglio tutelare le persone che la esercitano. Nella legge del 2001 c’è un articolo che riguarda l’aiuto alle persone nella condizione di sfruttamento. Glielo leggo: «le persone dedite alla prostituzione in Ticino possono rivolgersi gratuitamente ad enti designati dal Consiglio di Stato che prestano loro consulenza di natura sociale, sanitaria e legale per aiutarle ad uscire dalla condizione di sfruttamento». Eppure finora non sono stati nominati questi enti...come mai? È vero: finora questa norma non è stata applicata. Il progetto di risoluzione è già pronto, ma dal momento che ha delle conseguenze finanziarie ho deciso di subordinarne la presentazione al Governo a un riesame di tutta la problematica a opera del gruppo di lavoro che aveva a suo tempo presentato il progetto di legge. Proprio in relazione ai problemi indicati in precedenza, ho infatti deciso di sottoporre l’applicazione della legge a un monitoraggio per proporre eventuali cambiamenti, rispettivamente per abbandonare norme che non hanno dato l’esito sperato. Per Luigi Pedrazzini la prostituzione è un bene o un male? Al di là del suo funzionamento, già il fatto che ho difeso in Gran Consiglio la legge dimostra che il mio approccio al problema non è principalmente etico, bensì politico. La prostituzione è una realtà (si parla del più vecchio mestiere del mondo…). Al di là del fatto che uno possa essere più o meno d’accordo con la vendita di prestazioni sessuali, tutti dovrebbero per lo meno concordare sul fatto che la persona deve essere nelle condizioni di scegliere liberamente. La prostituzione è sicuramente un male quando è provocata da terze persone, con la forza, con l’inganno, con la pressione psicologica ed è sicuramente un male quando diventa la scelta di chi non ha speranza per le miserabili condizioni in cui è costretto a vivere. Qual è “l’utopia di Pedrazzini” per risolvere il problema della prostituzione in Ticino? Se avessi in tasca la soluzione l’avrei già proposta. Io penso che dovremo continuare a muoverci con i differenti strumenti esistenti, e valutare altre possibili misure che possono passare da un accertamento fiscale più severo (soprattutto per colpire lo sfruttamento materiale) a una regolamentazione della pubblicità, da un miglioramento del sostegno alle persone che operano nel mercato ad un’intensificazione della collaborazione internazionale per colpire le organizzazioni criminali. E l’utopia? Rimane valida l’idea di portare l’esercizio della prostituzione fuori dalla clandestinità, anche se la sua realizzazione è resa difficile da altre leggi che, in definitiva, inducono chi esercita la prostituzione a non dichiararsi.

Pubblicato il

29.10.2004 03:00
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