Purtroppo mi tocca sempre fare la cassandra anche se di natura sarei piuttosto ottimista e allegro. Il fatto è che le notizie che giungono dal territorio sono poco incoraggianti. Oggi ne segnalo due. A Besazio la multinazionale Hugo Boss sa intende costruire un centro direzionale di 26 mila metri cubi in un bel prato situato in zona agricola, ai piedi del Monte San Giorgio, entrato recentemente a far parte del patrimonio mondiale dell’Unesco. Vale la pena di leggere la lucida intervista rilasciata a “Solidarietà” da Eugenio Zippilli, presidente dell’Associazione degli amici del Parco della Montagna. Sembra che il Cantone, pur cosciente del fatto che il futuro insediamento sarà in contrasto col Piano direttore cantonale e col Piano dei trasporti del Mendrisiotto, sarebbe pronto a contraddirli entrambi nel nome dello sviluppo economico e della creazione di posti di lavoro (si parla di circa 250). Ho sentito dire che il progetto architettonico sarebbe di buona qualità. Bene. Ma è però legittima una domanda. Quando mai la buona qualità architettonica ha risarcito una pesante perdita di spazi e valori naturali? Certo, questo poteva essere vero in tempi molto lontani, quando le sottrazioni territoriali da parte delle città erano piccole e lentissime; quando si tracciavano le nuove mura con l’aratro trainato dai buoi e si traevano gli auspici dal volo degli uccelli; oppure quando un principe illuminato ordinava una nuova addizione alla sua città mobilitando artigiani provetti, sapienti e poeti. Ma oggi! Altro che buoi e volo degli uccelli e sapienti e poeti. Anche le più belle architetture sono precedute da scavi bestiali e dalla devastazione totale della cotica terrestre con tutto quello che contiene di vita vegetale ed animale; e sono accompagnate da consumi enormi di energia per produrre i materiali, per trasportarli, elevarli, montarli, per eliminarne gli scarti, e così via. Sono tutte ragioni serie per indurre chi di dovere a riflettere cento volte prima di autorizzare nuove espansioni edilizie su terreni sinora non edificati. Ed ora la seconda notizia poco allegra. L’imprenditore di successo Silvio Tarchini farà demolire tra breve l’ex deposito dell’Usego a Rivera, costruito nel 1953 su progetto di Rino Tami. Scomparirà così un altro edificio esemplare dell’architettura moderna nel Cantone Ticino. Gli toccherà la stessa sorte toccata alla stazione della funivia di Orselina, degli architetti Peppo Brivio e René Pedrazzini, abbattuta qualche anno fa da personaggi illustri della politica, dell’economia e dell’architettura nel nome di una rinascita economica e commerciale che fa del resto una gran fatica a manifestarsi. Sembra che il proprietario del deposito Usego abbia esatto dieci milioni di franchi dallo Stato (peraltro in ben altre gravi difficoltà) per cedergli l’edificio. E lo Stato, per quel prezzo, ovviamente non ce la fa. Questi eventi suggeriscono qualche considerazione. La famosa e da taluni lodata città diffusa ha due brutti caratteri: il primo è quello di crescere in modo inarrestabile, secondo direzioni e in momenti del tutto imprevedibili; il secondo è quello di divorare, sul suo passaggio, tutto quanto l’ha preceduta, antico o moderno che sia. Si ha l’impressione che nessuno, neanche a sinistra, abbia sinora scoperto antidoti efficaci per questa pericolosa patologia territoriale.

Pubblicato il 

23.04.04

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