Lusinghe di provincia

La lusinga del denaro. La miseria del momento. Un terreno fertile nel quale la corruzione può far correre le sue radici. E non è detto che una toga sia sufficiente a difendere il fianco dalle offensive della corruzione. Un morbo sempre presente a livello endemico e nessuno che sia immune dal contagio. Non conosciamo il verdetto del processo al destituito giudice Franco Verda e al presunto boss del contrabbando Gerardo Cuomo. Comunque, vedremo sedere sul banco degli imputati un giudice. Ossia, la giustizia dovrà indagare un proprio ministro. Una situazione forse imbarazzante ma non si può evitare il confronto perché questa istituzione deve rimanere integerrima. Non sottovalutiamo nessun segnale, nessuna avvisaglia che possa lasciar trasparire del torbido. Si spera sempre di scoprire un corpo sano laddove temevamo la malattia. Ma in questi casi basta il sentore di qualcosa di guasto per minare la fiducia nelle istanze della giustizia. Difficile anche liberarsi dal sospetto visto che il reato di corruzione per il suo andamento subdolo e segreto è difficile a provarsi. Contro il giudice forse si sono accanite le umane traversie ma, al di là delle vicende personali, ci si chiede: quanto è debole alle seduzioni della corruzione chi, in una realtà tanto piccola quale quella ticinese, ricopre una carica pubblica? Una piccola provincia, quieta all’apparenza e beata nella propria fortuna economica, può essere una ricca torbiera per i germogli della corruzione. Ci si conosce tutti. Così è grande il rischio di scivolare con serena disinvoltura dai favori elargiti per amicizia a quelli comprati. È un dato che non possiamo alterare ma che non dobbiamo trascurare per il suo potenziale disgregante. Il favoritismo è consanguineo della corruzione. Se ne abbiamo il sentore dobbiamo combatterla perché inficia la fiducia nelle istituzioni, bastioni della democrazia. Che poi in una dittatura la corruzione sia istituzionalizzata è un dato di fatto. Ma quando ammorba una democrazia ne mina i presupposti basilari. Corruzione e democrazia si negano a vicenda. Basta il sospetto che le istanze di giustizia siano corrotte per disorientare il cittadino. Se mancano punti di riferimento sicuri, di botto ci si troverà a non essere più liberi. Tutti noi possiamo essere ostaggi della corruzione se rimarremo in silenzio.

Pubblicato il

15.06.2001 00:30
Sabina Zanini
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