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Lugano città poco aperta

In un momento in cui l’esistenza di un Centro sociale autogestito è sotto i riflettori e viene messa in seria discussione la continuità dell’esperienza stessa, vale la pena di fare alcune considerazioni sul rapporto tra questa esperienza, la città di Lugano e i giovani. Lugano è infatti una città un po’ particolare, che fatica da un bel po’ di anni ad avere un’identità forte, netta e capace di caratterizzarla.


Sarà a causa del tessuto economico troppo spesso poco legato al territorio, che vive in buona parte più sulle rendite di posizione piuttosto che sul legame con il territorio stesso in cui opera, sarà a causa dell’instabilità di una parte della popolazione che in essa abita, sta di fatto che il processo di identificazione della città non sembra avere più radici sufficientemente forti. E su questo tessuto cittadino, già inizialmente piuttosto instabile e sfilacciato, si è poi inserito il complesso processo di aggregazione della grande Lugano che ha visto componenti territoriali in molti casi molto diverse tra loro divenire, per lo meno sulla carta, parte di un’ipotesi di città, più che di un tessuto cittadino.


Un tessuto cittadino che quindi, proprio perché non aveva basi sufficientemente solide, non ha avuto la capacità o forse la volontà di darsi un’unica, forte identità. E tutti sappiamo che quando l’identità non è forte, qualsiasi proposta che in qualche modo rischi di minare il fragile equilibrio identitario raggiunto viene percepita e vissuta con sospetto e paura.


Capita così che Lugano, nonostante raccolga e proponga moltissime realtà culturali, consociative, partecipative anche di alto valore a tutti i livelli, non le abbia mai fatte proprie fino in fondo, vivendole sempre come offerte ad essa estranee, come se non le appartenessero e non considerandole quindi un elemento fondante per la città stessa.

 

In altre parole è un po’ come se Lugano guardasse a queste attività dal di fuori, come se tutte le esperienze, le proposte e le realtà che in essa nascono, crescono e vivono fossero da confinare in una vetrina espositiva perché non pensate, volute e proposte dalla città stessa. Per questo a Lugano è difficile riuscire a sentire l’esistenza di una proposta culturale alternativa a quella “istituzionale”, come invece avviene in maniera forte nelle altre città svizzere. Ed è per questo che proporre attività culturali alternative a Lugano è una scelta molto difficile!


In questa Lugano culturalmente poco aperta e accogliente, l’esistenza di un Centro sociale autogestito è stata vissuta, e continua ad esserlo, come un problema, una minaccia, quasi fosse un corpo estraneo, tollerato più per bontà d’animo che per la consapevolezza della città di dover offrire un luogo di aggregazione, progettazione, creazione, proposta alternativa e libera.


Forse conseguentemente a ciò o forse per altre ragioni il Centro sociale, a sua volta, sembra aver perso nel tempo (ripensando allo spirito e alla progettualità del Molino di Viganello, del Maglio, ma anche dei primi anni del Macello) la voglia e la capacità di relazionarsi e offrirsi come parte viva, aperta, attiva della città, in cui offrire a tutti occasioni di autogestione.


E questo è un gran peccato perché soprattutto i giovani, oggi più che mai, avrebbero un grande, grandissimo bisogno di trovare luoghi fisici e culturali in cui esprimersi in modo libero e propositivo o condividendo e partecipando a proposte culturali alternative e creative.


Sono queste infatti occasioni importanti di crescita formativa a livello culturale e civico, occasioni che, come tali, dovrebbero esser offerte nella e dalla città a cui spetta il compito di garantire a tutte le componenti della società la dovuta dignità e uno spazio fisico in cui esprimere le proprie aspirazioni.


Non per bontà, ma nella consapevolezza di costruire anche così quell’identità forte che serve per essere davvero una città.

Pubblicato il

15.04.2021 14:58
Anna Biscossa
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