Società

Lottatore iraniano preso a martellate nel centro asilanti

Iman Amirmohammadi, ex presidente della federazione iraniana di Arti marziali miste, è stato vittima di un’aggressione presso il Centro richiedenti l’asilo di Cadro. Una vicenda che mette in luce le difficoltà di chi vive in queste strutture

Lo scorso 21 di marzo area ha pubblicato la storia di Iman Amirmohammadi, un cittadino iraniano ospite da qualche mese del centro richiedenti l’asilo “l’Ulivo” di Cadro. L’uomo era scappato dall’Iran poco più di un anno fa dopo essere stato arrestato e picchiato dagli scagnozzi del regime degli Ayatollah. La sua colpa: in qualità di presidente della federazione iraniana di Arti marziali miste (MMA) ha fatto gareggiare la squadra femminile senza hijab ai mondiali di Belgrado del 2023. Iman ci aveva raccontato la sua vicenda e la sua quotidianità difficile, quasi sospesa, in Ticino. La Segreteria di Stato della migrazione aveva da poco respinto la sua richiesta d’asilo: per la SEM l’Iran è infatti considerato un paese sicuro.

 

Sicuro non sembra invece essere il centro di Cadro, gestito dalla Croce Rossa Svizzera su mandato del Dipartimento socialità e sanità del Canton Ticino. Il giorno prima del nostro articolo, infatti, Iman è stato aggredito all’alba, a colpi di martello, da un altro ospite della struttura: «Stavo dormendo e ho sentito un colpo fortissimo sulla mascella» ci racconta oggi l’uomo, ancora provato da questa esperienza. L’aggressore è un cittadino colombiano di 29 anni, anch’egli residente nel centro. La ragione di questo attacco non è nota: «Non conoscevo quell’uomo e ignoro il perché mi abbia aggredito» ci spiega Iman.

 

Il richiedente l’asilo iraniano è stato portato all’ospedale civico dove gli verrà diagnosticato “un edema dei tessuti molli delle regioni mandibolare a zigomatica sinistra”. L’aggressore da parte sua è stato subito arrestato. Passerà circa un mese in carcere preventivo prima di venire condannato tramite decreto d’accusa ad una pena detentiva di 80 giorni sospesi condizionalmente per due anni. Il procuratore pubblico Moreno Capella lo ha ritenuto colpevole di lesioni semplici qualificate.

 

La vicenda mette in evidenza le difficoltà di chi vive all’Ulivo di Cadro, lo stesso luogo dove la scorsa estate un giovane afgano si era suicidato. Gli spazi sono promiscui, le camere anguste e abitate da persone dalle origini diverse e dall’esistenza difficile. Ognuno di loro si porta appresso un vissuto spesso tragico e un presente fatto di attese, vuoti e speranze disilluse. Una situazione per la quale servirebbe una maggior presa a carico, ma per la quale non sembrano esserci però né soldi né volontà politica.

 

Pubblicato il

03.06.2024 07:57
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