Un tempo si sentiva ancora parlare di “lotta di classe”. Spesso tradotta nei termini più diretti: lavoratori contro padroni. L’espressione, persino dalla sinistra, è poi stata posta tra i ferri vecchi, da non usare, controproducente anche per l’orecchio popolare. Forse, attualmente, è stata assorbita dal grande magma tentacolare del populismo. Che non è lotta di classe ma lotta di tutti contro tutto. La sua quasi scomparsa è conseguenza di vari fattori. Come ad esempio: difficoltà a trovare un padrone, quando dominano gruppi o multinazionali collocabili chi sa dove; strategica messa in concorrenza dei lavoratori tra di loro (altri possono prendere il vostro posto); individualizzazione del lavoratore (il contratto è tra te e me); mancanza o rifiuto di una forza contrattuale (il sindacato buttato fuori, snobbato persino dai lavoratori); politica che fa del lavoro solo una merce e subordina i lavoratori ai principi inviolabili di competitività internazionale. La sorpresa è però che subdolamente si è creata una “lotta di classe rovesciata”. Consiste nel dire e nell’ammettere che nella società c’è chi costruisce e chi invece vuol solo distruggere. Costruisce chi lavora senza lamentarsi. Distrugge chi tenta di fermare la macchina economica (magari con uno sciopero), chi si comporta in modo tale da far alzare i prezzi chiedendo salari più adeguati, chi pretende regole e si oppone all’umiliazione del lavoro. O anche chi denuncia che la ricchezza cresca solo da una parte ed è subito accusato di essere un incapace o un invidioso. Insomma, per dirla in termini spicci, la lotta di classe rovesciata consiste nell’avere un pastore (un tempo il padrone del vapore, oggi l’azionista di maggioranza, magari solo per diritto di successione, il manager, il finanziere) che vuol far credere o riesce a far credere al gregge (i lavoratori, i risparmiatori) che il suo interesse corrisponde con l’interesse del gregge. Qualche tempo fa si racchiuse questa concezione in uno slogan significativo: l’economia gira con te. Guai a sgarrare, quindi. Nello spazio di pochi giorni sono apparsi due documenti che, in un verso o nell’altro, sembrano rispecchiare quanto sto dicendo. Il primo documento è quello dei padroni politici del vapore elvetico, rappresentati dai tre partiti borghesi. Prendono a pretesto il solito problema franco-euro per dirci che se non si fa come vogliono loro (pastori del gregge) si andrà a rotoli. Non ne hanno mai abbastanza perché la ricetta è quella che applicano da quarant’anni e s’è già visto dove ci ha portati: spoliazione dello Stato (utile solo quando deve salvarli dalla bancarotta, mefitico quando pretende di ridistribuire la ricchezza con fisco e politica sociale) e quindi deregolamentazione (fare come diciamo noi), defiscalizzazione (lasciateci i nostri profitti), liberalizzazione (non mettete il naso nell’economia, come quella energetica). Il secondo documento promana nientemeno che dal Fondo monetario internazionale, organismo che non è certo di sinistra ma è piuttosto promotore della globalizzazione neoliberista. Documento che ci dice il contrario e ci dimostra come l’indebolimento del potere contrattuale dei lavoratori (e quindi anche l’accerchiamento o la politica di esclusione in cui si è messo il sindacato) è la causa principale delle diseguaglianze economiche e della manipolazione del sistema politico ed economico da parte di chi possiede la quota maggiore di capitali. Quindi, la lotta di classe deve esistere ancora.
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