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È una politica contraddittoria quella portata avanti dall’Austria in materia di dumping salariale. Da una parte, alcuni datori di lavoro e politici della regione del Vorarlberg (confinante con i Cantoni Grigioni e San Gallo) fanno la guerra alle misure accompagnatorie alla libera circolazione in vigore in Svizzera, in particolare con l’intento di far cadere la cosiddetta “regola degli 8 giorni”, la quale impone alle ditte straniere di notificare con tale anticipo l’impiego di manodopera nella Confederazione. I padroni austriaci che ottengono appalti nel settore dell’edilizia non vogliono inoltre pagare la dovuta cauzione, uno strumento che consente alle autorità di controllo di riscuotere le multe in caso di dumping salariale. La regola degli 8 giorni e la cauzione contribuiscono in effetti a combattere il dumping salariale. Gli imprenditori del Vorarlberg sostengono invece che si tratti di angherie, lesive del diritto comunitario.


Esattamente al contrario vanno le cose nel Burgenland, il Land austriaco più orientale, al confine con l’Ungheria, dove i salari ammontano a circa un quarto di quelli austriaci. Nel Burgenland, nel cui mercato del lavoro si è venuta a creare una situazione simile a quella del Ticino, i casi di dumping si contano a migliaia, ma le autorità di controllo austriache non hanno gli strumenti per riscuotere le multe inflitte alle imprese ungheresi che praticano dumping. Una situazione che indigna sindacati, datori di lavoro e governo. Di qui la pretesa nei confronti di Bruxelles di una regolamentazione più rigida sull’invio di lavoratori da uno stato all’altro all’interno dell’Unione europea e l’istituzione di un’Autorità del lavoro che ne assicuri l’applicazione a livello internazionale.


La mancanza di una linea chiara non è solo un problema dell’Austria ma di tutta la politica europea. Il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker annuncia la massima “stesso salario per lo stesso lavoro nello stesso luogo” e l’Ue lavora a una revisione delle direttive sull’invio di lavoratori all’estero e alla creazione della citata Agenzia. Ma allo stesso tempo dei funzionari dell’Ue vanno all’attacco della regola degli 8 giorni e dell’obbligo di cauzione in vigore in Svizzera: è successo nell’ambito dei negoziati in corso su un accordo quadro tra Svizzera e Ue. Scandalosamente, i negoziatori elvetici volevano farsi trascinare in questa discussione. Per noi sindacati questa è un’opzione che non entra in linea di conto. Piuttosto ci uniamo al Burgenland: la lotta contro il dumping salariale va rafforzata!

Pubblicato il 

01.03.18

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