Locarno Luna-park

Secondo il dizionario Garzanti il termine luna-park designava in origine un luogo di divertimento a Coney Island (New York) noto per la sua particolare illuminazione. Sta a vedere che anche Locarno diventerà famosa nel mondo per un’illuminazione fantastica che la Società elettrica sopracenerina (Ses) ha commissionato al pluripremiato specialista di effetti cinematografici Vittorio Storaro. Il progetto consiste nell’investire di luce rosso-fuoco il Castello visconteo, di luci verdi la chiesa di Sant’Antonio, di un bel rosso-marengo il santuario della Madonna del Sasso e di uno squillante giallo napoleonico il palazzo della Ses in Piazza Grande, rovinato qualche decina di anni fa da banali interventi in facciata. Una vecchia massima del genere opportunista ci ammonisce che a caval donato non si guarda in bocca. Ma il sindaco di Locarno Marco Balerna, sull’ultimo numero dell’Illustrazione ticinese ha scritto: «La domanda che mi pongo è questa : stiamo usando bene la nostra ricchezza?» D’accordo, signor sindaco, d’accordo. Cerchiamo allora di dare almeno qualche risposta. A Locarno langue da anni il bel progetto di Luigi Snozzi per la pavimentazione di Piazza Grande, sulla quale s’affaccia, oltretutto, il palazzo della Ses. Non poteva, quest’ultima, in occasione del suo centenario, donare alla città una bella piazza nuova ? Oppure: proprio in questi giorni si parla di comprare dai privati l’antico rivellino del castello, che, pare, sarebbe addirittura di ispirazione leonardesca. Non potrebbe la Ses regalare a Locarno nientemeno che un rivellino del rinascimento, mettendovi naturalmente una bella targa in marmo di Peccia ? E si potrebbe continuare. Al di là di tutto questo occorre però anche sottolineare che la gran luminaria sarà uno spreco di energia preziosa, ottenuta con l’acqua delle valli, in barba ai continui ipocriti proclami contro il consumismo. E sarà anche un ulteriore pesante inquinamento luminoso, aggiunto a tutti gli altri che già ci affliggono. Più di una volta ho passato le feste a Pienza, la splendida cittadina toscana di papa Pio II. Nella piazza del borgo, la sera di Natale e di Capodanno, viene accesa la pira, una specie di catasta perfetta, fatta con tronchi di quercia, che brucia tutta la notte, illuminando con vampate rossastre le facciate del duomo, del palazzo comunale e del palazzo Piccolomini. La gente del posto e i forestieri fanno cerchio attorno al fuoco, allungano le mani per scaldarsi nel pungente inverno toscano e ogni tanto entrano nelle osterie vicine per bere un buon bicchiere di vino rosso. Dappertutto, altrove, il buio: una meraviglia, se si fa il confronto con la milionaria impresa illuminotecnica locarnese, che viene suffragata di continuo dai tre oscar di cui si fregia il progettista. Sinceramente la cosa non mi impressiona più di tanto. Le brutte stupide statue che vengono distribuite per gli oscar mi deprimono. Malgrado tutto, però, anche nell’area del Verbano, la cultura avanza. Il 12, 13 e 14 marzo verrà tenuto a Stresa e al Monte Verità un super-convegno sul restauro che sarà, dicono ufficialmente, «l’occasione ideale per riparlare del restauro del Teatro San Materno di Carl Weidenmeyer, ad Ascona», teatro moderno che da anni cade in rovina. L’importante è naturalmente che se ne parli, che se ne riparli, che se ne ri-riparli. Sempre il 14 marzo, a conclusione della gran parlata, il presidente del governo Marco Borradori, consegnerà il premio “Oscar del restauro” (Ancora uno!...). Vòltala e pìrlala, come si dice volgarmente, questo benedetto Ticino rimane sempre la terra dei Tavanna Ray. Ma come, non sapete chi era il Tavanna Ray? Non fa niente. Ve lo racconterò io, alla prossima occasione.

Pubblicato il

12.03.2004 12:30
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