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16 dicembre 2021: in Italia è sciopero generale. Un evento raro in Europa. In questo esercizio i sindacati italiani sono dei campioni. Solo i belgi possono reggere il confronto. In tutti gli altri paesi, i sindacati riescono al massimo a fermare singoli settori e mai più di uno contemporaneamente. Anche in Italia l’indizione del primo sciopero generale dopo sette anni è stata un atto di coraggio. «Una follia», sostenevano alcuni; «Sarà un fallimento», pronosticavano altri alla vigilia, mentre la debole Cisl si tirava indietro.


Ma il 16 dicembre la mobilitazione è stata un successo. Diversi milioni di salariati hanno incrociato le braccia. Nelle grandi imprese industriali, l’80-90 per cento dei lavoratori della produzione ha aderito allo sciopero. E nell’ambito della grande distribuzione, in colossi come Carrefour e Coop la partecipazione ha sfiorato il 60 per cento. Non si sono per contro fermate la sanità, le scuole, la posta e altre attività essenziali.


Ma cosa ha spinto le due confederazioni sindacali, Cgil e Uil, a proclamare lo sciopero generale? Dopo anni difficili di crisi economica e di pandemia, le cose vanno un po’ meglio in Italia. Ma non per la gente comune. Nella legge di bilancio per il 2022, il governo prevede sgravi fiscali soprattutto per i redditi più alti. Invece, sulla scuola si continua a risparmiare e le pensioni di vecchiaia sono minacciate. Di conseguenza il malcontento nelle classi sociali più disagiate cresce.

 

È per questo e per rivendicare politiche più sociali che i sindacati hanno indetto lo sciopero generale. «Allora è uno sciopero politico?», si chiedevano i giornalisti. «Certo, esso dà voce a chi sta male e non vota», rispondeva il segretario della Cgil Maurizio Landini. «Il sindacato ha il dovere di rappresentare il disagio e scongiurare lacerazioni sociali… Questa è la nostra natura confederale, non siamo solo sindacati di mestiere. Rivendichiamo la necessità di una trasformazione sociale in un paese colpito dalla pandemia, che acuisce le disuguaglianze e riduce in povertà tanti lavoratori». «Qui c’è gente in carne e ossa, il Paese reale che soffre e chiede di cambiare», ha dal canto suo affermato il numero uno della Uil, Pier Paolo Bombardieri.


Questo significato politico è stato compreso anche da alcuni commentatori all’indomani dello sciopero: «Meglio che sia Landini a interpretare il Grande disagio piuttosto che i terrapiattisti», ha scritto per esempio Il Corriere della Sera.


Sulla legge di bilancio di quest’anno lo sciopero non poteva più nulla, ma tutti sanno che in quella per il 2023 sarà contenuto un attacco alla previdenza per la vecchiaia: innalzamento dell’età pensionabile e dunque una riduzione delle nuove rendite. Il prossimo sciopero generale è già dietro l’angolo.

Pubblicato il 

20.01.22

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