Lo scandalo dei bonus

Credit Suisse ha versato bonus e stipendi milionari malgrado scarsi risultati. La politica corre ai ripari, ma in passato il centro e la destra avevano detto no a misure più severe

Nel settore finanziario, Babbo Natale arriva in questo periodo dell’anno. È verso la fine di marzo, infatti, che una banca come Credit Suisse paga i bonus ai propri dipendenti. E in questo settore, di norma, il denaro sgorga come birra all’Oktoberfest. Il Tages-Anzeiger ha calcolato dai rapporti annuali che dal 2013 la banca zurighese ha versato 32 miliardi di franchi di bonus (a tutti i dipendenti, non solo al top management) di fronte a perdite cumulate di 3,2 miliardi. Cosa succederà quest’anno?

 

Attorno alla questione dei bonus, si è scatenato un dibattito politico alimentato dalla confusione della consigliera federale Karin Keller-Sutter che prima ha dichiarato l’impossibilità della Confederazione nell’impedire queste retribuzioni e poi è ritornata sui suoi passi. La legge federale sulle banche, d’altronde, stabilisce che il Consiglio federale può limitare la remunerazione se vengono concessi aiuti di Stato a una banca di importanza sistemica. Sotto pressione, il Governo ha così fatto sapere di avere sospeso provvisoriamente le retribuzioni variabili di Credit Suisse già garantite per gli esercizi fino al 2022 non ancora versate, ad eccezione «degli importi differiti già in corso di versamento».$

 

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Stando al Governo, la direzione di Credit Suisse ha rinunciato autonomamente alle retribuzioni variabili per l’esercizio 2022. Per quanto riguarda le retribuzioni variabili già garantite e versate sempre per il 2022, si rinuncia a vietarle retroattivamente. Il governo evoca motivi legati alla certezza del diritto, ma anche «per evitare di penalizzare i dipendenti che non hanno contribuito personalmente alla crisi». Secondo una nota interna citata da Bloomberg, l’istituto dovrebbe versare bonus anche quest’anno.

 

Ma al di là di quanto succederà, è quanto successo a lasciare basiti.

 

Nel 2007, l’azione di Credit Suisse è salita oltre i 90 franchi e si stima che la banca valga quasi 100 miliardi di dollari. Oggi, un’azione del Credit Suisse vale meno di un caffè mentre la banca è stata acquisita per “soli” 3 miliardi dalla concorrente UBS. In questo periodo, – segnato da continui scandali – sui massimi dirigenti è scesa una valanga di denaro, come dimostrano i dati pubblicati dal portale Watson.ch.

 

Prendiamo Brady Dougan, Ceo dal 2007 al 2014. Durante il suo mandato il valore delle azioni è sceso del 63%; nello stesso periodo ha percepito 161 milioni di dollari di stipendio. Solo nel 2009 ha accumulato 90,1 milioni di dollari in stipendio base, bonus e partecipazione agli utili dei dipendenti. Il suo successore, Tidjane Thiam, ha visto dimezzare il valore azionario durante il suo mandato. In cinque anni ha però percepito 64 milioni di dollari. Questo senza calcolare la sua buonuscita. Secondo alcune indiscrezioni, si tratterebbe di una cifra dell'ordine di 30 milioni.


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Da parte sua Thomas Gottstein in due anni ha traghettato una banca la cui azione valeva 14 dollari ad un valore di 5,80 dollari (-58,6). In due anni il manager ha guadagnato 12,1 milioni di franchi. L’ultimo CEO, Ulrich Körner ha visto un’ulteriore caduta dell’83% del corso delle azioni, con un guadagno annuale di 3 milioni di franchi. In qualità di presidente del Consiglio di amministrazione, Urs Rohner ha incoraggiato una cultura di stipendi sontuosi e non si è tirato indietro. Nei dieci anni trascorsi al Credit Suisse, dal 2011 al 2020, Rohner ha guadagnato in media 4,3 milioni di franchi svizzeri all'anno.

 

Va notato che gran parte di questi importi sono stati versati sotto forma di bonus, alcuni dei quali sotto forma di azioni vincolate. A causa del calo dei prezzi delle azioni, anche i manager ci hanno perso. Poverini!

 

Con il caso Credit Suisse, il dibattito torna al centro dell’arena politica. Tutti si dicono indignati. Nel marzo 2018, il Consiglio nazionale si era chinato su una mozione dal titolo “Basta bonus nelle banche di rilevanza sistemica”.

 

Il testo, presentato dalla socialista Susanne Leutenegger Oberholzer, faceva proprio riferimento a quanto stava succedendo a Credit Suisse: «nonostante una perdita di 2,7 miliardi di franchi, l'istituto prevede il pagamento di bonus del valore di 3,1 miliardi di franchi. Questo è ciò che è emerso dalla votazione della relazione sulle retribuzioni tenutasi durante l'assemblea generale, sebbene i voti favorevoli a tale misura fossero a malapena il 60 per cento del totale».

 

La mozione è stata bocciata a larga maggioranza, 129 sì e 61 no. Tra chi ha votato no i ticinesi Marco Chiesa, Fabio Regazzi, Rocco Cattaneo, Marco Romano, Giovanni Merlini e Roberta Pantani.

Pubblicato il

23.03.2023 10:33
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