Avrebbe voluto festeggiarlo il suo ventiduesimo compleanno, Rémi. Non ne dubitava quando nell’ottobre scorso si è unito alle centinaia di studenti e contadini che protestavano contro la costruzione di una diga nella campagna francese del Testet. L’ennesima “grande opera” che avrebbe assicurato ingenti profitti ad alcuni investitori privati distruggendo però irrimediabilmente l’unica zona umida della regione e la possibilità per molti piccoli produttori di continuare a vivere del loro lavoro.

 

Una protesta inaccettabile per il partito socialista francese, che ha schierato ingenti forze di polizia a difesa degli interessi delle grandi aziende e dei padroni del cemento. Il prefetto e il ministro degli Interni hanno ordinato «estrema fermezza» nel reprimere le mobilitazioni e hanno sguinzagliato centinaia di agenti per cacciare i manifestanti dai boschi.

 

La notte del 25 ottobre, la polizia ha seguito alla lettera le direttive, lanciando cariche violentissime e usando oltre 700 granate stordenti e/o offensive. Una di esse ha colpito in pieno il giovane Rémi, che si è accasciato al suolo senza vita. Dove si trovava il corpo, gli amici hanno visto solo una scia di sangue perché gli agenti hanno immediatamente trascinato via il suo cadavere.

 

Secondo alcune registrazioni, pubblicate dai media transalpini, dieci minuti dopo i fatti sia la morte di Rémi sia le cause di essa erano conosciute dalla polizia. Per giorni però le autorità francesi hanno rilasciato dichiarazioni contraddittorie e false informazioni. In particolare, il ministro Bernard Cazeneuve, ora dimessosi, ha mentito pubblicamente dichiarando che il corpo di Rémi sarebbe stato «scoperto casualmente dagli agenti», e si è rifiutato di rendere pubbliche le informazioni disponibili e di riconoscere le chiare responsabilità alle origini della morte del giovane.

 

Il nome di Rémi va così ad aggiungersi a una lunga lista infame. Accanto, per esempio, a quello di Edo Parodi, 22 anni pure lui, trovato morto nel suo letto nel febbraio 2002. Perdeva sangue dalle orecchie e dal naso. Il giorno precedente aveva respirato i gas lacrimogeni CS usati contro i manifestanti che protestavano a Zurigo contro il Forum mondiale economico (Wef). Assieme ai loro nomi troviamo inoltre quello di Berkin Ervan, quindicenne turco colpito alla testa da un candelotto lanciato dalla polizia durante le proteste contro la distruzione del parco Gezi di Istanbul. 

 

Una lista alla quale continuano ad aggiungersi i nomi di ragazzi e ragazze che hanno lottato per difendere i diritti della maggioranza, minacciati dagli interessi di pochi privilegiati e che hanno pagato il loro impegno con la vita, uccisi da agenti dello Stato, con armi paradossalmente definite “non letali”. Scrisse un giorno Friedrich Dürrenmatt che non ha futuro la società che divora i suoi figli. Costruirne un'altra è quindi più che mai necessario. Una società diversa, che per sopravvivere non debba distruggere la giovinezza dei suoi figli migliori.

Pubblicato il 

18.12.14
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