“Una volta un giudice come me/ Giudicò chi gli aveva dettato la legge/ Prima cambiarono il giudice/ E subito dopo/ La legge”. È impressionante la preveggenza, quasi un’arte divinatoria dell’indimenticabile Fabrizio De André, che con le sue parole in “Storia di un impiegato” riassume perfettamente lo stato del conflitto istituzionale in atto in Italia tra il governo delle destre razziste, fasciste e berlusconiane e la magistratura.

 

Basta una sentenza che impone il rispetto dei diritti umani per scatenare le furie di Giorgia Meloni e far dire a Ignazio Benito La Russa che è ora di cambiare la Costituzione che impone l’equilibrio dei poteri. Si riapre la caccia alle “toghe rosse” con l’obiettivo esplicito di soggiogare il potere giudiziario a quello esecutivo, cioè al volere del governo. Passano pochi giorni dalla sentenza del giudice romano che fa a pezzi il sogno albanese di Meloni imponendo il rientro in Italia dei primi 12 migranti deportati nel paese delle aquile, e due giorni dopo l’uccisione di un migrante da parte delle forze dell’ordine (“Non ci mancherà”, è arrivato a dire Salvini nei confronti della vittima) ed ecco un nuovo schiaffo al governo inferto dal Consiglio d’Europa: l’Italia è sempre più xenofoba, dice il rapporto della Commissione contro il razzismo e l’intolleranza che denuncia il comportamento della Polizia ai danni dei migranti e dei loro figli, dei rom, della comunità Lgbtq. Ad aizzare l’odio contro i “nemici”, cioè “diversi” dai sedicenti ariani per razza, religione, scelte sessuali, è la politica che guida l’Italia in questa stagione indecente e disumana. Il riferimento esplicito è a Salvini, a Vannacci e al suo osceno libro best seller, a tutti i fabbricanti di odio e razzismo con cui cercano di fare le loro fortune politiche (e a volte ci riescono).

 

Nuova alzata di scudi delle destre, pronte alla guerra. Non solo la magistratura deve piegarsi al volere del governo anche quando viola le leggi europee, ma persino i medici che secondo la ministra della famiglia Roccella dovrebbero denunciare i genitori dei bambini nati con la pratica della gestazione per altri, promossa per legge a crimine universale (chissà se Giorgia Meloni chiederà l’arresto del suo amico del cuore Elon Musk che non fa mistero dei suoi figli nati grazie a uteri presi in affitto). I medici hanno subito risposto che il loro dovere è curare le persone sulla base del giuramento di Ippocrate, proprio come i giudici hanno giurato sulla Costituzione e non sul governo, senza domandare da dove vengono, chi sono e come scelgono di vivere.

 

Giorgia Meloni deve avere nostalgia del regno d’Italia e d’Albania, quando il Duce Mussolini consegnò la corona legittimamente calzata dal re Zog a Vittorio Emanuele III, detto “re sciaboletta” per la sua statura mignon che gli impediva di portare la sciabola d’ordinanza che avrebbe toccato terra. In cambio del sostegno italiano all’ingresso in Ue dell’Albania, la Ducessa ha sedotto il premier socialista (?) Edi Rama, rifilandogli i migranti maschi adulti e in buona salute raccolti nel Mediterraneo da navi italiane “di stato” provenienti da paesi ritenuti sicuri dal suo governo e dunque da rimpatriare sic et simpliciter. Spesi e da spendere per l’impresa, 800 milioni di euro ricavati tagliando fondi alla scuola, agli asili, alla sanità, ai contratti pubblici ma certo non sottratti ai miliardi destinati alla costruzione del ponte sullo stretto di Messina caro al suo vice Salvini.

 

Ma quando le fanfare sono partite e il nastro tricolore è stato tagliato per immortalare l’arrivo della nostra nave da guerra con i primi 16 – sedici! – migranti, è successo di tutto e Giorgia Meloni è stata addirittura costretta a disdire i festeggiamenti e la conferenza stampa per i suoi primi due anni di governo. Prima si è scoperto che due di loro erano minorenni e altri due malati e dunque andavano subito rimessi sulla nave militare e trasferiti in Italia, esseri umani in cerca di protezione trattati come pacchi postali che il postino aveva consegnato all’indirizzo sbagliato violando le regole d’ingaggio. Subito dopo un giudice monocratico – c’è un giudice a Roma – aveva ordinato il rientro anche dei rimanenti 12 perché provenienti da Egitto e Bangladesh, paesi che non solo la Corte di giustizia europea ma persino il governo Meloni avevano classificato come non completamente sicuri.

 

Apriti cielo: la Magistratura sabota l’esecutivo per colpa dei giudici comunisti, le toghe rosse che per Salvini sono addirittura al servizio di Rifondazione comunista. La magistratura “esonda” per il ministro della giustizia Nordio che aggiunge: “La sentenza europea è scritta in francese e i giudici non l’hanno capita”. Paonazza, Meloni urla che la Magistratura ha il dovere di assecondare e difendere le politiche del governo costringendo i giudici a rispondere l’ovvio: nostro compito è difendere i diritti delle persone a prescindere dalle loro origini, non il governo. La seconda carica dello Stato dice che l’Egitto – cioè il paese i cui servizi segreti hanno torturato, ucciso e buttato in un fosso il nostro concittadino Giulio Regeni – è così sicuro che lui, La Russa, ci andrà in vacanza a Natale. Buone vacanze a Ignazio Benito.

 

Il Consiglio dei ministri ha varato un decreto in cui, smentendo sé stesso e la Farnesina, l’Egitto e il Bangladesh vengono promossi al rango di paesi sicuri, i camerati sono convinti che questo penoso artificio costringerà i giudici a obbedire al governo, e cioè a rinunciare a tutelare i diritti delle persone e disobbedire alle leggi dell’Europa, e della coscienza. Qualora decidessero diversamente il governo già preannuncia il ricorso in cassazione.

 

Sono i giudici che sconfinano dal loro territorio, oppure il governo che vuole cancellare ogni possibile critica, sociale politica e istituzionale? La domanda è retorica. Resta il fatto che nel vuoto, per amor di patria potremmo dire nella pochezza, dell’opposizione politica, tocca affidarsi alla Magistratura. Alla lunga questa delega non farà bene alla democrazia, alla politica e alla Magistratura.

Pubblicato il 

24.10.24
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