Lo Stato banchiere: intervista ad Argante Righetti

Negli ultimi anni, in Ticino, si sta assistendo ad una serie di interventi, secondo alcuni, tesi a smantellare il servizio pubblico, secondo altri indirizzati a rendere più efficiente e efficace l’intervento dello Stato. La Banca dello Stato (Bds) rientra, per esempio, in questo dibattito. Abbiamo quindi chiesto all’avvocato Argante Righetti, presidente dell’Associazione per la difesa del servizio pubblico, un parere sul nuovo messaggio di modifica della legge sulla Banca dello Stato. Perché, secondo lei, il ruolo della Banca dello Stato verrebbe snaturato con una parziale privatizzazione? Alla Banca dello Stato è stata assegnata, sin dall’inizio della sua attività, nel 1915 dopo il disastro delle banche private, una funzione pubblica. La Banca ha lo scopo de favorire lo sviluppo economico del Cantone e di offrire, ai cittadini, la possibilità di investire in modo sicuro e redditizio i loro risparmi. La BancaStato ha svolto bene il mandato affidatole, crescendo nella solidità e nella considerazione. Ha curato il credito commerciale a favore di persone e ditte in Ticino, ha curato il credito ipotecario, quello ai Comuni, ha creato una rete di sedi e di servizi che le assicurano una forte presenza sul territorio. L’entrata di capitale privato nell’istituto di credito, con la conseguente riduzione della presenza dello Stato, introdurrebbe elementi d’insanabile conflitto con la funzione pubblica: la ricerca della massimizzazione del profitto e la priorità agli interessi degli azionisti, anche a interessi estranei al Ticino. Pertanto la Banca dello Stato non deve essere trasformata in società anonima, deve restare interamente pubblica e deve continuare a godere della garanzia dello Stato, che ne promuove l’immagine e ne accresce la capacità operativa. È d’accordo con il fatto che una banca di diritto pubblico debba avere gli stessi strumenti, per operare sul mercato, che sono a disposizione degli altri operatori privati? Un punto fermo è la diversità del ruolo della Banca dello Stato, per effetto della funzione pubblica, dal ruolo delle banche private. Nel rispetto di questa diversità la Bds, per restare competitiva, deve essere aperta a nuove esigenze. Lo può fare perché lo statuto di banca interamente pubblica non è un impedimento a cambiamenti giustificati. Lo provano le diverse riforme legislative che ne hanno promosso l’efficienza. La legge istitutiva è stata oggetto di una revisione totale nel 1988. La riforma parziale del 1998 ha aperto nuovi spazi d’attività, in particolare sul mercato azionario. Inoltre, la Bds ha varato programmi straordinari di crediti per il promovimento d’attività economiche particolarmente innovative. Una delle ambiguità del messaggio del Consiglio di Stato del 16 maggio è la scelta di ignorare le modificazioni di legge e di metodi operativi già attuate, e proprio recentemente, per far credere che occorrono nuovi radicali cambiamenti nella legge e nei metodi operativi. Le proposte del Dipartimento delle finanze e dell’economia, secondo lei, sono estemporanee o rientrano in un progetto più ampio di graduale smantellamento del servizio pubblico? Le proposte del Dfe rientrano in un progetto di graduale smantellamento del servizio pubblico e di promozione d’interessi privati. Infatti, sono appena state precedute da proposte in materia energetica che mirano alla privatizzazione dell’Azienda elettrica ticinese, all’annullamento della sua funzione pubblica e all’eliminazione delle competenze del Gran consiglio in contraddizione con la proposta formulata dallo stesso Consiglio di Stato nel 1998 e accolta nel novembre di quell’anno dallo stesso Gran consiglio. Inoltre, il messaggio già formula l’ipotesi di un’ulteriore riforma legislativa che trasformerebbe la Banca dello Stato in una società anonima e aprirebbe al capitale privato. Nel caso della BancaStato, quali sono gli obiettivi? Cercare di ottenere più utili o sbarazzarsi di un gioiello di famiglia? La massimizzazione degli utili e la vendita di un gioiello sarebbero lo sbocco naturale della privatizzazione della Banca dello Stato. La crescente opposizione che si manifesta, anche in altri Cantoni, ai disegni di privatizzazione conforta l’Associazione che presiedo nella sua risoluta difesa della funzione pubblica in questo e in altri settori.   "Al servizio dell'economia locale" La Banca dello Stato ha lo scopo di favorire lo sviluppo dell’economia cantonale. Nata come banca con mera attività di raccolta di risparmio e impieghi nel settore dei crediti ipotecari e commerciali, con la riforma del 1988 si è trasformata in banca "universale", sebbene con attività ridotte rispetto ai suoi concorrenti, indirizzandondosi anche sui mercati finanziari. Il nuovo messaggio che il Dfe ha presentato, prospetta una modifica sostanziale dell’attività della banca cantonale, rendendola piu consona a quelle delle banche concorrenti. Il messaggio, pur non affrontando la questione, lascia intravvedere la possibilità di trasformazione della stessa in società anonima e l’entrata di soci privati nella compagine sociale. Da noi interpellato su questa ipotesi, così si esprime il battagliero granconsigliere socialista Werner Carobbio. Cosa contraddistingue la BdS dalle altre banche cantonali? Anzitutto è un istituto pubblico che in tutti questi anni si è mosso con efficacia e senza particolari problemi in un mercato libero quale è quello finanziario. In secondo luogo, nonostante il suo statuto giuridico di ente pubblico, non si può certo dire che la sua attività sia stata in qualche modo penalizzata da condizionamenti o interventi politici e tanto meno dalle pretese lungaggini della politica. Inoltre, è stato ed è un importante istituto bancario al servizio dell’economia cantonale. Lo provano l’importanza dei prestiti ipotecari e delle aperture di credito agli enti locali. Per finire la Bds è la prova che anche un’azienda interamente pubblica, se ben gestita e diretta come lo è stata fin qui, può realizzare utili e costituire una fonte di risorse per il cantone. Il messaggio del Dfe accenna a una possibile parziale privatizzazione della Bds e non di una sua completa cessione. Quali sono i rischi per i cittadini ticinesi di non possedere più completamente una Banca pubblica? Intanto una considerazione preliminare. Rilevo una profonda contraddizione fra le proposte del decreto di modifica della legge e le considerazioni del messaggio, in specie nelle pagine iniziali. Sulle proposte tecniche tendenti a fare della Bds una cosiddetta "banca universale" si può essere concordi, qualche dettaglio a parte. Non si possono condividere, per contro, le tesi iniziali che pur affermando di non voler affrontare per il momento la questione dello statuto giuridico della banca, prospettano per il futuro la sua trasformazione in Società anonima (Sa) aperta all’azionariato privato. L’impressione è che a differenza del caso dell’Aet, anche per non cumulare le opposizioni, il Dfe ha, in questo caso, scelto una tattica diversa finalizzata allo stesso obiettivo: privatizzare un ente e un servizio pubblico. Non c’è nessuna ragione, politica, economica e finanziaria, per ipotizzare la trasformazione dello statuto giuridico della banca da ente pubblico in Sa aperta ai privati. Già oggi è dimostrato che il fatto di essere pubblica non le impedisce di operare con efficacia nel mercato finanziario. La sua trasformazione in Sa le farebbe perdere quelle caratteristiche di azienda al servizio dell’economia cantonale e le farebbe perdere quelle peculiarità che la distinguono dalle altre banche. I cittadini perderebbero uno strumento di politica economica e di controllo politico su un settore importante quale quello in cui opera la Bds. Senza dimenticare il rischio di vederla domani esposta alle brame di scalate private. Le proposte del Dfe (Aet, sussidi alle scuole private, ecc.) secondo lei sono estemporanee o rientrano in un progetto più ampio di graduale smantellamento di ciò che è pubblico? Non solo non sono estemporanee ma esse rispondono a una filosofia e a una logica precisa. Appunto quella dello smantellamento dei servizi pubblici e della cessione al settore privato delle attività pubbliche redditizie. Lo prova il fatto che, a quanto sembra, le considerazioni del messaggio sulla futura trasformazione dello suo statuto giuridico non sarebbero condivise dai vertici dell’ente. Come detto prima con una tattica diversa l’obiettivo rimane lo stesso. "I clienti della Bds saranno soddisfatti" Una premessa storica: la Banca dello Stato (Bds) è nata nel 1915 dalle ceneri della Banca Cantonale Ticinese che sul finire del 1800 era già stata al centro di diatribe tra conservatori e liberali con risvolti anche scandalistici. Erano emersi casi di amministrazione infedele e venne alla luce una voragine, nei conti della banca, causata da azzardate speculazioni finanziarie. Un secolo dopo questa contrapposizione ideologica sembra ripresentarsi. I fronti oggi si dividono in statalisti e liberisti: fra chi vorrebbe lo status quo, con correttivi di carattere tecnico e chi vorrebbe la Bds aperta al capitale privato senza intaccare il mandato pubblico assegnatole dalla legge. Negli ultimi anni, molte delle banche presenti sulla piazza ticinese si sono specializzate nel "private banking" (gestione patrimoniale) abbandonando completamente il settore "retail" (piccolo risparmio) e il settore commerciale (aziende). Si sono quindi creante le premesse perché la Bds possa coprire quest’ampia fetta di mercato lasciata sguarnita dalle grandi banche. Da noi raggiunto, Alberto Di Stefano, direttore presso la Bsi di Lugano, così si esprime sul messaggio del Dfe riguardante l’ipotesi di modifica di alcuni articoli della legge sulla Bds: "nel 1988 e, in seguito, nel 1998 vi erano già state modifiche legislative che avevano permesso alla Bds di operare con meno vincoli sul mercato. Era assurdo che una banca di dimensioni e importanza come quelle della Bds non potesse operare con gli stessi strumenti degli altri concorrenti. Secondo me — dichiara Di Stefano — nel rispetto del mandato pubblico, che mi sembra non venga messo in discussione dal messaggio del Dipartimento delle finanze, la Bds deve avere la possibilità di offrire, per lo meno, la stessa gamma di prodotti delle altre banche. Sicuramente — aggiunge Di Stefano — i clienti della Bds saranno più soddisfatti di potere trovare presso la medesima banca un’ampia gamma di servizi e non solo quelli ipotecari e legati al risparmio più tradizionale. Questo nuovo orientamento della Bds avviene in un contesto in cui anche la Bds sarà sottoposta al controllo della Commissione federale delle banche e a un organo di revisione esterno, a garanzia della professionalità dei servizi offerti e del rispetto della varie normative in materia bancaria. Per quanto riguarda l’ipotesi di privatizzazione, anche parziale, non credo che inciderà automaticamente sul mandato pubblico (lo sviluppo e il sostegno all’economia locale). La Svizzera è piena di Sa che tutelano egregiamente l’interesse pubblico. Il punto che mi lascia perplesso del messaggio dipartimentale — continua Di Stefano — è l’offerta al pubblico d’investimenti sicuri e redditizi. Io aggiungo che ciò lo possono fare tutte le banche, indipendentemente dalla loro forma giuridica. È il cliente che deve scegliere, una volta chiaro il suo obiettivo di investimento, il profilo di rischio-rendimento più coerente con questo. Non esistono prodotti che in assoluto sono sicuri ed al contempo redditizi.

Pubblicato il

22.06.2001 03:00
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