Confesso che per il sottoscritto, in questi ultimi mesi, è difficile astenersi dal parlare di pubblicità. L’ho già fatto in questa rubrica, come altrove. E ancora oggi mi ci inoltro. Ciò perché parlare di pubblicità è un po’ come fare della pedagogia (pedagogia = studio, scienza dell’educazione). Ma anche perché la pubblicità è lei stessa una pedagogia. Allora vediamo altri condizionamenti (apprendimenti) ai quali siamo quotidianamente chiamati. Ho finito di pranzare (in città vecchia a Locarno) e mi reco al lavoro (ad Ascona). Sulla strada, 3,4 Km, ho contato 88 pannelli pubblicitari (in questo conteggio ho esentato tutte le insegne, le affissioni «selvagge», i cartelli stradali,...). Il coefficiente che ne risulta è di 0,038 (3,4 : 88 = 0,038), cioè una pubblicità ogni 38 metri. Non so se le ho contate tutte, ma ammettiamo pure di sì. Provate voi, sulla vostra strada, a calcolare il vostro coefficiente. Questo varierà sicuramente a seconda se vi trovate in zone centrali o periferiche. Questo dunque il «coefficiente pubblicitario stradale». In questo computo non sono presenti le pubblicità dei media (Tv, radio, giornali) e nemmeno quelle già non più avanguardistiche (si fa per dire) dei telefoni gratuiti (la comunicazione telefonica gratuita a patto di permettere delle interruzioni per degli spot). Qui allora abbiamo un altro coefficiente: il cosiddetto, famigerato e spettrale, «coefficiente pubblicitario mass-mediatico», ecc. Un po’ come in classe (provate a chiudere gli occhi e ricordare l’aula della vostra infanzia, immaginate i cartelloni, gli abbecedari, ecc.) i cartelloni indicano una cultura, sono testimoni di un apprendimento che si sta facendo. Sono un aiuto all’alunno, che avendo dimenticato la lezione, deve ancora sbirciarli per ricordare. Indicano poi un’appartenenza. Appartengo alla prima, alla terza, e così via. La pubblicità è l’anima del commercio (si dice). Il suo imprinting è totale. Certamente facciamo attenzione a non farci abbindolare. Certamente siamo critici. Eppure altrettanto certamente è come l’aria: non vogliamo l’inquinamento eppure lo respiriamo. La sua invasività è così potente che si rivolge persino con prodotti mirati per l’infanzia. Eppoi per ora non ho ancora visto zone ricuperate, risanate o depurate... vale a dire che per ora gli spazi pubblicitari non fanno che aumentare. Invece di diminuire. Speriamo che qualche legislatore illuminato sappia sviluppare qualche legge che sappia risanare gli orizzonti. Il «coefficiente pubblicitario mass-mediatico» di Area (vale a dire i centimetri quadrati di spazio riservati alle notizie e alla riflessione diviso i centimetri quadrati riservati alle pubblicità) è quasi pari a 0 (zero). Ciò è indice di una grande salute. Ed è anche per quello che lo leggo volentieri.

Pubblicato il 

24.05.02

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