Liberate Claudio Bisio dalla tv

Dite a Claudio Bisio di smetterla di fare televisione: il suo posto è sui palcoscenici teatrali. Lo dimostra il suo ultimo spettacolo, l’ottimo “I bambini sono di sinistra”, che viene replicato ancora stasera e domani, sabato, alle 20.45 al Teatro Sociale di Bellinzona. E proprio i bellinzonesi sono in qualche modo privilegiati spettatori dell’evoluzione e della crescita artistiche di Bisio, fin da quando l’allora ancora promettente cabarettista sconosciuto alle platee televisive fu ospite, alla fine degli anni ’80, al Teatro del Chiodo per “Homo Ridens”, per poi passare da “Monsieur Malaussène” tratto da Pennac che determinò una prima svolta nel suo percorso, fino all’odierno “I bambini sono di sinistra” che è un concentrato di talento, intelligenza e mestiere. In questo spettacolo il meglio di sé come attore Bisio lo dà quando si libera del suo personaggio cabarettistico ormai arcinoto, quello che infila battute e giochi di parole a raffica con sguardo stralunato, per entrare nel nuovo personaggio che s’é costruito, quello che si potrebbe definire un “qualunquista impegnato”. Reduce dal ‘68, ma ogni giorno confrontato all’evidenza che «Piazza Fontana dista da mia figlia adolescente più di quanto la seconda guerra mondiale non distasse dalla mia adolescenza», lui non capisce ma non si adegua nemmeno. Però il mondo del 2003, con i suoi miti effimeri che servono a mascherare le miserie di troppe quotidianità, invade anche la vita di questo nuovo Bisio. E infatti lo spettacolo non procede linearmente lungo qualche filo logico narrativo, ma salta da un argomento all’altro senza preavviso, come in un continuo zapping televisivo. Anche perché oggi di discorsi organici sembra proprio impossibile farne: è già bello se rimane spazio per una sana incazzatura. Bisio in scena è accompagnato dal bravo Quartetto Zelig, che dà quale traccia musicale allo spettacolo la celeberrima “Storia di un impiegato” di Fabrizio De André. E qui c’è il più grosso limite: perché Bisio si mette anche a cantarli, i brani di quel disco, e se a sentire «per quanto voi vi crediate assolti siete lo stesso coinvolti» vengono ancora i brividi lungo la schiena, è altrettanto vero che la sua voce è ben lontana da quella straordinaria di De André. Complimenti comunque per il coraggio. E per tutta una serie di momenti che sono di grande teatro, ben al di là delle sempre più noiose invettive di un Beppe Grillo. A cominciare dal monologo che dà il titolo allo spettacolo, chiaramente ispirato al leggendario “Qualcuno era comunista” di Giorgio Gaber e a tratti non meno intenso. Per non parlare della tirata contro i quiz televisivi. O del toccante finale in cui, anche per un reduce del ’68, la morte comincia ad essere non più così lontana. Bisio insomma si conferma grande uomo di teatro: da vedere.

Pubblicato il

14.11.2003 05:30
Gianfranco Helbling