Politica

Liberali e Socialisti, Centro e Verdi: tutti uniti nel dire sì

Un patto di Paese per salvare le pensioni di chi giornalmente lavora nei servizi alla cittadinanza. Se dovesse passare il No, dopo una vita di lavoro, si ritroverebbero con una miseria.

Una fotografia storica. I presidenti del Partito socialista, dei liberali, Verdi e Il Centro insieme nel medesimo comitato favorevole a un oggetto in votazione. «A memoria, non ricordo un comitato simile» ha dichiarato d’entrata in conferenza stampa il copresidente del Partito socialista Fabrizio Sirica. Un messaggio di unità politica piuttosto raro di questi tempi e, dunque, molto significativo sull’importanza dell’oggetto in votazione il prossimo 9 giugno, quando gli elettori saranno chiamati ad esprimersi sulla modifica di legge che consentirà un rifinanziamento dell’Istituto di previdenza del Canton Ticino a compensazione della riduzione del tasso di conversione.

 

La posta in gioco è molto alta. Se dalle urne non dovesse passare il sì al contributo di 14,6 milioni franchi l’anno per compensare la riduzione del tasso di conversione, i quasi 17mila affiliati si vedrebbero decurtata la pensione del 15%, che sommato al taglio del 20% già subito nel 2013, la farebbe sprofondare tra le rendite più basse del paese. Un terzo di rendita pensionistica in meno, che oltre a essere drammatico per i diretti interessati, avrebbe gravi ripercussioni sull’economia locale e sull’attrattività del servizio pubblico quale datore di lavoro. Le attuali pensioni della cassa ticinese si situano nella fascia media nel confronto tra le rendite. «Altro che privilegiati i lavoratori del servizio pubblico ticinese. Si tratta unicamente di mantenere le loro pensioni nella media delle casse pubbliche e private, assicurando ai dipendenti una vecchiaia dignitosa» ha chiarito Sirica.

 

I dati parlano chiaro. Qualora la misura fosse bocciata dalle urne, le pensioni Ipct diventerebbero molto basse, infime per i dipendenti con i salari bassi. E non sono pochi tra quei 17mila affiliati. Basti pensare alle donne delle pulizie, al personale delle mense, agli assistenti di cura delle case anziani, per citarne qualcuno. «Non si può batter le mani a questi lavoratori durante il Covid e poi non assicurargli una vecchiaia dignitosa. È una questione di responsabilità» ha detto Fiorenzo Dadò, motivando a nome del suo partito il pieno sostegno alla misura in votazione. «In secondo luogo, ogni arretramento nel settore pubblico induce il privato a fare altrettanto. E lo dico da imprenditore nel privato» ha aggiunto il presidente de Il Centro.

 

«Le cittadine e i cittadini chiamati a votare sono i datori di lavoro di persone che svolgono innumerevoli servizi per la cittadinanza. Se abbiamo strade pulite, anziani assistiti o insegnanti dei nostri figli, è grazie a questi lavoratori. Riducendo le loro pensioni in maniera drastica, le ripercussioni cadrebbero anche sulle loro famiglie e sull’economia cantonale» ha ricordato Samantha Bourgoin, co-coordinatrice dei Verdi. L’importanza di mantenere il potere d’acquisto di 17mila persone «che spendono nell’economia locale» è stata sottolineata anche da Alessandro Speziali, presidente del Plr, ricordando come il suo partito «voglia un settore pubblico ammodernato, non penalizzato». Del comitato favorevole al finanziamento della cassa pensioni ticinese, oltre ai quattro partiti, ne fanno parte Più donne, il Partito Comunista, ForumAlternativo, Pop, Verdi Liberali e Avanti-Ticino. Un comitato politico la cui composizione partitica ha raccolto il 70% dei voti alle ultime elezioni cantonali dello scorso anno. Un vero patto di paese per dire sì al salvataggio delle pensioni dei dipendenti pubblici.   

Foto: area-frabon

Pubblicato il

18.04.2024 16:09
Francesco Bonsaver
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