Lezione sulle risorse umane

Nella mia piccola vita mi capita talvolta di fare delle grandi esperienze. Ho frequentato un corso su motivazione e gestione delle persone, tenuto da un professore di alto bordo. Uno di quelli, per intenderci, che insegna in diverse università che ha una propria attività di consulenza aziendale e vanta agganci negli Stati Uniti d’America; uno di quelli che ha partecipato ad importanti eventi economici dei nostri tempi (la fusione tra Hp e Compaq, per esempio, che se è andata male è perché non l’hanno ascoltato); uno di quelli che prende l’aereo per Parigi, perché tra i suoi clienti c’è una primaria ditta francese costruttrice d’automobili (ma non vi dice quale, tanto ce ne sono solo tre, fate un po’ voi). Dalla sua bocca non escono parole ma vera e propria musica. Gli astanti pendono dalle sue labbra che distillano perle di saggezza su come gestire correttamente i propri collaboratori. Raggiunge l’apice di popolarità da subito, dichiarando d’emblée che il suo idolo nonché musa è Nelson Mandela. Durante il corso, i partecipanti si entusiasmano, lo adorano, gli fanno quasi la corte perché lo vorrebbero come loro capo del personale. Parliamo di collaboratori? Ricordiamoci sempre che prima del dipendente viene l’essere umano. Non è musica? Parliamo di reclutamento? Le agenzie di collocamento non sono altro che moderni mercanti di schiavi. Come dargli torto? Parliamo di gestione per obiettivi (il famigerato Mbo)? Va bene, ma solo se si mettono i collaboratori in condizione di poterli raggiungere. Non è ragionevole? Parliamo di ristrutturazione? Bisogna giocare a carte scoperte, per permettere alle vittime di elaborare il loro lutto ed ai sopravvissuti di affrontare il futuro positivamente. Un approccio piuttosto umano, no? Come sempre, un dotto messo sul piedistallo presto o tardi si sente in diritto di disquisire su tutto. Parte da un accostamento banale tipo il rapporto di lavoro è simile alla vita di coppia, divaga un attimo e comincia a parlare della propria vita sentimentale. Nella quale, of course, ha sempre ragione lui e sempre torto la moglie. I partecipanti si guardano con un po’ di fastidio. Per un po’ lo lasciano divagare, poi qualcuno timidamente interviene, altri lo assecondano. Il filo della lezione riprende. La divagazione ha abbassato la soglia di deferenza ed i partecipanti intervengono più spesso. La musica è cambiata. Sembra di sentire una piva al mese di luglio: riconosci la melodia ma qualcosa non torna, lo strumento “miagola”. L’espressione si è fatta tesa, gli occhi minacciosi ed il tono tradisce una certa insofferenza. Che diamine, noi siamo gli allievi, lui il professore: solitamente gli uni fanno domande e contraddicono, l’altro spiega, risponde ed argomenta. Tutto ad un tratto si insinuano due dubbi. Il primo mi induce a pensare che forse non pratica tutto quello che predica. Sarà anche importante valorizzare la comunicazione all’interno dell’azienda ma solo fintanto che sono d’accordo con ciò che dite. Il secondo risponde a tutti i crismi della disillusione: forse non sarebbe poi così una grande fortuna avere questo professore come capo del personale.

Pubblicato il

05.05.2006 13:00
Marco Marconi