Cantava Bob Dylan: “Non serve essere un meteorologo per capire da che parte tira il vento”. In materia di asilo, soffia da anni nella stessa direzione: quella dell’esclusione e della precarizzazione dei migranti (poveri). Chi ieri era considerato un perseguitato in pericolo di morte, come i disertori eritrei, oggi per il parlamento svizzero può tranquillamente tornare a casa. Chi ieri era accolto in centri aperti, inseriti nelle zone urbane, viene rinchiuso in “centri” dispersi nelle campagne, a dimostrazione che democrazia borghese e campi di concentramento sono tristemente compatibili. Due esempi tra molti altri del peggioramento definitivo del diritto dell’asilo, qualora il 5 giugno dovesse passare il Sì alla riforma sull’asilo portata da Simonetta Sommaruga.


È quindi sorprendente vedere la direzione nazionale del sindacato difendere a spada tratta la riforma, come fa nell’ultimo numero di area la responsabile migrazioni di Unia Rita Schiavi. A chi definisce la nuova la legge “un passo avanti”, dal titolo dell’articolo dell’ultimo numero, andrebbe chiesto: sì, ma per chi? E soprattutto, in che direzione?
Secondo la direzione nazionale del sindacato, il primo passo in avanti sarebbe dato dall’accelerazione delle procedure. Si dimentica però di dire che non si velocizzano tutte le procedure, ma solo quelle “accelerate”, ovvero principalmente i casi delle persone che la Svizzera vuole espellere al più presto. Una pratica rivendicata dalle autorità, che hanno indicato di voler dare la priorità ai casi Dublino, alle domande poco motivate o quelle in provenienza da Stati con un basso tasso di riconoscimento (Comunicato stampa del SEM, 24 settembre 2015). Proprio per rendere ancora più rapida la procedura, i termini di ricorso contro un rifiuto d’asilo passano così da 30 a 7 giorni. Un passo avanti per chi vuole più espulsioni, un passo indietro per i migranti.


Un’altra miglioria sarebbe il riconoscimento dell’assistenza giuridica gratuita per i richiedenti. A differenza di quanto raccomandato alla Svizzera dal Comitato dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite e di quanto previsto nel Regolamento Dublino III, l’assistenza giuridica gratuita non sarà garantita a tutti, ma unicamente a chi è sottoposto alla procedura accelerata (60% dei casi). Il “rappresentante legale” sarà scelto e salariato dalle autorità che dovranno emettere la decisione. Inoltre, quest’ultimo potrà rifiutarsi di presentare un ricorso contro la volontà del richiedente asilo. Difficile considerare un reale passo avanti una misura che non rispetta neppure gli standard minimi del diritto internazionale.


Lo stesso discorso vale per l’obbligo di scolarizzazione dei bambini. Ogni bambino residente in Svizzera, migrante o no, ha il diritto e l’obbligo di andare a scuola. Istituire scuole speciali per bambini migranti non è riconoscere un nuovo diritto, ma una nuova esclusione. Un passo avanti quindi solo per chi vorrebbe educare i migranti, già da piccoli, al loro destino fatto di ramine, divise e cani lupo.


I passi avanti decantati dalla direzione sindacale e dalla destra social-democratica non sono altro che muri di fumo, che nascondono a stento la politica razzista di sempre. Se è vero che rifiutare la riforma LAsi non renderà la Svizzera più accogliente per i rifugiati, è altrettanto vero che accettare la riforma significa dire sì a Dublino, ai campi, ai rinvii accelerati e sempre più militarizzati. Votare Sì significa rassegnarsi a seguire la direzione del vento, fingendo di non accorgersi che continua a soffiare nella direzione sbagliata.

Pubblicato il 

24.05.16

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