Da oltre un anno chiedono regole chiare da tradursi in un contratto collettivo, ma la direzione li ignora. Per farsi ascoltare, gli resta una sola possibilità: fermare la produzione. E finalmente la risposta, positiva, arriva. È successo martedì alla Lati, la cooperativa del latte ticinese di Sant'Antonino.

«Il prossimo articolo lo scriverai sulla Lati» ci avevano detto alcuni operai alla prima assemblea dell'industria delle Tre Valli tenutasi a Bodio qualche settimana fa. Una promessa mantenuta lo scorso martedì, quando i sessanta operai hanno incrociato le braccia alle cinque di mattina per ottenere un contratto collettivo di lavoro. È un filo, ovviamente rosso, quello che accomuna i diversi settori di lavoro nel contesto attuale. Un filo rosso rivendicativo che oggi si riassume in una parola: dignità.
Già in occasione dell'assemblea di Bodio la parola dignità emergeva quale denominatore comune nei vari interventi o semplicemente parlando con gli operai (si veda area del 24 maggio 2012).
La dignità l'abbiamo ritrovata davanti ai cancelli della Lati martedì mattina, raccontata con orgoglio dagli operai con cui abbiamo parlato. «Chiediamo solo di poter lavorare bene ed essere rispettati. Non chiediamo la luna. Siamo ben disposti a collaborare per il bene dell'azienda. Non ci interessa la questione monetaria, ma essere trattati con dignità» raccontano Emiliano e Furio, due operai che s'intercalano e si completano nello spiegare al cronista il motivo dell'astensione dal lavoro. «Chiediamo delle regole chiare in modo da non essere in balia degli umori dei dirigenti. Regole riassunte in un contratto collettivo di lavoro, dove siano definiti doveri ma anche diritti» prosegue Davide.
E alla fine il Ccl lo avranno, grazie alla loro determinazione e alla compattezza dimostrata in quest'alba di metà giugno. Chiunque fosse stato presente ai cancelli della Lati martedì mattina non avrebbe potuto fare a meno di notare la ferma convinzione di tutti i dipendenti nel volersi astenere dal lavoro per ottenere una risposta dalla direzione o dal consiglio di amministrazione.
Un risultato non casuale, ma giunto alla fine di un percorso avviatosi quasi due anni or sono. Inizia con la costituzione di una commissione del personale che, sostenuta dai funzionari di Unia, si mette prontamente al lavoro per elaborare delle proposte da sottoporre alla direzione per migliorare le relazioni di lavoro (direzione che puntualmente le ignora).
La commissione del personale si dimetterà poi in blocco, in segno di protesta verso una direzione sorda. La dirigenza aziendale prosegue imperterrita nella scelta autoritaria, convocando individualmente i dipendenti per far loro firmare un regolamento peggiorativo delle condizioni di lavoro, restando invece silente sulle numerose richieste d'incontro sollecitate dal personale e dal sindacato. A peggiorare le cose negli ultimi mesi, un ambiente di lavoro degradato, con declassamenti, riduzioni di stipendi e una turnistica pesante per alcuni reparti, con orari che oltrepassavano gli accordi pattuiti con l'Ispettorato del lavoro cantonale.
L'epilogo è inevitabile e per nulla sorprendente: gli operai dicono basta, fermano la produzione, uniti e compatti. Dopo tre ore di astensione al lavoro, la direzione della Lati accetta di sottoscrivere un accordo vincolante su numerosi aspetti. In particolare, già questo venerdì ci sarà una prima riunione tra direzione, rappresentanti dei lavoratori e sindacalisti per l'avvio di una discussione sul Ccl. L'azienda si impegna ad arrivare a una firma finale entro fine agosto. Un Ccl che definisca le "regole chiare" auspicate dai dipendenti, in cui siano definiti salari minimi, indennità per turni e altri aspetti riguardanti le condizioni di lavoro. Da subito la direzione s'impegna a riorganizzare i turni di lavoro dei reparti dove si lavorava anche oltre le dieci ore. Infine, oltre alla garanzia di escludere ritorsioni nei confronti degli operai, sarà possibile organizzare assemblee sindacali all'interno della fabbrica (prima era assolutamente vietato). L'accordo, sottoposto ai dipendenti prima di riprendere il lavoro, è stato approvato da un applauso liberatorio. Soddisfatti? chiediamo loro. «È un inizio. Positivo sicuramente rispetto al passato, ma siamo solo all'inizio di un percorso che dovrà sfociare in atti concreti. Ognuno faccia quello che gli compete, nell'interesse della ditta, dei lavoratori e della collettività, assumendosi le sue responsabilità. In fondo si tratta solo di definire delle regole chiare, come si conviene tra persone civili».

Pubblicato il 

22.06.12

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