L’iniziativa per l’introduzione di un tetto del 10% del reddito ai premi dell’assicurazione malattie non ha superato la prova delle urne. La martellante campagna di terrore degli avversari, che sventolavano lo spettro di un aumento delle tasse per tutti, ha fatto presa soprattutto nella Svizzera tedesca, dove il problema del livello dei premi è meno drammatico e diffuso che altrove e dove ha prevalso il tradizionale voto liberal-conservatore. Un voto che è stato determinante per la bocciatura a livello nazionale dell’iniziativa socialista, approvata invece da tutta la Romandia, dal Ticino e da Basilea Città. Ne esce un paese spaccato dalle diverse sensibilità culturali, sociali e politiche delle regioni che lo compongono, ben raccontato dal 20% di consensi raccolti dall’iniziativa in Appenzello Interno e dal 72% nel Canton Giura.

 

E un paese che ha perso un’occasione per rendere un po’ meno antisociale il finanziamento della sanità, basato sul sistema dei premi pro capite, in cui il milionario paga lo stesso di una cameriera. Un’anomalia tutta svizzera e unica al mondo, che anno dopo anno, aumento dopo aumento accentua le disuguaglianze e la sofferenza di ampie fasce della popolazione. Una sofferenza che

il Consiglio federale e il Parlamento non sono sin qui stati capaci di intercettare e tantomeno di contrastare con le misure che si impongono.

 

A settembre verranno annunciati gli aumenti per il 2025 e, stando alle previsioni del servizio di confronto online Comparis, dovrebbero aggirarsi mediamente a livello nazionale attorno al 6% e in alcuni cantoni potrebbero superare addirittura il 10. Indipendentemente dall’esito della votazione di oggi, di fronte all’aggravarsi della situazione, la politica non potrà continuare a ignorare i danni che l’esplosione dei premi sta producendo: basti solo ricordare che oggi nella ricca Svizzera una persona su cinque confrontata con dei problemi di salute, spesso seri, rinuncia per motivi economici ad andare dal medico o a curarsi. E intanto i salari dei manager delle casse malati, dei primari e dei dirigenti ospedalieri continuano a lievitare, mentre il Parlamento, contaminato dalle lobby dell’industria farmaceutica e degli assicuratori, fa poco o nulla per contenere gli esorbitanti prezzi dei farmaci.

 

Attendersi un cambio di rotta sarebbe forse troppo ottimistico, ma è sperabile che sotto la cupola di Palazzo federale si colga finalmente il segnale lanciato dal quel 45% di votanti che ha sostenuto l’iniziativa e che dà la misura di quanto diffuso sia il malessere nella popolazione e di quanto sia urgente trovare soluzioni alternative per alleggerire l’onere a carico degli assicurati: con sussidi più generosi e con misure di contenimento dei costi che, ovviamente, non vadano a incidere sulla qualità delle cure e sul diritto di accesso alla medicina per tutti.

 

 

Pubblicato il 

09.06.24
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