La crisi entra sempre più prepotente nella vita delle persone. Ne sono una drammatica testimonianza i licenziamenti all'Agie, alla Mikron e in molte altre fabbriche. Dalla finanza, la crisi ora inizia a colpire nell'economia produttiva. Prima abbiamo perso i risparmi, ora il lavoro. Per contrastarla, s'invoca lo Stato. A lungo denigrato dal pensiero liberista, lo stesso che ci ha condotto al disastro, ora viene da tutti adulato. Anche da chi per anni ha vantato la necessità del meno Stato, smantellandolo pezzo per pezzo, oggi ne chiede a gran voce l'intervento. È giusto, ma occorre fare delle differenze. Le conseguenze della crisi non sono uguali per tutti. Il cinquantenne licenziato dall'Agie non è uguale a Flavio Cotti, l'ex consigliere federale, o a Gerold Bührer, il presidente di Economiesuisse, entrambi membri del Consiglio di amministrazione della Georg Fischer, il gruppo proprietario dell'Agie. Le difficoltà economiche e sociali a cui andranno incontro i 44 licenziati dello stabilimento di Losone non sono le stesse di Cotti e Bührer. Gli interessi dei salariati non sono gli stessi dei padroni. L'intervento statale per contrastare la crisi non può apparire neutrale. Sarebbe ipocrita. La ministra Doris Leuthard lascia in sala d'attesa i lavoratori e s'inchina al volere di una banca. Se paragoniamo i 68 miliardi dati ad Ubs al misero miliardo e mezzo di franchi destinato alle misure anti crisi varate dal governo, è chiaro quali siano le priorità. Tanto alla finanza, poco, molto poco, all'economia reale. Certo, la piazza finanziaria dà lavoro a 200 mila persone e produce il 14 per cento del Pil svizzero. La sua importanza è indiscutibile nel sistema economico attuale. Ma è proprio questa la domanda. Ha senso avere ancora fiducia in un sistema rivelatosi fallimentare? È giusto difendere ad oltranza una ricchezza poggiata sul segreto bancario, costruito su una labile quanto moralmente discutibile distinzione tra frode ed evasione fiscale? Non sarebbe ora di cambiare rotta, partendo dai bisogni dei cittadini e dei salariati? Unia ha prodotto un interessante opuscolo, "La crisi e i suoi meccanismi: la nostra risposta". Parla di sviluppare un'economia produttiva fondata sull'ecologia e sulla ricerca, con un sistema bancario orientato alla crescita e non allo sciacallaggio delle aziende. E parla di migliori condizioni di lavoro. Forse non tutto è condivisibile, ma almeno vi è una base di discussione. Per trasformare la crisi in un'opportunità di crescita della società intera. |