Sono crollate le certezze e i miti non servono più a mantenere in vita le glorie, o presunte tali, del passato. Perché anche il passato nasconde le sue scomode verità (come i rapporti sul ruolo della Svizzera nella seconda guerra mondiale hanno, per esempio, portato alla luce). Per il nostro Paese l’anno che sta per concludersi è stato particolare; i valori di cui andava fiero, che credeva inscalfibili, sono crollati come birilli, uno dopo l’altro, in un’impressionante sequenza negativa: la tragedia di Zugo, il crollo della Swissair, il disastro del Gottardo, lo schianto di un aereo della Crossair. Eventi straordinari, è vero, che hanno però sconvolto «l’isola felice» che si è svegliata bruscamente da una sorta di prolungato torpore. La Svizzera, insomma, si è scoperta un Paese vulnerabile e normale, con tutte le sue contraddizioni e disfunzioni. Ha però perso l’occasione, secondo noi, di avviare un processo di ripensamento dopo l’inevitabile, ma troppo sbrigativa, catarsi. Tutte queste tragedie nazionali sono state, in fondo, riposte in un cassetto, chiuse a chiave, private di un dibattito che potesse dare avvio a nuove progettualità politiche. Nella realtà non è cambiato niente: l’economia e le banche continuano a dettare le loro regole (vedi il trattamento riservato ai dipendenti della Swissair), le autorità federali persistono nell’atteggiamento di chiusura nei confronti dei «sans papiers», i datori di lavoro non concedono quasi nulla alle rivendicazioni dei lavoratori spremuti come limoni sull’altare del profitto, le discriminazioni nei confronti delle donne e degli stranieri fanno parte della quotidianità, la cultura fatica a trovare nuovi spazi e nuovi slanci. Tutto come prima. Gli stessi meccanismi di difesa, le stesse paure, la stessa mancanza di generosità e di coraggio. Evaporati i momenti di riflessione, trasformate le occasioni in bolle di sapone, affidiamo agli auguri parte delle nostre speranze. Vorremmo un Paese capace di grandi slanci, di sognare, aperto alle utopie, pronto a mettersi in discussione, recettivo ai movimenti e ai segnali di rinnovamento che giungono dalla società civile. Vorremmo, soprattutto, un Paese sensibile e attento alle richieste di un mondo più giusto e solidale.

Pubblicato il 

14.12.01

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