"Primo maggio, festa del lavoro: siamo aperti dalle 7 alle 19". Un cartello posto all’entrata di un centro Coop di Zurigo avverte la clientela che il negozio è regolarmente aperto anche nel giorno dedicato alle lavoratrici e ai lavoratori. È giusto che parta da qui il bilancio di una giornata di festa e di riflessione che in tutta la Svizzera ha visto migliaia di persone scendere nelle piazze ad ascoltare i discorsi di sindacalisti e leader politici, svizzeri e stranieri. Quella scritta, che, purtroppo, si poteva leggere davanti a centinaia di negozi di tutto il Paese, sintetizza bene le nuove "regole" a cui sono sottoposti oggi le salariate e i salariati, sempre più spesso costretti al lavoro festivo e serale, alla flessibilità e dunque alla precarietà. Temi questi che sono stati al centro della tradizionale manifestazione di Bellinzona, che ha visto oltre un migliaio di persone sfilare lungo le strade cittadine e sostare davanti ai simboli della liberalizzazione e delle privatizzazioni: l’Adecco, colosso mondiale della manodopera in prestito, la Posta e le Officine Ffs, le ex aziende pubbliche oggetto di ristrutturazioni e licenziamenti, e i grandi magazzini, veri e propri pionieri della flessibilità. "Una flessibilità — ha sottolineato la segretaria dell’Unione sindacale svizzera (Uss) Marie-France Morisod — che avrebbe dovuto permettere, in particolare alle donne, di meglio conciliare la vita familiare e professionale, ma che ha finito per ritorcersi proprio contro di loro". Altro tema "all’ordine del giorno" è stato quello delle disparità salariali, di cui ha parlato a Basilea il presidente dell’Uss Paul Rechsteiner. "Centinaia di migliaia di persone — ha affermato — guadagnano in Svizzera meno di 3mila franchi al mese, mentre i loro quadri dirigenti percepiscono salari da capogiro". Un fenomeno quest’ultimo, ha aggiunto Rechsteiner, che interessa sempre più anche le aziende pubbliche o controllate dallo Stato come Ffs, Swisscom e Posta. La crisi economica degli anni Novanta, ha insistito Rechsteiner, è ormai alle spalle, ma i vantaggi non sono stati ridistribuiti ai lavoratori, che più di altri hanno dovuto sopportarne le conseguenze. Sul tema si è espressa anche la Consigliera federale Ruth Dreifuss, che dalla Piazza federale di Berna ha invitato salariati, pensionati, apprendisti e studenti a reclamare quanto loro dovuto. Non nascondendo la propria collera per il crescente divario creatosi tra retribuzioni milionarie e bassi redditi, Dreifuss ha affermato che una busta paga giusta costituisce la migliore ricetta "per combattere la crescente povertà in una Svizzera ricca". Una povertà, lo ricordiamo, che sempre più spesso tocca anche chi ha un lavoro regolare, i cosiddetti "working poors". Il Primo maggio più frequentato e movimentato è stato anche quest’anno quello di Zurigo, dove per le strade sono scese quasi diecimila persone. Particolare interesse lo ha sucitato l’intervento di Leila Kahled, militante di spicco del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, la cui presenza quale oratrice ufficiale ha "offeso" la comunità ebraica zurighese e diviso il partito socialista. Commozione e applausi ha invece suscitato presso le migliaia di persone che hanno ascoltato le sue parole. Parole dure e convincenti pronunciate da una donna con alle spalle anni di lotta, di sconfitte e di umiliazioni. In un discorso durato una ventina di minuti e continuamente interrotto da colpi di tosse, Leila Khaled non è stata tenera con il nuovo premier israeliano Ariel Sharon: "la sua politica è una nuova forma di fascismo", ha detto. Il popolo palestinese, ha aggiunto, viene lentamente massacrato e una soluzione politica è l’unica possibile via d’uscita. Ma fintanto che una simile soluzione non sarà trovata, la lotta del popolo palestinese continuerà. L’oratrice ha paragonato la situazione del suo popolo a quella del Sudafrica ai tempi dell’Apartheid e invitato la popolazione elvetica a boicottare l’economia israeliana, così come fece con il Sudafrica. Auguriamoci è che la Svizzera sia un po’ meno sorda di allora!
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