Il vicepresidente della Banca dello Stato, l’avvocato bellinzonese Tuto Rossi, in manette. Con lui il vicedirettore della filiale di Locarno, Urs Betschart. Motivo dell’arresto: venti milioni di ammanco nelle casse dell’Istituto di credito. Secondo il Ministero pubblico, che l’altra sera ha diramato un lungo comunicato, l’ipotesi di reati contro Tuto Rossi è di «amministrazione infedele aggravata, subordinatamente semplice». Rossi nega ogni addebito in quanto, dice, non era al corrente delle operazioni irregolari. L’indagine su questo nuovo scandalo è condotta dal procuratore generale Luca Marcellini e dalla procuratrice Maria Galliani. Questi, stringatissimi, i fatti che hanno avuto l’effetto di una bomba nel piccolo mondo ticinese. L’ammanco nei forzieri della banca è stato denunciato dallo stesso Istituto di credito dopo aver constatato dei movimenti «insoliti» su tre conti facenti capo a Rossi e su quattro facenti capo a Betschart. La Banca ha dunque chiesto al Ministero pubblico di appurare possibili malversazioni «commesse nel quadro di transazioni con strategie in derivati prive della necessaria copertura». Detto in buon latino: manovre speculative. «Le transazioni – leggiamo ancora nella nota della magistratura – oltre ad avere consumato il capitale depositato sui conti, hanno danneggiato il patrimonio della banca stessa. La chiusura delle operazioni in borsa – precisa ancora il comunicato – ha infatti comportato per la banca perdite per un importo complessivo di 20 milioni di franchi». Visto il danno la Banca dello Stato si è immediatamente costituita parte civile e i suoi interessi saranno difesi dall’avvocato John Noseda. Ma l’arresto di Tuto Rossi non è soltanto una vicenda finanziaria, giacché la sua nomina, ma non l’ultima, è legata al Partito socialista. In occasione del rinnovo per un terzo mandato in seno al Consiglio di amministrazione della Banca dello Stato (nel 1999), la direzione del Partito socialista, come spiega più avanti la presidente del Ps Anna Biscossa, si era fermamente opposta alla riconferma di Rossi proponendo, in sua sostituzione, l’economista Christian Marazzi. Ma l’allora consigliere di Stato Pietro Martinelli decise di procedere comunque alla nomina per il terzo ed ultimo mandato, visto che Rossi era già membro del Consiglio di amministrazione della banca. In quella circostanza Rossi aveva preteso di non figurare come rappresentante della sinistra. Il rapporto di Rossi, iscritto alla sezione bellinzonese del partito, con il Ps aveva già segnato altri atteggiamenti «singolari». Si pensa, in particolare, alle rivelazioni fatte a più riprese da importanti esponenti della Lega dei Ticinesi secondo le quali lo stesso Rossi sarebbe stato l’autore, in forma anonima, di alcuni dei più feroci attacchi contro il Ps e taluni suoi esponenti. Sullo scandalo abbiamo chiesto una reazione alla presidente del Ps Anna Biscossa. «Dal profilo politico – ci dice la presidente – va detto che l’attuale direzione del Partito socialista non ha mai sostenuto la candidatura di Tuto Rossi nel consiglio di amministrazione della Banca dello Stato. Anzi. Nel 1999, al momento del rinnovo del mandato di Rossi, la Direzione si oppose fermamente alla riconferma dello stesso, proponendo un’altra candidatura. Non è quindi un caso – precisa ancora Anna Biscossa – che la sinistra e in particolare il Partito socialista siano stati oggetto, in questi ultimi anni, di ripetuti attacchi da parte di Rossi stesso. Rossi che, va detto, in questo esercizio è sempre stato ben spalleggiato da altri personaggi che – sottolinea ancora la presidente del Ps – erano un tempo molto vicini alla sinistra. Quanto alla vicenda finanziaria in sé aspettiamo gli accertamenti della Magistratura prima di emettere qualsiasi giudizio in merito». Una cosa è certa. Questa brutta storia, che mette ancora in luce la spregiudicatezza di certi personaggi e l’assenza di etica nella gestione degli affari, non si fermerà qui.

Pubblicato il 

05.10.01

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