Le infermiere salgono sulle barricate

Durante la prima ondata della pandemia, erano state subissate di lodi e di applausi, spesso addirittura paragonate a delle eroine. Ma poi, seguendo il vecchio adagio “passata la festa, gabbato lo santo”, le infermiere avevano dovuto rendersi conto che con il ritorno di un’apparente normalità, per loro niente era cambiato, salvo la perdita di molte illusioni. Così in giugno il Consiglio degli Stati non c’aveva pensato due volte ad addirittura peggiorare il già debole controprogetto indiretto, che mesi prima dello scoppio della pandemia il Consiglio Nazionale aveva concepito quale alternativa all’iniziativa popolare “Per cure infermieristiche forti”. Ma anche in Ticino l’Ente Ospedaliero Cantonale, dovendo decidere cosa fare dei 4 milioni regalatigli dalla popolazione durante la prima ondata, invece di suddividere questi fondi come premio Covid tra i suoi impiegati, non ha trovato di meglio che inventarsi un concorso di idee su come migliorare il servizio ai pazienti. Non che un simile concorso sia di per sé una cattiva idea: ma è qualcosa che l’Eoc dovrebbe già fare regolarmente in situazioni normali.


E ora al personale sanitario è piombata addosso la seconda ondata, con un anticipo e una intensità che pochi avevano previsto. Ondata questa gestita sin qui abbastanza male dal Consiglio federale, oltretutto colpevole di aver lanciato messaggi di falsa sicurezza a inizio estate, quando sotto la pressione delle cerchie economiche in pochi giorni ha allentato quasi tutte le misure di precauzione, cosicché la gente ha pensato che il pericolo era oramai passato. Il comportamento dei turisti in Ticino durante l’estate ha confermato che questa era la convinzione che si era fatta la maggioranza degli svizzeri. Ma per capire l’arrabbiatura che ora prevale tra il personale infermieristico vale la pena di esaminare quali sono le richieste principali della loro iniziativa popolare “Per cure infermieristiche forti”, su cui il Parlamento dovrebbe prendere una posizione finale il prossimo mese di marzo. Le quattro richieste sono: risorse per formare un più gran numero di infermiere e per migliorare le loro condizioni di lavoro; maggiore autonomia; generalizzazione dei contratti collettivi; e definizione di un numero minimo di infermiere che deve sempre essere presente su ogni reparto.

 

Quest’ultimo punto è fondamentale: molti studi hanno difatti dimostrato che se il numero delle infermiere competenti è insufficiente, ciò provoca un chiaro aumento delle complicazioni e addirittura della mortalità ospedaliera. Il controprogetto del Consiglio nazionale propone invece soltanto un aumento dell’autonomia delle infermiere e dei sussidi abbastanza limitati della Confederazione per permettere ai Cantoni di formare più personale, senza però accennare a un miglioramento delle condizioni salariali. Delle altre due richieste non se n’è neanche parlato. Come detto poi il Consiglio degli Stati ha ulteriormente peggiorato questo controprogetto. È quindi più che comprensibile che la settimana scorsa in una serie di città svizzere ci siano state delle manifestazioni, coronate da quella nazionale di sabato davanti al Palazzo federale, con cui il personale infermieristico ha voluto esprimere la sua profonda insoddisfazione e la sua delusione per essere stato in pratica ingannato. Di fronte a queste manifestazioni molti politici si sono stracciati le vesti. Si è in particolare distinta la responsabile della politica sanitaria del Ppd Ruth Humbel, già nota per i suoi stretti legami con le casse malati, che ha definito le richieste delle infermiere come «ciniche». Quasi da non credere, anche se a Palazzo si sussurra che questa è l’opinione di molti politici borghesi, che però hanno avuto almeno l’accortezza di tacere. Ma la verità verrà presto a galla e purtroppo sappiamo che da questo Parlamento non possiamo aspettarci molto di buono. Nonostante tutti gli illusori discorsi sul fatto che questo Parlamento sia più a sinistra di quello precedente.

Pubblicato il

05.11.2020 19:09
Franco Cavalli
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