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L'editoriale

Le grandi manovre per farci lavorare di più

di

Claudio Carrer

Ancora non conosciamo le sorti della controversa Riforma della previdenza vecchiaia 2020 (Pv 2020) su cui i cittadini si esprimeranno il 24 settembre, ma sappiamo già cosa ci attende dietro l’angolo, indipendentemente dall’esito della votazione: il tentativo di innalzare l’età di pensionamento in maniera drastica, non a 67 o 68 anni ma a 70 e oltre! Questo è infatti il piano dei padroni, della destra e di tutte le forze borghesi presenti in Parlamento, comprese quelle (Ppd, Verdi liberali e Partito borghese democratico) che hanno dato una mano ai socialdemocratici a far passare la Pv 2020.

 

Un piano contenuto in una mozione del consigliere agli Stati popolare-democratico Peter Hegglin, che chiede di abbandonare il sistema con un’età di pensionamento ordinaria (oggi 64 anni per le donne e 65 per gli uomini, con la Pv 2020 65 per tutti) per passare a uno con un’età di riferimento variabile, che si situi 16 anni al di sotto della speranza di vita media della popolazione di età superiore ai 65 anni, oggi stimabile circa a 86 anni. Applicato alla realtà di oggi, il diritto alla pensione subentrerebbe così attorno ai 70 anni e in prospettiva ancora più in là, visto che la speranza di vita aumenta ad un ritmo di circa 50 giorni all’anno.


L’idea mette semplicemente i brividi, non solo perché l’innalzamento dell’età pensionabile è un assurdo in un mercato del lavoro che espelle già gli ultracinquantenni, ma anche perché il criterio della speranza di vita della popolazione è totalmente inadeguato in quanto non tiene conto delle importanti differenze tra le categorie socioprofessionali (chi fa mestieri usuranti e guadagna di meno muore prima).


Purtroppo è una ricetta che raccoglie consenso, visto che la citata mozione è stata sottoscritta da ben 17 altri consiglieri agli Stati, compreso il capogruppo Ppd Filippo Lombardi. Ma non solo: all’indomani dell’approvazione della Pv 2020 diversi esponenti di quei partiti che l’hanno sostenuta (forse forti di un sondaggio che le attribuisce il 59% di consensi nella popolazione) si sono lasciati andare a dichiarazioni del tipo “è solo un primo passo”, “servono subito altre riforme”, “va subito adeguata l’età di pensionamento” eccetera.


Dentro il sindacato i giudizi sulla Pv2020 sono divergenti: i fautori dicono che va accettata per evitare il peggio, i contrari che va respinta per non spianare la strada al peggio. Ma il peggio è dietro l’angolo e, indipendentemente da come la si pensi e da come vada la votazione di settembre, se si vuole salvare e possibilmente rafforzare l’Avs bisogna urgentemente pensare a nuovi metodi di finanziamento andando nella direzione di una più equa ripartizione tra capitale e lavoro e di un diritto del lavoro degno di questo nome. Non si può più continuare a pescare dalle tasche dei salariati e ad eroderne i diritti.

Pubblicato

Giovedì 30 Marzo 2017

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