Le due Svizzere di Nick Hayek

In Ticino salari e condizioni di lavoro di serie B. La testimonianza: umanità zero, conta solo produrre. La replica di Swatch

Nascosta dalla luccicante immagine pubblicitaria del colosso orologiero, la vita dentro le fabbriche non ha nulla di brillante. Non solo le paghe sono inferiori al resto paese, pure le condizioni di lavoro sono di serie B.

L’orologio al polso del novello sposo George Clooney è stato un colpo pubblicitario da maestro. Sotto la sapiente regia di Nick Hayek, gran patron della Swatch e amico dell’attore, nello show del matrimonio più glamour dell’anno è andata in scena la pubblicità subliminale perfetta di Omega. I giorni precedenti al matrimonio, nelle sue apparizioni tra i canali veneziani a beneficio dei paparazzi, il buon Clooney sfoderava un Omega Seamaster Aqua Terra del gruppo Swatch. Il giorno del matrimonio, dalla manica dell’impeccabile smoking dello sposo faceva mostra di un altro modello di Omega, la De Ville Trésor. Una versione uscita in commercio proprio la settimana dello sposalizio teletrasmesso. La casualità.


Riconosciuta l’abilità geniale di Hayek nel marketing aziendale, gli si farebbe un torto se non lo si ritenesse anche un imprenditore che ha un controllo globale su quanto avviene nelle sue fabbriche in Svizzera. O meglio, nelle due Svizzere: il Ticino e il resto del paese.


Hayek è sicuramente conscio che in Ticino i salari dei suoi dipendenti sono inferiori di qualche centinaia di franchi rispetto al resto della nazione. E gli va riconosciuto di essersi mosso su questo fronte. Nel maggio dello scorso anno l’amministratore delegato di Swatch aveva ammesso: «È vero, 2.600 franchi al mese in Ticino non sono sufficienti, dobbiamo fare qualcosa». Oggi il salario minimo d’entrata nei suoi quattro stabilimenti ticinesi è di 3.000 franchi lordi. Un progresso che ha ridotto lo scarto di paga con le altre regioni del paese. Ridotto, non colmato. Si va dal minimo dei 400 franchi nel Giura e Vallese ai 700 franchi mensili di Berna o Neuchâtel. Non proprio noccioline.
Di applicare una discriminazione salariale all’interno dello stesso paese, lo aveva ammesso lo stesso Nick Hayek in un’intervista a Ticino management in un articolo contrario al salario minimo: «I costi della vita sono completamente diversi nel Giura o in Ticino, e ci sono aree dove 4.000 franchi potrebbero addirittura essere pochi». Hayek dovrebbe forse spiegare quali siano le differenze del costo della vita a Lugano o Delémont, a Briga e Neuchâtel che giustificano differenze di paghe di 400 franchi e oltre al mese. Non risulta che gli affitti siano più bassi o i centri commerciali vendano i loro prodotti a prezzi inferiori in Ticino rispetto ai cantoni citati. «Il vero interesse di Swatch nel produrre in Ticino è il basso costo salariale pur potendo fregiarsi del marchio “Swiss Made”» afferma Rolando Lepori, segretario sindacale di Unia Ticino. Una legge recentemente approvata obbliga un’azienda intenzionata ad apporre la designazione “Swiss Made” per i prodotti industriali a fare in modo che almeno il 60 per cento dei costi di fabbricazione sia essere generato in Svizzera, ricerca e sviluppo inclusi. E i costi di produzione ticinesi spiegano la presenza dei 2.000 dipendenti del gruppo a sud delle Alpi.


Secondo Lepori, un’altra cifra dimostra la considerazione di Swatch per il sud delle Alpi. «La media nazionale del personale qualificato nel settore orologiero è del 40 per cento. In Ticino corrisponde all’uno per cento». Bassi stipendi e nessun valore aggiunto alla produzione. Il Ticino visto come terra di conquista del gruppo orologiero svizzero. Anche perché qualche notabile locale gli spalanca le porte.

 

A Genestrerio zero posti creati

Su 11.000 metri quadrati di prato attorniato da fondi agricoli e vigneti a Genestrerio, la Swatch intende costruire un capannone quale nuova sede in Ticino. Posti di lavoro stimati 250. Posti creati, vicino allo zero. Si tratta in gran parte di trasferimenti dalla sede di Taverne (dove attualmente lavorano circa 200 persone) e che, una volta realizzato il centro di Genestrerio, «sarà soppressa», a quanto si legge nella relazione tecnica consegnata per il permesso di costruzione.


Non solo, nella nuova sede del Mendrisiotto, la Swatch vuole raggruppare le attività di deposito «oggi in affitto presso terzi e distribuite in vari Comuni ticinesi e d'oltralpe». L’arrivo di Swatch a Genestrerio non ha riscosso entusiasmi. Un anno fa, 14 consiglieri comunali di Mendrisio (di cui Genestrerio fa parte) di tutti gli schieramenti politici, esclusi i Ppd, hanno inoltrato un’interrogazione sul tema. In sintesi, i consiglieri comunali esprimevano preoccupazione per le dimensioni del capannone, per il traffico generato e per la creazione di posti di lavoro a basso reddito e non qualificati «quando sarebbe auspicabile il contrario». L’interrogazione è stata liquidata dal Municipio, che oltre ad invocare il preavviso favorevole del Cantone al capannone ha informato che era stato il precedente comune di Genestrerio ad autorizzarla. Ma la pubblicazione della domanda di costruzione lo scorso settembre ha provocato l’opposizione ufficiale alla licenza edilizia dei Verdi e le osservazioni critiche del movimento Cittadini per il territorio e dell’Associazione traffico e ambiente (Ata). La questione non è ancora chiusa.

 

 

Le testimonianze

«Certo, con la differenza di paga ci sentiamo discriminate. Ma vi rinuncio volentieri in cambio di un miglior clima di lavoro. Purtroppo così non è», racconta una delle nostre interlocutrici, tutte dipendenti del gruppo Swatch in Ticino. «Io invece preferirei la paga. Non per essere venale, ma lo stress è una variabile troppo astratta, difficile da quantificare precisamente. Mentre l’importo della paga è quello e c’è poco da discutere». Opinioni divergenti sulla soluzione, ma tutte concordano sul fatto che lo stress è molto elevato all’interno di quell’azienda. Parlano con cognizione di causa, poiché sanno che cosa comporta l’applicazione del modello Swatch.
La loro fabbrica, quasi cinquecento dipendenti, è stata rilevata solo da un paio d’anni dal gruppo di Bienne. Prima lavoravano sempre per Swatch, ma indirettamente, essendo l’unico cliente della precedente proprietà. Le condizioni di lavoro erano però diverse. La produzione era sempre la priorità, ma «c’era più umanità» dicono in coro.


In casa Swatch la produzione è un valore assoluto. Ciò comporta la flessibilità totale dei dipendenti alla “causa” della produzione. L’introduzione lo scorso anno della banca ore annuale è uno degli strumenti principali per flessibilizzare ai desideri aziendali le lavoratrici. «Alla fine lavoriamo tutti i sabati per essere al pari con le ore. E così lo straordinario del sabato non viene più pagato, ma finisce come ora normale nel conteggio della banca ore annuali». Flessibilità a senso unico, si diceva. «Sì, perché nei rari casi in cui si ha un saldo positivo di ore, la possibilità di usarle per motivi personali è concessa raramente alle dipendenti». La banca ore non è l’unico elemento peggiorativo del clima di lavoro. A esacerbare l’ambiente contribuirebbero non poco i quadri intermedi con continue pressioni sulle dipendenti per aumentare la produzione. «Non si sa se per direttive aziendali precise o per iniziativa personale, per farsi belle davanti ai loro superiori».  Fatto sta, dicono, che le pressioni sono diventante insostenibili. Guai ad ammalarsi, guai a perdere un attimo nella produzione delle migliaia di pezzi imposti giornalmente. Le minacce, seppur ancora velate, sono costanti. E poiché le persone non sono macchine, la flessibilizzazione estrema ha delle conseguenze sulla salute. «I danni si vedono. Il clima di tensione è alto, non c’è solidarietà tra colleghe. Siamo tutte in competizione l’una con l’altra. E le malattie psicosomatiche spuntano come funghi».


Mentre parliamo, le nostre interlocutrici, tentando di nascondere un certo orgoglio, dicono di essere «veloci nella produzione» e quindi al riparo da certe critiche. Ma oltre a denunciare le pressioni subite dalle colleghe, chiariscono come nel modello Swatch esista il solo bastone senza la carota. «Pur rispettando il numero di pezzi prodotti richiesti, la cui asticella si alza periodicamente,  non c’è nessun ringraziamento. Non dico monetario, perché i premi di produzione non esistono. Ma neanche un semplice: “brava” o “grazie”. È tutto dovuto» spiegano le operaie. Per contro, dicono, se invece qualche collega ha dei ritmi più lenti, anche solo occasionali, subito arrivano le reprimende dei capetti.  


All’interno dell’azienda, tra dirigenza e dipendenti non c’è nessun filtro. Nemmeno uno straccio di commissione del personale, che possa trasmettere alla ditta i problemi delle dipendenti per cercare soluzioni che favoriscano l’ambiente di lavoro e, in definitiva, anche gli interessi aziendali. Per non parlare dei sindacati: «Non si può neanche nominarli, sono come gli appestati» confidano le operaie. I sindacati hanno divieto d’accesso in azienda. «Perfino nelle aziende dove avevamo storicamente accesso – aggiunge Rolando Lepori, responsabile Unia settore industriale – «una volta acquisite da Swatch, sono diventate zone vietate per i sindacati». Eppure il contratto nazionale dell’orologeria contempla espressamente il diritto di tutela e di protezione ai delegati sindacali. Ma è lettera morta in Swatch, il gruppo nettamente maggioritario in Svizzera nell’industria orologiera.

 

L’atteggiamento antisindacale di Swatch ha dalle ripercussioni importanti per le condizioni di lavoro all’interno delle sue fabbriche. «Sia le banche ore sia l’introduzione dei turni, in base al contratto nazionale di categoria, devono essere concordate coi rappresentanti sindacali. Lo scopo è trovare un compromesso accettabile per dei turni che stravolgono la vita delle dipendenti. Swatch invece si rifiuta di dialogare, imponendo nei fatti le sue scelte» spiega Lepori. Anche questa è una differenza col resto del paese: le condizioni di lavoro. Negli altri stabilimenti in Svizzera, prima di stravolgere le condizioni di lavoro, il gruppo di Bienne discute con i sindacati. In Ticino, no.

 

La replica di Swatch Group

Pubblichiamo una presa di posizione del Gruppo Swatch Ltd in merito all’articolo che precede e che è stato pubblicato su area numero 15/2014 “Le due Svizzere di Nick Hayek”, in cui si fanno alcune precisazioni. La direzione di area conferma dal canto suo la veridicità delle informazioni contenute nell’articolo.      CC

«Con riferimento a quanto pubblicato in data 10 ottobre 2014 sul quindicinale area nell’articolo “Le due Svizzere di Nick Hayek”, Swatch Group tiene a precisare che rispetta scrupolosamente la Convenzione Collettiva di Lavoro dell’industria orologiera e che spesso va anche oltre il minimo richiesto. Infatti, in un passato recente e a tre riprese, il Gruppo ha proceduto ad aumenti salariali nel canton Ticino. Il 1° luglio 2013, Swatch Group ha così aumentato il salario minimo a CHF 2697.-, partecipazioni alle casse malati incluse. Poi, il 1° gennaio 2014, si è passati a CHF 2894.-. Ed infine, il 1° luglio 2014, il salario è stato ancora adattato a CHF 3000.-. Ciò coincide con una progressione di circa l’11% nell’arco di un anno. Tra dicembre 2011 e agosto 2014, il numero dei collaboratori nei nostri siti ticinesi è passato da 1391 unità, convertite in equivalenti a tempo pieno ETP, a 1610,5. In questo lasso di tempo, il Gruppo ha quindi creato 219 nuovi impieghi.
È ovvio che offriamo una formazione interna a tutti i nostri nuovi collaboratori, a cui vengono presentate le più recenti tecnologie per essere all’altezza dell’eccellenza e della reputazione dei nostri prodotti. Dire che queste persone non sono qualificate è un’affermazione la cui responsabilità incombe al giornale».

Swatch Group LTD

Pubblicato il

09.10.2014 14:45
Francesco Bonsaver
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