Femminismo

La Giornata internazionale della donna non è solo una festa, ma è l’occasione per ricordare la discriminazione strutturale che grava sulle spalle delle donne, ogni giorno dell’anno. In Svizzera, quest’anno, è anche una tappa fondamentale di avvicinamento al terzo grande sciopero delle donne del 14 giugno che promette di essere un’altra giornata storica per la classe lavoratrice elvetica e per le battaglie di genere di un paese dove il cammino verso la parità procede a passi da lumaca.

 

Alla casa del popolo

Un centinaio di persone, donne di ogni età e anche molti uomini solidali, si sono ritrovate il 7 marzo alla Volkshaus di Zurigo, a cento giorni esatti dallo sciopero, per una tavola rotonda organizzata dalla regione Unia Zurigo-Sciaffusa dal titolo “La discriminazione delle donne nel mondo del lavoro”. Insieme a Sarah Akanji, icona del calcio femminile e attivista femminista, e Noémi Zurlinden, economista di Unia che ha analizzato cifre e dati della disparità tra uomo e donna, erano presenti anche tre militanti sindacali che hanno raccontato la propria esperienza in diversi settori lavorativi nel contesto zurighese. Tre donne sinonimo di coraggio che sono riuscite anche a uscire da situazioni difficili.


Fatima, ad esempio, è arrivata in Svizzera da qualche anno e, nonostante le sue alte qualifiche in ambito biomedico, si è ritrovata a lavorare nel ramo delle pulizie. Qui si è scontrata con un mondo fatto di bassi salari, bassissimi per una delle città più care al mondo, condizioni di lavoro difficili, poco rispetto e persino molestie sessuali esplicite: «In un hotel le donne addette alle pulizie avevano un’entrata laterale e nascosta, mentre il resto del personale poteva accedere anche dalla porta principale», ha raccontato la donna che oggi, dopo aver ottenuto il riconoscimento del diploma, lavora nel settore industriale, «nella mia esperienza nelle pulizie ho avuto a che fare anche con un cliente di un hotel che ha chiesto più o meno esplicitamente delle prestazioni sessuali».

 

Discriminazione multipla

Anche Elodie, altra militante presente al dibattito, ha cominciato a lavorare nel mondo degli asili nido, ma è passata attraverso l’esperienza del ramo delle pulizie e non ha avuto vita facile. Si tratta di un contesto lavorativo, infatti, che rappresenta, per molte donne di origine migrante, un ingresso nel mondo del lavoro elvetico, un ingresso che a volte si trasforma in un incubo. Le donne migranti, infatti, sono anche confrontate con l’insicurezza del soggiorno che rende ancora più difficile ribellarsi contro situazioni lavorative inaccettabili. La stessa Elodie ha ricordato alle presenti: «Le donne migranti subiscono una doppia discriminazione, in quanto donne e in quanto straniere: a loro sono riservati i lavori più difficili e il loro soggiorno in Svizzera non è garantito». Grazie all’attività di sindacalizzazione è stato possibile ottenere dei miglioramenti. Ma è chiaro che, in un contesto così difficile, le lavoratrici tendono, alla prima possibilità, a scappare verso altri rami meno problematici. Questo fattore rende difficile costruire gruppi di militanti sindacali stabili. La serata zurighese dimostra però che molte donne sindacalizzate, anche quando lasciano il ramo delle pulizie, rimangono nel sindacato, continuano la militanza e diventano testimoni importanti di un pezzo di società troppo spesso invisibile.


Elina Falchi, Copresidente del gruppo donne di Unia Zurigo, ha parlato invece delle condizioni di lavoro nel ramo delle cure di lunga durata. Qui si lavora spesso a tempo parziale, ma non per scelta, bensì perché i ritmi imposti da carenza di personale e corsa al risparmio trasformano il lavoro in un’attività estremamente usurante. Il tasso di abbandono del settore è anche qui altissimo. Anche in questo ramo lo sciopero è più importante che mai: se le donne non riusciranno a imporsi presto rischieremo di non avere più nessuno che si prende cura dei nostri anziani.

Pubblicato il 

08.03.23
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