67,6 miliardi in dieci anni. No, non è il nuovo errore di calcolo dell’autorità federale sulle stime negative sullo stato finanziario dell’AVS. Siamo sempre in tema di pensioni, ma quei 67 miliardi di franchi si riferiscono al guadagno dell’industria finanziaria elvetica sul sistema pensionistico privato, il secondo pilastro. Il dato emerge da uno studio condotto dall’Unione sindacale svizzera (USS), verificato e pubblicato dal Sonntagsblick la scorsa domenica. L’importo di 67,6 miliardi di franchi comprende 43,8 miliardi in costi di gestione patrimoniale, mentre altri 9,3 miliardi se ne sono andati in spese amministrative. Le cifre sono relative al periodo 2013-2022, e si trovano nei rendiconti obbligatori delle casse pensioni pubblicati dall’autorità federale competente. A questi miliardi, l’USS ha aggiunto altri importi sul sistema previdenziale privato provenienti dall’Autorità di controllo dei mercati finanziari (FINMA). 9,1 miliardi sono stati incassati da gruppi assicurativi grazie ai “premi di rischio eccessivo”, mentre altri 5,4 miliardi provengono dalla cosiddetta “legal quote”, la norma che consente agli assicuratori privati di prelevare fino al 10% dei guadagni ottenuti con gli affari del secondo pilastro. Il conto finale per gli assicurati in un decennio ammonta dunque a 67,7 miliardi di franchi. «I costi amministrativi e di gestione del secondo pilastro sono costantemente aumentati negli ultimi anni. Nel 2022 hanno stabilito un nuovo record di 8,2 miliardi» ha commentato Gabriela Medici, esperta di assicurazioni sociali all’USS. Interpellato dal Sonntagsblick, Lukas Müller-Brunner, direttore dell’Associazione svizzera delle casse pensioni, non mette in discussione le cifre denunciate dal movimento sindacale. A suo giudizio però, la gestione del patrimonio previdenziale costa annualmente meno dello 0,5% dell’intero capitale pensionistico dei salariati elvetici gestito dai privati. Una percentuale di molto inferiore agli standard internazionali del mercato dei gestori patrimoniali. «Quel che conta – sostiene il rappresentante delle casse pensioni – è che le casse pensioni generino un buon rendimento grazie all’investimento professionale del denaro degli assicurati. Nel solo 2021, il reddito degli investimenti sarebbe stato superiore al costo amministrativo del decennio» conclude il rappresentante delle casse pensioni elvetiche. Tutto bene, dunque? Non proprio, se guardiamo il punto di vista dei pensionati attuali e futuri. A questi ultimi interessa ricevere delle rendite pensionistiche che garantiscano una vecchiaia dignitosa. Rendite invece diminuite vertiginosamente negli ultimi vent’anni, stando a uno studio pubblicato lunedì da VermögensZentrum, società svizzera che lo scorso anno gestiva 45 miliardi di franchi di patrimoni di clienti. I dati sono impietosi. Dal 2002, le rendite pensionistiche del secondo pilastro sono diminuite del 40%. A compensare la forte perdita, ci ha pensato la pensione pubblica, l’AVS, le cui rendite sono state parzialmente adeguate al rincaro negli anni, crescendo del 19% nel medesimo periodo. Se i pensionati svizzeri sono molto più poveri di venti anni fa, lo si deve soprattutto alla pensione privata. Se, nel 2023, scrive la società di consulenza patrimoniale, la rendita complessiva dei due pilastri di un sessantacinquenne che guadagnava 100mila franchi lordi l’anno corrispondeva a circa la metà del suo ultimo stipendio (52%), venti anni fa riceveva il 62% di rendita pensionistica. |