Sembra di essere tornati ai tempi del Vietnam e dell’Iraq, quando Washington, per giustificare i piani di aggressione, si inventò fandonie colossali pappagallescamente ripetute per mesi da tutti i media occidentali (compresi i nostri). Trump ha chiaramente detto che i piani per un intervento militare in Venezuela sono pronti ed ha incaricato di gestire il tutto niente meno che il famigerato Abrams, già coinvolto nella guerra clandestina in Nicaragua negli anni Ottanta e nella copertura del massacro di un migliaio di persone in El Salvador nel 1981, oltre ad aver coordinato il fallito colpo di stato contro Chavez nel 2002. La campagna mediatica gestita da Washington ci tempesta di notizie sulla crisi umanitaria e sulle perversioni dittatoriali che prevalgono in Venezuela. A rigor di logica, Washington, invece di voler costruire il famigerato muro, dovrebbe quindi accogliere a braccia aperte quelle decine di migliaia di guatemaltechi ed honduregni, che mensilmente, rischiando la vita, fuggono da situazioni ben peggiori di quella venezuelana. Ma, contrariamente al Venezuela, il Guatemala e l’Honduras non hanno le più grandi riserve petrolifere del mondo.


Certo che la situazione economica, per il forte calo del prezzo del petrolio, ma anche per alcuni sbagli del governo di Maduro, è molto precaria in Venezuela. Ma come ha ufficialmente scritto Alfred De Zayas, ex segretario del Consiglio dei diritti umani dell’Onu in un rapporto presentato ultimamente, questo disastro economico è in buona parte dovuto alla guerra economica da anni scatenata dagli Stati Uniti contro il Venezuela, e costata a quest’ultimo miliardi di dollari.


I chavisti hanno vinto in modo trasparente, come riconosciuto anche dall’ex presidente americano Carter, la stragrande maggioranza delle votazioni e delle elezioni avvenute in Venezuela. Il caos è iniziato quando l’opposizione non ha riconosciuto la prima elezione assolutamente democratica di Maduro, rifiutandogli poi ogni collaborazione, appena la stessa opposizione si è affermata nelle elezioni legislative e ciò in una repubblica di tipo presidenziale. Per scacciare Maduro, l’opposizione dominata da gruppi di estrema destra e spesso appoggiata da paramilitari colombiani, ha poi scatenato violenze inimmaginabili, le famigerate guarimbas. Quando poi l’anno scorso, grazie alla mediazione dell’ex premier spagnolo Zapatero, governo e opposizione avevano trovato un accordo, comprendente anche nuove scadenze elettorali, tutto fu fatto fallire in una surreale riunione tenutasi a S. Domingo, per intervento diretto e dimostrato di Washington. Dopo mesi di calma apparente, ora la situazione è nuovamente precipitata, da quando Juan Guaidó, personaggio assolutamente sconosciuto sino ad un paio di mesi fa, si è autoproclamato Presidente della Repubblica. Questo fantoccio, elevato per anni in varie scuole della Cia, era stato fatto entrare in modo rocambolesco pochi mesi fa nel parlamento, facendolo eleggere poi a Presidente, dopo aver fatto rinunciare un paio di candidati previsti in precedenza. Pochi minuti dopo l’autoproclamazione, Guaidó veniva riconosciuto da Trump, Bolsonaro e dai loro tirapiedi del gruppo di Lima, mentre Washington si incaricava di far fallire i tentativi di mediazione del Vaticano, del Messico e dell’Uruguay. Il quadro sembrerebbe quindi abbastanza chiaro, a meno che uno voglia credere a quanto ci raccontarono le grandi agenzie di stampa, notoriamente asservite al grande fratello. E invece la Rsi continua a parlare di Guaidó come del Presidente designato (da chi?) e degli aiuti umanitari che Maduro non lascia entrare, dopo che anche la Croce Rossa internazionale si è distanziata da questa farsa propagandistica*.

 

Quando si prepara una guerra, la prima vittima è sempre la verità!

 

*Per un approfondimento rinvio ad un articolo del prossimo numero dei Quaderni del Forum Alternativo (www.forumalternativo.ch)

Pubblicato il 

26.02.19
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