Lo scorso 8 marzo, in occasione della festa della donna, ho assistito al pomeriggio di studio indetto dal sindacato Unia dedicato alle condizioni di lavoro nell'attuale società, con particolare riferimento alla situazione delle lavoratrici del commercio al dettaglio.
Oggi il percorso di emancipazione delle donne e la lotta per affermare i diritti è lungi dall'essere concluso e vorrei esporre alcune mie riflessioni, alla luce del dibattito e di alcune ricerche di cui si è occupata la Fondazione Ecap che riguardano le condizioni di lavoro delle lavoratrici e dei lavoratori.
Un dato di fatto importante è che, a partire dagli anni 90, il settore della vendita è stato completamente stravolto dall'arrivo di supermercati, con enormi superfici di vendita, dove all'interno si possono trovare tutti i prodotti. Questa nuova concezione dell'acquisto ha modificato sicuramente le abitudini del consumatore, che non si rivolge più al suo negoziante di fiducia. Tutto ciò ha comportato la chiusura di tanti piccoli negozi a conduzione famigliare per lasciare spazio a questi "grandi bisonti". E, beffa della beffa, contrariamente a quanto si credeva, i supermercati non hanno aumentato il numero di persone attive nel settore. Al contrario. In Svizzera dal 1990 al 2006 sono stati cancellati un posto su 5 nella vendita.
In questo settore sono maggiormente attive le donne e lavorano in prevalenza a tempo parziale. Questa possibilità del tempo parziale è ben utilizzata dai datori di lavoro a loro piacimento come strumento di flessibilità per gestire i picchi di attività.
La donna, molto spesso, oltre che essere lavoratrice è pure moglie e madre e questi continui cambiamenti di orari di lavoro, che possono avvenire anche con comunicazioni dell'ultimo minuto, scombussolano il ritmo di vita. La sfera lavorativa tende ad invadere il poco tempo libero rimasto a disposizione.
Oggi i ritmi e la mole di lavoro sono aumentati in maniera esponenziale e il personale che deve sbrigare tutto il lavoro non è sufficiente. I cambiamenti repentini di orari, l'aumento del ritmo, hanno delle ripercussioni sulla salute della persona. Purtroppo questo legame fra condizioni di lavoro e problemi di salute non viene ancora preso in considerazione dai datori di lavoro: mal di schiena, dolori alla testa, ansia e insonnia molto spesso la fanno da padrone. Anche in questo caso il lavoro invade indirettamente la sfera privata.
Altro dato interessante emerso lo scorso 8 marzo è il fatto che molte donne non hanno una formazione specifica nel ramo e credo che questo sia un altro aspetto preoccupante. In questo senso non è ben chiara la misura numero 24, inserita nel piano anti-crisi del Consiglio di Stato, dove si propone una nuova regolamentazione degli orari di apertura dei negozi, in un settore dove forse prima bisognerebbe concludere un contratto collettivo di lavoro di obbligatorietà generale e magari mettere a disposizione maggiori fondi per la formazione! Incomprensibile, anche perché va nella direzione di una più ampia liberalizzazione, che in questo momento non sembra portare buoni frutti e influenza pure in maniera negativa le abitudini del consumatore.

Pubblicato il 

27.03.09

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